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Black List: chiarimenti in materia di deducibilità dei costi

Black List chiarimenti in materia di deducibilità dei costi

Deducibilità dei costi: chiarimenti in materia di deducibilità dei componenti negativi.

Con la Circolare 39/E emanata il 26 settembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in materia di deducibilità di componenti negativi del reddito.

In particolare, in merito alla disciplina da ultimo introdotta dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (“legge di Stabilità 2016”) che, come noto, ha sostituito il previgente regime di deducibilità parziale di costi black list, previsto dai commi da 10 a 12-bis dell’art. 110, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito “Tuir”).

In particolare, l’excursus normativo compiuto dall’Agenzia nella Circolare in commento, ripercorre in maniera dettagliata le principali disposizioni succedutesi dal 2014 fino ad oggi in materia di deducibilità di costi black list, ossia quelli derivanti dalle operazioni intercorse con paesi o territori annoverati nell’elenco tassativo contenuto nel decreto ministeriale del 23 gennaio 2002 e sue successive modifiche.

Deducibilità dei costi: il regime vigente fino al 2014.

La disciplina in vigore fino al 2014, recata dai commi da 10 a 12-bis dell’art. 110 del Tuir,  prevedeva una “presunzione relativa” di indeducibilità totale delle spese; e di altri componenti negativi del reddito derivanti da operazioni compiute tra imprese residenti in Italia e imprese domiciliate in Stati o territori fiscalmente privilegiati.

Detta presunzione di indeducibilità era superabile allorquando il contribuente avesse dimostrato, alternativamente, lo svolgimento di attività prevalentemente commerciale da parte del soggetto estero e la circostanza che le operazioni poste in essere rispondessero “ad un effettivo interesse economico” e “che le stesse avessero avuto concreta attuazione” (art. 110, comma 10 e seguenti del Tuir).

Inoltre, la norma abrogata, prescriveva l’indicazione separata dei costi black list nella dichiarazione dei redditi comminando in caso di omessa separata indicazione una sanzione “pari al 10 % dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 e un massimo di euro 50.000”. (art. 8, comma 3- bis, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).

Il Decreto di internazionalizzazione.

Il cd. “decreto internazionalizzazione” (d.lgs. n. 147/2015) recante disposizioni sull’internazionalizzazione delle imprese, segnando un radicale mutamento di regime, aveva previsto la parziale deducibilità, secondo le regole generali dell’ordinamento, dei costi black list nei limiti del “loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9” del Tuir.

La nuova formulazione dell’art. 110 del Tuir conteneva, dunque, un criterio quantitativo quale elemento innovativo rispetto al regime precedente. Qualora, infatti, il costo da dedurre fosse stato inferiore o uguale al valore normale del bene o del servizio, questo sarebbe risultato integralmente deducibile.

Al contrario, nel caso in cui il costo fosse stato superiore al valore normale, il contribuente avrebbe potuto comunque portarlo in deduzione, ma soltanto fino a concorrenza del valore normale del bene o servizio.

Tuttavia, in continuità con il regime precedente, il decreto internazionalizzazione consentiva di poter dedurre integralmente il costo, a condizione che il contribuente dimostrasse l’effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere, nonché la loro concreta attuazione.

In breve, la riforma attuata con il d.lgs. n. 147/2015 aveva, da un lato riconosciuto la deducibilità di costi black list nei limiti del valore normale (in luogo della precedente presunzione relativa di non deducibilità), dall’altro eliminato quale possibile esimente ai fini dell’integrale deducibilità, la prova dell’effettivo svolgimento di attività commerciale da parte dell’impresa estera.

Residuava, inoltre, l’obbligo di separata indicazione di tali costi nella dichiarazione dei redditi; unitamente alla sanzione di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, inflitta nei casi di omessa indicazione.

Le modifiche introdotte dalla “legge di Stabilità” 2016.

I cambiamenti operati col decreto internazionalizzazione fanno da prefazione alla successiva riforma attuata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) .

Abrogando il regime speciale di deducibilità parziale recato dall’art. 110 del Tuir, il comma 142 della legge di Stabilità ha, di fatti, segnato l’eliminazione dall’ordinamento fiscale della disciplina prevista per i costi black list e la loro conseguenziale assoggettabilità ai criteri di carattere generale (i.e. inerenza e competenza).

Accanto al riconoscimento dell’integrale deducibilità di suddetti costi (a condizione che vengano rispettate le regole ordinarie), a decorrere dal periodo d’imposta 2016, vengono meno sia l’obbligo di separata indicazione dei costi black list nella dichiarazione dei redditi – e con esso, quindi, l’inapplicabilità della relativa sanzione prevista – sia gli elenchi tassativi degli Stati e territori fiscalmente privilegiati.

Uniche perplessità residuano riguardo l’(implicita) abrogazione della sanzione relativa all’omessa separata indicazione dei costi in dichiarazione.

Sebbene infatti, come noto, l’art. 3 comma 2 del d.lgs. n 472 del 1997 rechi il cd. principio del favor rei –per cui nessuno può essere punito con sanzione per la commissione di un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce violazione punibile – come chiarito dall’Agenzia nella Circolare in commento, tuttavia, in riferimento ai periodi d’imposta precedenti al 2016, potranno essere applicate sia la sanzione prevista per omessa separata indicazione, sia la sanzione per dichiarazione infedele qualora i costi fossero indeducibili (in assenza di esimente).

Pertanto, considerato il perdurare di dubbi a riguardo, è consigliabile anche per il periodo d’imposta in corso, procedere all’indicazione separata dei costi black list nella propria dichiarazione dei redditi.

Leggi anche: Dichiarazione infedele | No frode no reato

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