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Siria: la necrosi della guerra giusta

Siria: la necrosi della guerra giusta

Siria: il concetto di guerra giusta.

Il logoramento del popolo siriano in nome della “giusta” difesa del potere di Assad. Se osservi il Mediterraneo e guardi verso Oriente, la intravedi, vedi la Siria, ne vedi l’opprimente nuvola dell’interminabile conflitto. La quotidiana obnubilazione della nostra realtà circostante da, a molti di noi, una percezione di lontananza di una realtà conflittuale inammissibile ed inaccettabile.

La massacrante quotidianità siriana è la mera regressione esistenzialistica dell’umanità. Ogni attacco ha rappresentato, e rappresenta, un ammutinamento di coscienza, un picco di ingiustificabile alienazione della libertà di vivere.

Idlib, è il 4 aprile scorso, il disgustoso apogeo delle armi chimiche volutamente utilizzate o casualmente fatte esplodere per arginare l’azione nemica, poco rileva. Vedo solo corpi senza sesso e senza età, semplicemente perdite immotivate di componenti della comunità umana. 

Una sottrazione innaturale ma usualmente concepita come propedeutica, quasi ordinaria, implicita e contemplata da qualsiasi conflitto, un assunto disumano che vive sin da quando l’uomo ha dato i natali alla guerra.

Eppure vi è una raggelante giustificazione, un movente introdotto sin dall’epoca romana, è il secolare e astratto concetto della guerra giusta.

Siria: la teoria della guerra giusta e la concezione della guerra come unica modalità di difesa

La teleologia cattolica riprende tale teoria, in epoca tra il declino dell’Impero Romano d’Occidente e il Medioevo, Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino ne sono i teorizzatori. Essi elaborano la teoria della guerra giusta come intermedia alle teorie bellicistiche e quelle pacifiste.

Entrambi forniscono una visione della guerra come giusta se strumento per la realizzazione della pace, aggiunge Tommaso D’aquino, che sarà giusta quella guerra dichiarata da un’autorità legittimamente costituitasi (legitima auctoritas), per una giusta causa (iusta causa) e per perseguire giusti fini (debitus modus).

Nella genesi dell’epoca moderna, Macchiavelli ripristina, adattandola al suo tempo rinascimentale, la valenza del concetto della guerra giusta ne “Il Principe”, dando a quest’ultimo l’opzione della guerra come unica modalità di difesa del proprio potere legittimo, e ne “Dell’arte della Guerra” in cui rigurgita l’accezione dello splendore nell’antica Roma dell’arte militare, motivando l’adozione di essa ad una qualsiasi “Repubblica” e un qualsiasi regno, se necessario.

Con la consolidazione dell’epoca moderna e degli Stati Nazionali, si consolida anche la triade legitima auctoritas – iusta causa – debitus modus e si intende la guerra come l’extrema ratio per la risoluzione di una controversia tra Stati sovrani.

Di fatto, se ciascuno Stato è sovrano, ogni conflitto tra interessi scoppiato tra due o più Stati dovrebbe esser risolto per via di trattativa e, qualora la trattativa non porti al risultato atteso, è lecito intraprendere la via bellicosa.

Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale, trova consolidamento la teoria della “guerra giusta”, rafforzata dal Secondo Conflitto Mondiale. Nonostante la conclusione di quest’ultimo e il rafforzamento del ruolo di vigilanza pacifista della nascente ONU, ad oggi né essa stessa né i singoli Stati fanno da capofila alla proposta di abolizione della guerra.

Celatamente viviamo e partecipiamo a conflitti nati dalle effimere e semplicistiche equazioni “legittima difesa = guerra giusta”, “promozione/diffusione a tappeto della democratica = guerra giusta”.

Non avrei mai voluto togliere del pathos alla descrizione iniziale, ma era un excursus necessario, per descrivervi, cari lettori, come il labirinto infernale ideato dal potere tenga sotto scatto la volontà’ dell’umano sentimento di tutela dell’altro.

La legittimazione di un conflitto è un labirinto che intrappola la coscienza, il potere e la difesa della propria nazione, dei propri ideali, delle libertà… ma il labirinto logora, non chi manipola dall’alto le pedine del conflitto, non chi come noi da lontano guarda e si rammarica, ma chi la guerra la vive.

Se sussistono le premesse e le condizioni giuridicamente previste, le guerre sono giuridicamente giuste. Lo prevedono sia ordinamenti nazionali che internazionali, la legittima autorizzazione alla soppressione del male è il labirinto.

Il conflitto siriano e’ necrotico, troppo tempo, ragioni inaccettabili, e sin dagli esordi strumentalmente scorretto, ma una guerra sin da subito identificata come affare puramente siriano. E’ altresì scorretto l’immobilismo, il “laissez -faire” del mondo.

Eppure mobilitarsi vorrebbe dire partecipare alla guerra, la cui complessità è dettata in primis dall’eterogeneità dei partecipanti esistenti e dal nodo di interessi coinvolti. Ancora una volta la storia poco ci insegna, perché la storia siamo noi e poca voglia di imparare abbiamo.

Intervenire vorrebbe dire far la guerra. Ed eccoci lì di fronte al labirinto, ancora una volta chiedendoci se la guerra più che giusta sia necessaria.

Leggi anche: La Minaccia Jihadista in Russia e in Asia centrale

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