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Minorenni e giovani adulti alla deriva: decodifica psico-criminologica

decodifica psico-criminologica

Minorenni e giovani adulti alla deriva

Rassegna stampa di alcune azioni criminose commesse da minori: 4 luglio 2017 (Adnkronos.com).

Per mesi un gruppo di minorenni ha abusato sessualmente di una 12enne (alla periferia di Bari). Al termine di una delicata indagine, condotta nella zona settentrionale della città, i carabinieri di Santo Spirito hanno eseguito la misura cautelare del collocamento in comunità nei confronti di due 17enni baresi. Responsabili, unitamente a un 15enne (direttamente rinviato a giudizio) e a due 13enni (quindi non imputabili), di aver perpetrato ripetuti abusi sessuali ai danni della giovane.

24 luglio 2017 (Repubblica.it): Boss uccisi e fatti a pezzi: due arresti, il killer ha 16 anni.

A sedici anni ha prima sgozzato le vittime, poi le ha fatte a pezzi con un semplice coltello. C’è questo dietro il duplice omicidio di Luigi Rusciano e Luigi Ferrara i cui corpi furono trovati, lo scorso 16 febbraio, interrati nelle campagne di Afragola (Napoli) e fatti a pezzi. Un delitto “inquietante e devastante” lo ha definito il questore di Napoli, Antonio De Iesu, dietro il quale c’è una “grande aggressività dei killer”.

Un delitto, quello messo in atto dal minorenne e dal 24enne Domenico D’Andò, che dimostra ancora una volta “la maturità criminale di minorenni” e che è stato studiato nei minimi dettagli.

24 ottobre 2017 (Adnkronos.com).

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per istigazione all’odio razziale sul caso degli adesivi con l’immagine di Anna Frank con la maglia della Roma lasciati dai tifosi laziali su una vetrata della Curva Sud dello stadio Olimpico dopo la partita con il Cagliari. Sono 15 le persone con precedenti specifici identificate: per loro sarà proposto il Daspo.

L’identificazione è stata possibile grazie alle telecamere presenti allo stadio. Fra gli identificati alcuni “Irriducibili” e anche due minori. Il più piccolo ha solo 13 anni. Alle indagini, coordinate dalla Procura di Roma, stanno lavorando gli uomini della Digos, della scientifica e del commissariato Prati, che hanno passato in esame le immagini delle telecamere.

27 ottobre 2017 (Ilsole24ore.it).

Sono otto i giovani rom arrestati dalla Polizia di Stato che, in stile “arancia meccanica” perpetravano furti e rapine alla stazione di servizio, nei pressi del campo rom di Castel Romano. Le vittime, ignari automobilisti, venivano assaliti dal branco durante la sosta per il rifornimento.

I giovani, armati di mazze e bastoni mettevano in atto veri e propri agguati, per lo più a donne e anziani. All’interno della gang vi era una precisa suddivisione dei compiti: la vedetta, il cassiere e il protettore della via di fuga che, in caso di reazione della vittima, provvedeva al pestaggio del malcapitato.

Non solo, quando la banda criminale non riusciva a raggiungere i veicoli che sfuggivano all’assalto, scatenava la loro furia con una sassaiola contro le macchine che transitavano sulla Pontina. I giovani rom, di eta’ compresa tra i 12 e 16 anni, sono stati arrestati.

4 settembre 2017 (Today.it): Stupri di Rimini, i tre minorenni ‘rischiano’ pene irrisorie.

Uno non ha ancora compiuto 15 anni, il secondo appena 16 e il terzo ne ha 17. Due fratelli marocchini e il loro amico nigeriano sono i componenti della banda di Guerlin Butungu, il congolese 20enne accusato di essere il capo del branco di stupratori minorenni. Arrestati per la duplice violenza sessuale, il trio, attualmente è in attesa dell’udienza di convalida presso il Tribunale dei Minori di Bologna. Il Congolese rischia pene irrisorie se riconosciuto colpevole.”

Sono questi alcuni dei reati commessi o venuti alla luce (da minorenni) negli ultimi quattro mesi del 2017. I capi di accusa riguardano l’istigazione all’odio razziale, rapina, stupro e omicidio. Ma troviamo anche rapine e spaccio, reati contro il patrimonio e lesioni personali.

Ma cosa sta accadendo a quella che un tempo veniva definita l’eta’ dell’innocenza?

I dati del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità – Roma ci indicano questi risultati: Grafici.

minorenni e giovani adulti
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In un momento storico dove, spesso, l’adulto di riferimento latita. Dove le Istituzioni per eccellenza “scuola e famiglia” sono venute meno ai ruoli di contenimento ed educazione, abdicando il loro ruolo  di guida ed esempio per percorsi futuri. In una società dove la comunicazione viaggia più veloce della luce (grazie ad internet), assistiamo ad un nuovo messaggio educativo che ha perso la capacita’ di essere normativo, di avviamento e di formazione.

Di conseguenza i segnali di pericolo che provengono dai nostri adolescenti sono cambiati. Di fronte ad un minore che viene arrestato, la prima cosa da fare e’ cercare di effettuare una diagnosi che suggerirà poi il percorso futuro di cura, rieducazione ed reinserimento.

I disturbi della Condotta in adolescenza sono caratterizzati da massiccia aggressività e comportamento antisociale. Alcuni di questi virano verso aspetti psicopatologici. In questi ultimi sovente abbiamo funzionamenti danneggiati per quanto riguarda l’area dell’empatia e l’area decisionale. Non sono in grado di prevedere le conseguenze delle loro azioni. Sovente ci troviamo di fronte giovanissimi privi di emozioni, freddi, lucidi.

Tra i disturbi psicopatologici più rispondenti a questi profili di eta’, troviamo il Disturbo Antisociale di Personalità ed il Disturbo Borderline di Personalità.

Disturbo Antisociale di Personalità.

Nel primo troviamo adolescenti con un un disturbo di personalità. Si decodifica un quadro di inosservanza e violazione dei diritti degli altri, che si manifesta in un soggetto maggiorenne, almeno da quando aveva 15 anni.

Gli adolescenti con questo disturbo, infatti, non riescono ad attenersi né alla legge, per cui compiono agiti illegali (es. demolire proprietà, truffare, furti), né alle norme sociali, per cui attuano azioni amorali, illecite e manipolative (ad es. mentire dicendo il falso, simulazione, usare false identità) traendone profitto o piacere personale (es. potere, sesso, soldi). Elemento pregnante del disturbo è, inoltre, lo scarso rimorso mostrato per le conseguenze delle proprie azioni. Per cui, questi soggetti dopo aver procurato danno, possono restare emotivamente indifferenti o rispondere in modo superficiale dell’accaduto.

Cause: la probabilità di sviluppare il disturbo antisociale di personalità in eta’ adulta aumenta se lo stile educativo nell’infanzia è incoerente, trascurante e abusante (assenza totale di quello che Winnicott denomina holding environment) se l’inizio del disturbo della condotta è precoce (prima dei 10 anni) e se questo è accompagnato dal disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività. Il disturbo antisociale sembra essere associato anche ad uno stato socioeconomico basso e agli ambienti urbani. Altre caratteristiche rilevanti del disturbo antisociale sono l’impulsività e l’aggressività.

Disturbo Borderline di Personalità.

Nel Disturbo Borderline di Personalità troviamo invece mutevoli cambiamenti di umore, istintività dei comportamenti e delle relazioni con gli altri, marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri. Questi elementi, unendosi tra loro, generano notevole sofferenza e comportamenti problematici. Ne consegue che gli adolescenti con questo disturbo, pur essendo dotati di molte abilita’ personali e sociali, realizzano con difficoltà e a fatica i propri traguardi. Data di esordio adolescenza.

Cause: un’infanzia trascorsa in un ambiente non accogliente, cioè un contesto in cui l’adolescente subisce una costante svalutazione dei propri stati mentali (sul versante fisico e psicologico), interazioni caotiche e non logiche, comunicazioni emotive forti, carenze di cure, maltrattamenti e abusi sessuali.

Da quanto appena scritto si evince “come e perché” e’ cambiato l’intervento dei minori sottoposti a procedimenti penali. In modo particolare, per ciò che concerne la cura e le procedure di internamento. In questi casi, il comportamento deviante non e’ altro che l’ espressione di sofferenza e disagio mentale se non un quadro reale di disturbo psicopatologico.

Giocoforza questa tipologia di soggetti devono obbligatoriamente accedere a percorsi che siano di cura e non di detenzione vera e propria, di contenimento in toto psiche/soma. Le scelte trattamentali devono rispondere al bisogno di forte valenza educativa e risocializzante.

E’ chiaro che non tutti i giovani che si macchiano di reati in adolescenza sono affetti da psicopatologia. Anche se, l’idea di una patologia ci preserva da una presa di coscienza e agisce in modo da non farci fare domande scomode sul perché accade. E’ palese che l’azione criminosa non e’ altro che la risposta proiettata su una modalità disattiva, di un malessere che fa parte del romanzo di vita dell’adolescente. Una sofferenza che proviene dal nucleo familiare e/o dal contesto sociale di appartenenza.

Come si trattano da un punto di vista penale, oggi, i minori che si macchiano di reato?

Dalle fonti del Dipartimento di Giustizia minorile e di comunità Roma risulta che, i minori in regime penale sono suddivisi secondo l’eta’ in diverse strutture:

Uffici di Servizio Sociale per i minorenni (USSM): intervengono in ogni stato e grado del procedimento penale. Dal momento in cui, a seguito di denuncia, il minore entra nel circuito penale fino alla conclusione del suo percorso giudiziario.

L’intervento a favore del minore viene avviato, su segnalazione dell’Autorità Giudiziaria, con la raccolta degli elementi conoscitivi per l’accertamento della personalità e per l’elaborazione dell’inchiesta sociale di base. Prosegue, poi, con la formulazione del progetto educativo e con l’attuazione dei provvedimenti disposti dal giudice.

Nei Servizi minorili residenziali, i Centri di prima accoglienza (CPA) accolgono temporaneamente i minorenni fermati, accompagnati o arrestati in flagranza di reato dalle forze dell’ordine su disposizione del Procuratore della Repubblica per i minorenni; il minore permane nel Centro di prima accoglienza fino all’udienza di convalida, per un tempo massimo di novantasei ore.

Nel corso dell’udienza di convalida, il giudice (GIP) valuta se esistono elementi sufficienti per convalidare l’arresto o il fermo. In seguito, decide sull’eventuale applicazione di una delle quattro possibili misure cautelari previste per i minorenni (prescrizioni, permanenza in casa, collocamento in comunità, custodia cautelare); Comunità, ministeriali e del privato sociale, che hanno dimensioni strutturali e organizzative connotate da una forte apertura all’ambiente esterno, in cui sono collocati i minori sottoposti alla misura cautelare prevista dall’art. 22 del D.P.R.448/88 (collocamento in comunità).

L’ingresso in comunità può essere disposto anche nell’ambito di un provvedimento di messa alla prova. Di concessione di una misura alternativa alla detenzione o di applicazione delle misure di sicurezza; alcune Comunità sono annesse ai Centri di prima accoglienza.

Istituti penali per i minorenni (IPM), in cui sono eseguite la misura della custodia cautelare e la pena detentiva. Gli IPM sono concepiti strutturalmente in modo da fornire risposte adeguate alla particolarità della giovane utenza; oltre che alle esigenze connesse all’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria.

L’attività trattamentale è svolta da un’équipe multidisciplinare, in cui è presente un operatore socio-educativo di riferimento stabile appartenente all’Amministrazione. Le attività formative, professionali, culturali e di animazione sono effettuate in collaborazione con operatori di altri Enti. Avvalendosi, anche, di associazioni del privato sociale e del volontariato. Negli IPM è presente personale del Corpo di Polizia Penitenziaria adeguatamente formato al rapporto con l’adolescenza.

La maggior parte dei minori autori di reato è in carico agli USSM ed è sottoposto a misure da eseguire in area penale esterna. La detenzione, infatti, assume per i minorenni carattere di residualità, per lasciare spazio a percorsi e risposte alternativi sempre a carattere penale.

Negli ultimi anni si sta assistendo ad una sempre maggiore applicazione del collocamento in comunità, non solo quale misura cautelare, ma anche nell’ambito di altri provvedimenti giudiziari, per la sua capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive di controllo.

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