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Import-export dei cervelli: il fenomeno migratorio in Italia

Il fenomeno migratorio in Italia: il punto.

Il fenomeno migratorio in Italia: il punto.

Non fatevi forviare dal titolo dell’articolo, non parleremo di carneficina umana, né di traffico di organi. Banalmente, faremo una riflessione sul fenomeno migratorio, dei laureati e/o professionisti qualificati, dall’Italia ed in Italia. 

Ogni Paese esporta ed importa talenti, menti o cervelli. Ma il reale problema viene a crearsi nel momento in cui la cosiddetta “fuga dei cervelli” non è accompagnata da una speculare importazione di menti qualificate.

Quante volte negli ultimi anni in Italia avete sentito parlare di “fuga dei cervelli”?

Credo tante, forse troppe per alcuni “protezionisti nazionalisti”. Talvolta inneggiando al coraggio o tacciando di poco amor di patria chi decide di partire per un breve periodo o a tempo indeterminato.

L’orientamento critico, e di background personale, induce a plaudere la scelta di trovare impiego oltre i confini nazionali. L’Italia è divenuto un luogo inospitale per menti brillanti; per chi pensa in modo innovativo, per finalizzare le idee e per riconoscere il valore di chi le ha.

L’unicità naturalistica, morfologica, storica, architettonica, artistica, culturale ed umana dell’Italia è incantevole e riconosciuta, ma paradossalmente è riconosciuta l’inospitalità dettata dalle politiche sociali, economiche e fiscali. Queste ultime hanno creato un vero e proprio embargo all’immigrazione di menti qualificate, sia italiane espatriate sia straniere.

L’eterogeneità delle ragioni è notevole: gap sociale statico, mancanza di meritocrazia, pochi investimenti nell’innovazione e nella ricerca; ancora, salari da far rivoltare nella tomba Karl Marx, politiche lavorative che penalizzano i diritti dei lavoratori, alta tassazione, poco controllo sui criteri selettivi delle aziende.

Import-export delle menti.

Andiamo oltre la crisi economica, purtroppo utilizzata come movente del fuggi fuggi di lavoratori qualificati e laureati. Certo ha inciso ancor di più ad acutizzare il fenomeno ma già negli ultimi anni del 2000, i dati registrati erano notevoli, tanto da indurre alla promulgazione nel 2010 della Legge n°238/10 sul “Controesodo”.

Essa prevede una serie di agevolazioni fiscali per il rientro di lavoratori qualificati ma con una serie di norme che nel lungo periodo poco si rivelano accattivanti.

In effetti la norma, oltre a dei limiti anagrafici previsti per i richiedenti e scadenza al 2017, contempla per l’agevolazione fiscale una copertura di 3 anni.

Se pensiamo al livello di tassazione presente in Italia post bonus credo che in pochi vogliano rimpatriare.

Inoltre la macchinosità all’applicazione della norma e la poca chiarezza hanno reso non proficui i risultati della stessa.

Con il D.lgs. n° 147/2015 “sulla crescita ed internazionalizzazione delle imprese”, il Governo attuale introduce il “regime speciale per lavoratori rimpatriati”. 

Esso avrà applicazione per un quinquennio. Introduce un bonus fiscale pari al 30% in termini di riduzione del reddito imponibile.

In questo caso non vi sono limiti d’età ma è circoscritta l’applicabilità solo a chi risiede all’estero da almeno cinque anni e chi possiede un titolo di laurea e riveste una qualifica per la quale sia richiesta un’alta qualificazione o specializzazione. Ma tutto ciò non risulta funzionale a colmare il gap tra import-export di laureati o professionisti.

In un contesto del genere i connazionali vanno via, le menti straniere non ci considerano. Così l’Italia vive un deficit di cultura, di know how e di competenze. Prima li crea, con tutti i costi che la formazione richiede allo Stato, poi li lascia scappar via e non è in grado di colmare le assenze con presenze qualificate estere.

E’ certamente nella natura umana esplorare nuovi contesti, un nomadismo quasi sempre stimolato da una necessità! Ma noi, in Italia, non rappresentiamo un approdo, quel “nuovo contesto in cui vivere” per laureati e professionisti qualificati “home made” e stranieri.

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