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La realtà aumentata: investimenti delle aziende e focus dei clienti

La realtà aumentata in stile futuristico ilprogressonline

 Realtà aumentata.

Quando si comincia a parlare di una nuova tecnologia, si ha quasi l’impressione che qualsiasi cosa attorno a te parli di essa: conferenze, pagine web, articoli, negozi, televisione. Ecco, con la realtà aumentata sta succedendo questo. A partire dal 2017 tutti hanno iniziato a parlare di realtà aumentata e realtà virtuale, compresa la sottoscritta ora.

Ma in realtà se si torna indietro di qualche anno ci si accorge che i grandi colossi della tecnologia ci stavano lavorando da tempo. Come dimenticare i Google Glass? Uno dei primi visori a realtà aumentata lanciati tra il 2012 e 2013 ma mai arrivati al grande pubblico. Dove sono ora?

Dopo il flop sul mercato B2C, il colosso di Mountain View si rilancia sul mercato B2B con la nuova Enterprise edition sviluppata con delle migliorie tecniche e di experience. Ma cosa non ha funzionato? Uscire sul mercato con una tecnologica disruptive ha sempre dei rischi. Inizialmente si può provocare l’effetto Wow sul cliente, ma se non si supera questo scalino, il cliente non si convincerà a testare la novità.

Il trucco è far scatenare un meccanismo di engagement ma con un experience che il cliente percepisce come semplice e immediata.

In altre parole rendere la tecnologia easy ma al tempo stesso appealing. Pokemon Go, con i suoi circa 5 milioni di giocatori al giorno, ha spopolato proprio per questo motivo: prima di tutto ha utilizzato un dispositivo che il cliente è abituato ad usare, lo smartphone. In secondo luogo ha creato un meccanisco di gaming virtuale stimolante legato alla community e allo spazio circostante.

Infine ha disegnato un’experience di gioco, che è tutto fuorché’ complicata, anzi e’ semplice ed immediata (che ricorda un cartone animato di successo dell’infanzia).

Dopo il fenomeno pokemoniano, molti colossi multinazionali stanno aumentando gli investimenti legati a questa tecnologia. L’obiettivo non è creare prodotti o servizio come i primi Google Glass, ma è rendere l’esperienza ingaggiante, creare un sentimento di non ritorno, far dire al cliente “non voglio tornare indietro alla realtà normale”.

Non tornare indietro perché l’esperienza in realtà aumentata offre un valore aggiunto non solo per praticità, velocità ma anche emotività.

Ikea vuole essere come un pokemon, per questo in autunno e’ pronta a lanciare la sua prima app in realtà aumentata con la piattaforma ARKit di Apple. La multinazionale svedese ha l’obiettivo di abituare mano a mano i clienti non solo ad idealizzarsi i mobili a casa propria, ma a vederli dal vivo con il proprio smartphone senza fare coda negli store la domenica pomeriggio.

Inquadrando una determinata zona della stanza e selezionando il prodotto preferito dal catalogo app, il cliente può posizionare il prodotto, spostarlo come vuole e godersi l’esperienza di acquisto direttamente in poltrona. Semplice e ingaggiante.

Nike non vuole essere da meno e mettersi in gioco anche lei. Lo scopo è rendere l’esperienza di acquisto originale e stimolante. Chi direbbe mai che inquadrando un cartellone a New York, si possa acquistare un paio di sneakers con una visione del prodotto in 3D a 360gradi? Altro che Zalando, qui sembra quasi di avere la scarpa addosso. Semplice e ingaggiante.

Ikea, Nike, Apple, Microsoft, Facebook…

Questi esempi di business ti fanno capire che la strada è in salita ma è piena di macchine che vogliono salire. Chi arriverà in cima alla montagna? Chi riesce ad essere più Pokemon e meno Glass, più engaging e meno detached.

Magari anche la lettura di questo articolo potrà essere fatta in realtà aumentata facendo vivere al lettore le esperienze che sto scrivendo in questo momento. Cosi tutto può essere più chiaro e più diretto e probabilmente riuscirei a non far staccare il lettore da queste parole e a voler rileggere tutto da capo. Probabilmente riuscirei a far dire al lettore: “Non voglio tornare più indietro alla realtà normale”.

Leggi anche: I confini della realtà virtuale e il rischio della alienazione 

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