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La sesta estinzione

La sesta estinzione scimmia guarda le stelle in stile artistico

Rischio estinzione.

L’impatto delle società umane ha ridotto significativamente l’importanza di numerose popolazioni biologiche, aumentando il rischio di estinzioni di popolazioni locali e, quindi, di estinzioni di specie. La perdita di popolazioni geneticamente distinte nel seno di una specie é altrettanto significativa dell’estinzione totale di una specie.

Alcune analisi di vivibilità delle popolazioni di vertebrati e di vegetali hanno dimostrato che, quando il numero di individui di una popolazione diminuisce in misura tale da ridursi a poche migliaia, qualsiasi variazione dei fattori ambientali può rapidamente provocarne un’estinzione totale.

Anche quando la specie non scompare, la sua perdita in una regione od una riduzione significativa delle sue popolazioni, possono avere conseguenze significative per la produttività ecologica dell’ecosistema cui appartiene.

Le estinzioni sono un fenomeno naturale, tuttavia, nel corso delle ere geologiche, si sono verificate estinzioni particolarmente significative. Le cinque maggiori di queste, causate da eventi catastrofici, per la loro importanza, hanno determinato crisi biologiche di tale portata da determinare l’estinzione di una parte significativa delle specie esistenti, richiedendo milioni di anni per essere superate.

Molti studiosi sono persuasi che il livello di estinzione raggiunto a causa delle attività umane attualmente raggiunto, sia tale da aver innescato una sesta estinzione implementata dalla continua immissione, accidentale o meno, di specie al di fuori dei loro habitat originali.

Durante gli ultimi millenni, e segnatamente negli ultimi due secoli, le attività umane hanno provocato l’estinzione di molte specie.

Esempi di attività umane che hanno provocato estinzioni.

La colonizzazione, avvenuta in epoca preistorica, delle isole dell’oceano Pacifico e Indiano da parte di uomini e di animali allevati o commensali, quali i ratti, i cani e maiali, ha provocato l’estinzione di circa un quarto delle specie di uccelli viventi sul globo.

A partire dall’anno 1.6OO, 484 specie animali e 654 specie vegetali (soprattutto vertebrati e piante da fiore) sono scomparse. Queste cifre sono certamente sottostimate per quanto concerne le zone tropicali.

La velocità di estinzione, segnalata in gruppi ben conosciuti, come gli uccelli ed i mammiferi, si é accresciuta considerevolmente durante questo periodo: 38 specie sono scomparse fra il 16OO ed il 181O e 112 specie sono estinte fra il 181O ed il 1992.

Le estinzioni durante questi 399 anni sono state più numerose nelle isole e negli arcipelaghi insulari, e negli ecosistemi di acqua dolce.

Alcuni indici fanno ritenere che i tassi di estinzione sono stati meno critici nel caso di flore e di faune che avevano già subito forme di pressione severa dovute all’ambiente.

Per esempio, i tassi di estinzione delle flore mediterranee, dove l’impatto causato dall’umanità è più antico, sono molto più deboli (O,1%) che in Australia occidentale dove l’impatto provocato dalle attività umane è più recente.

Grafico delle estinzioni di massa. Da New Scientist

Analisi sui tassi di estinzione.

Per valutare i tassi di estinzione, vengono attualmente utilizzati due metodi: 

  • il primo utilizza analisi seriche delle popolazioni. Una valutazione dei risultati ottenuti dal loro utilizzo ha mostrato che: il 5O% delle specie dei sotto-insiemi scelti di mammiferi, di uccelli e di rettili sono destinati probabilmente ad estinguersi nei prossimi 1OO-1.OOO anni. In ragione delle necessità molto critiche legate al reperimento ed all’utilizzo di questi dati, questo metodo é stato unicamente utilizzato per un piccolo numero di specie scelte fra quelle più studiate.
  • il secondo metodo si basa sul concetto secondo cui il numero totale di specie viventi in una regione alla stessa latitudine é legato alle dimensioni della regione stessa. Seguendo una legge semplice, quantificata da una curva specie/regione, sono state effettuate diverse stime della perdita potenziale di specie in virtù del disboscamento effettuato ai tropici. Utilizzando questa relazione empirica e facendo delle supposizioni sul tasso futuro di perdita d’habitat, le stime delle specie che si suppone siano destinate ad estinguersi nelle foreste tropicali (a meno di improbabili mutamenti nello sfruttamento di queste ultime, durante i prossimi 25 anni), sono comprese fra il 2 e il 25% nei gruppi studiati (vegetali, uccelli, rettili, anfibi ed insetti). Se i tassi attuali di perdita delle foreste tropicali “chiuse” (circa 1% per anno globalmente) continueranno, nei prossimi 3O anni, il numero di specie viventi nelle foreste, si ridurrà circa dal 5 al 1O%.

Queste stime non tengono però conto delle alterazioni provocate dalle estinzioni differenziali, infatti, una volta alterati gli equilibri fra le specie, si verificano effetti a cascata, impossibili da inferire a priori.

Queste stime non tengono conto degli effetti potenziali della frammentazione, degli accrescimenti e delle riduzioni dei tassi di disboscamento e degli effetti potenziali delle misure palliative, che potranno essere prese anzitempo per ritardare o anche impedire le estinzioni, come l’istituzione di riserve integrali e di zone protette che garantiscano la conservazione di popolazioni delle specie minacciate.

Non sono state sinora prodotte stime, fra loro comparabili, per poter calcolare l’impatto potenziale della perdita di habitat in regioni diverse.

Alcuni metodi qualitativi di valutazione della probabilità di sopravvivenza a lungo termine, sono basati su categorie sviluppate dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (UICN). Le specie minacciate sono considerate quelle che si ritiene presentino un rischio d’estinzione in un futuro prossimo in ragione di cambiamenti prodotti dall’uomo o determinati da fattori ambientali, o in virtù della loro rarità.

Le stime per regioni sono elaborate prendendo in considerazione le specie di cui si conoscono sufficientemente l’importanza delle popolazioni, le tendenze evolutive e le minacce potenziali cui sono esposte, ed estrapolando le stime di perdita dell’habitat.

Nel 1994, la stima minima del numero di specie animali e vegetali in pericolo era di circa 5.4OO animali e 26.OOO vegetali: circa l’11% di specie d’uccelli, il 18% di specie di mammiferi, il 5% di specie di pesci e l’11% di specie vegetali.

L’analisi dei cambiamenti delle tipologie di specie nel corso del tempo, prevede che il 5O% delle specie di uccelli e di mammiferi scompaia nei prossimi 2OO o 3OO anni.

Tuttavia, per la maggioranza delle 1,75 milioni di specie descritte e, ovviamente, per i milioni di specie che, pur non ancora descritte ma di cui si suppone l’esistenza, non é stata fatta alcuna valutazione.

In un articolo pubblicato recentemente su Proocedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Gerardo Ceballos della Universidad Nacional Autonoma del Mexico, Paul Ehrlich e Rodolfo Dirzo della Stanford University (USA), sono stati presentati i risultati della mappatura degli areali di distribuzione di 27.600 Specie di Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, circa la metà delle Specie attualmente viventi e l’analisi delle perdite di popolazioni di 177 Specie di Mammiferi nel periodo di tempo che va dal 1995 al 2015.

I risultati dimostrano che tutte le Specie hanno perso almeno il 30% del loro areale di distribuzione ma il 40% ne ha perso l’ottanta per cento.

In conclusione, dagli studi condotti sinora, i Ricercatori sono giunti alla conclusione che, dall’inizio dello sviluppo delle civiltà, si è estinta la metà delle Specie viventi preesistenti, con un picco negli ultimi duecento anni.

Leggi anche: Strutturalismo in antropologia: la diffusione dell’Homo Sapiens

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Ettore Ruberti

Naturalista, giornalista scientifico. Professore di Biologia, Chimica, Fisica e Geografia fisica presso il Liceo Scientifico e Linguistico “Maroni” di Varese dal 1983 al 1989. Giornalista free lance, dal 1977, con collaborazioni con le seguenti testate: La Prealpina, Il Giorno, La Stampa, Inquinamento, Il Medico e il paziente, Oasis, Geodes, Migratori Alati, Le Scienze, Petrolieri d’Italia, Ambiente, ecc. Redattore da luglio 1988 a febbraio 1990 presso la rivista Acqua & Aria. Attualmente scrive, per conto dell’ENEA e come attività intellettuale su 21mo Secolo, MuseoEnergia, L’Eco dei Laghi, ecc. Collaborazioni con Enti ed Istituti di ricerca nel campo zoologico, in particolare inserito nel Gruppo di Lavoro Uccelli Migratori dell’Organizzazione Ricerche Ornitologiche dell’RGF dal 1978 al 2010, in cui curava anche l’informatizzazione e l’elaborazione statistica dei dati validati dall’INFS di Bologna e dall’IWT di Slimbridge. Partecipazione gratuita e svolta fuori dall’orario di lavoro, dal 2011, con la Fondazione Gianfranco Realini per la valorizzazione del territorio che si occupa di Zone Umide (paludi, canneti rivieraschi, torbiere, ecc.), in relazione alla possibile partecipazione (in collaborazione con due gruppi di lavoro dell’ENEA Casaccia) ad un progetto LIFE. Collaborazione con l’Università di Pavia, in seguito ad una richiesta ufficiale di quest’ultima all’ENEA, volta alla classificazione di Aracnidi ed Insetti. Collaborazione portata a termine. Collaborazioni con vari Editori per opere editoriali nei campi suddetti e per la referizzazioni di studi e ricerche. I campi in cui ha acquisito le maggiori competenze sono: Entomologia, Aracnologia, Erpetologia, Evoluzionismo, Gestione delle Risorse naturali, Fotografia e Cinematografia Scientifica, Microscopia (sia ottica che elettronica), oltre naturalmente all’elaborazione e gestione dell’informazione, sia a livello divulgativo che scientifico Dipendente dell’ENEA dal 9 aprile 1990, Assunto per concorso per assunzione in prova, con qualifica di giornalista scientifico (7° livello) (Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – n. 103 del 30 dicembre 1988) approvata dal presidente dell’ENEA con delibera n. 24/89/G del 21/12/89, cui si richiedevano almeno otto anni di esperienza nei settori giornalistico scientifico e didattico (provati con ampia documentazione), con graduatoria 95/100. Assunzione divenuta a tempo indeterminato dopo sei mesi (sempre al 7° livello). Inserito nella Divisione Relazioni Esterne, sede di Milano, si è occupato di diffusione dell’informazione, con interventi anche in ambito scolastico ed universitario, organizzazione di Convegni, Conferenze, ecc., spesso ha anche coadiuvato il personale della sede, in particolare Dr. Sani, Dr. Gavagnin, Prof. Bordonali, Sig. Griffini, Dr. Valenza, Prof. De Murtas. Ha pubblicato vari articoli sulla problematica relativa agli OGM sulla rivista “AgriCulture”, aprile 2003, su Migratori alati nel 2001, 2002, 2003, 2004, su La Padania nel 2005, 21mo Secolo. Dal 1991 segue le problematiche relative allo sviluppo dell’Idrogeno come vettore energetico, per conto della Divisione Tecnologie Energetiche Avanzate, che rappresenta ufficialmente al Forum Italiano dell’Idrogeno, inserito nel Consiglio Direttivo e all’AIDIC dove, dal 1993 al 1997, era stato costituito un gruppo di lavoro “CO2: riduzione, contenimento della produzione e riuso” che ha cessato la sua attività nel 1997. Nel contesto di questo incarico ha organizzato vari Convegni e tenuto Conferenze in Italia e all’estero, ha inoltre pubblicato vari articoli su riviste Scientifico-divulgative, tra cui: un articolo interno su “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American) del settembre 2000: “Idrogeno: energia per il futuro” N° 385, settembre 2000, pag. 90/98; un articolo concernente il sistema idrogeno sul numero monografico del 1996 dell’Organo ufficiale degli Ingegneri della Svizzera italiana, pubblicato come Atti di un Convegno sull’argomento; un numero, quasi monografico, di “Petrolieri d’Italia”, 2001; alcuni articoli su 21mo Secolo dal 1994 al 2006; ha inoltre effettuato vari interventi su televisioni italiane e svizzere; .ha partecipato, nel l’ambito del Forum, in qualità di Docente al Corso sulla sicurezza del sistema idrogeno, tenutosi nel 2002 presso l’Istituto Superiore Antincendio dei Vigili del Fuoco, sotto l’egida del Ministero degli Interni. E’ coautore del libro bianco sull’idrogeno “Linee guida per la definizione di un piano strategico per lo sviluppo del vettore energetico idrogeno”, scritto dai membri del Forum. Ha presentato, primo in Italia, un lavoro concernente l’utilizzo di nanotubi di carbonio per l’accumulo ed il trasporto dell’idrogeno (sotto forma di poster), al SolarExpo di Verona nel dicembre 2000. Nell’ambito degli incarichi portati a termine, ha seguito, per conto del Professor Umberto Colombo, gli sviluppi delle ricerche sulla Fusione Fredda, campo in cui ha anche pubblicato alcuni articoli, ed è in corso di stampa un libro che ha scritto sull’argomento. Lavorando in questo ambito, ha acquisito una significativa conoscenza della meccanica quantistica e dei fenomeni nucleari ed elettromagnetici nella materia condensata. Per questo motivo, nel 2004 è stato eletto Membro dell’International Society For Condensed Matter Nuclear Science. E’ Autore di diverse pubblicazioni concernenti la produzione energetica per mezzo della fissione dell’atomo ed i relativi problemi legati alla sicurezza ed all’impatto ambientale. Dal giugno 1996 al giugno 2010 Ricercatore nella Divisione GEM (1996-2001) e BIOTEC (2001-2010) inserito nel Board di Direzione, anche se ha continuato a dedicare una parte del tempo (valutabile al 20% del totale) all’idrogeno. In questo ambito ha lavorato in sinergia con il Professor De Murtas, con il quale collaborava anche precedentemente. Ha pubblicato, sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione, n° 6/1997, una monografia sull’Evoluzione Biologica, campo in cui è uno specialista. Ha sviluppato una nuova ipotesi sul ruolo svolto da un debole campo elettromagnetico in argille di origine magmatiche (le montmorilloniti) nella formazione delle prime macromolecole biologiche, ipotesi che sta sottoponendo a verifica sperimentale. In particolare, la parte sperimentale sarà sviluppata presso il laboratorio del Dr. Francesco Celani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati. Sta sviluppando un sistema per la riconnessione di tessuto nervoso reciso, attualmente sui Molluschi Gasteropodi Polmonati (Limax ruber), ma con l’obiettivo di applicarlo ai Vertebrati e, quindi, all’Uomo (si tenga presente che non vi è nessuna differenza rilevante fra il tessuto nervoso dei Molluschi e quello dei Vertebrati). Ha sviluppato, in collaborazione con il Prof. Brera (Rettore dell’Università Ambrosiana), un Progetto di ricerca (Progetto Against Malaria) volto all’interruzione del ciclo del Plasmodio che causa la malaria nel ciclo biologico delle Zanzare del genere Anopheles. Progetto per cui ha proposto all’ENEA una collaborazione. Insieme con il Professor De Murtas, nel 1977, ha scritto un libro sulla Biodiversità. Attualmente è impegnato ad una revisione della classificazione animale, ai livelli superiori, in relazione ai principi della Nuova Sintesi, con gli apporti derivati dalla biochimica (non cladista, di cui rifiuta la teoria, i metodi e le finalità); sta realizzando un atlante di Anatomia degli Insetti, per cui ha elaborato una nuova tecnica di lavoro. Relatore, nel 2011, di una Tesi di Laurea concernente l’utilizzo del Batterio Ralstonia detesculanense per il sequestro dei metalli pesanti. Tesi presentata presso l’Università La Sapienza di Roma da Laura Quartieri che si è laureata con un punteggio di 107/110. Tale tesi è stata in seguito oggetto di pubblicazione su una rivista della Elsevier. Dal ’97 Professore a contratto di Biologia generale e molecolare all’Università Ambrosiana. Dal 25 settembre 2012 con qualifica accademica di Licentia Docenti ad Honorem per merito di chiara fama nella disciplina. Associato alla Società Italiana di Scienze Naturali, alla Società Entomologica Italiana, alla Società Herpetologica Italica, alla Società Italiana di Fisica ed alla Società Italiana di Biologia Evoluzionistica di cui è Socio fondatore. In passato associato all’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica e all’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani.

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