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Italiani senza cittadinanza: parliamo di un milione di italiani

Italiani senza cittadinanza | Parliamo di un milione di italiani

Italiani senza cittadinanza.

Il movimento degli #Italianisenzacittadinanza lancia una petizione di civiltà al fine di accelerare i lavori in Senato della riforma sulla cittadinanza, rimasta bloccata in Commissione Affari Costituzionali per oltre un anno e mezzo.

Dopo la costante attività di pressing del movimento, riaccesa anche dalla clamorosa vicenda dell’accesso negato a Montecitorio di Ilham Mounssif (neolaureata di origini marocchine che, dopo aver ricevuto un premio per meriti accademici, nella stessa Camera dei Deputati, non ha potuto proseguire la visita delle nostre istituzioni, causa la sua cittadinanza extra-ue), in questi giorni é ripresa la discussione del ddl 2092 in materia di cittadinanza, dopo infiniti rinvii e silenzi.

Sono più di un milione di italiani senza cittadinanza non riconosciuti che attendono di uscire dal limbo della nostra società.

Stufi della loro subcondizione, intendono lanciare un forte segnale che porti la nostra politica a guardare in faccia una realtà ben consolidata e ad avere il coraggio di cambiare l’attuale legge.

Peraltro, si tratterebbe di un’ integrazione della normativa vigente, e non un’eccelsa riforma o rivoluzione, come spesso si descrive per distorcere la realtà dei fatti, strumentalizzando la questione al fine di “tirare voti” in favore o contro, in questo clima di eterna propaganda.

L’attuale disciplina in materia di cittadinanza, regolata dalla legge 91 del 1992 (di ben 25 anni fa) é basata sul principio dello ius sanguinis. 

La disciplina prevede inoltre:

  • la cittadinanza al minore, in seguito alla naturalizzazione del genitore straniero, se vive con lo stesso in maniera stabile e comprovabile;
  • cittadinanza al minore nato in Italia da genitori stranieri, se risiede nel territorio della Repubblica in maniera ininterrotta, a partire dai 18 anni, su sua richiesta entro un anno dal compimento della maggiore età.
  • cittadinanza a coloro non nati in Italia, al compimento dei 18 anni, solo se hanno maturato 10 anni di residenza e se superano i requisiti di reddito.

La riforma introduce 3 fattispecie che rispondono alle esigenze delle attuali istanze sociali

  • ius soli temperato: per cui al “nato in Italia”, è concessa la cittadinanza solo se figlio di stranieri possessori di permesso di soggiorno UE di lunga durata (quest’ultimo richiede 5 anni di residenza, superamento dei requisiti linguistici, di reddito e di alloggio);
  • ius culturae: per cui il nato o arrivato in Italia entro i 12 anni di età, diviene cittadino, se ha frequentato regolarmente per 5 anni uno o più cicli di studio, oppure alla conclusione positiva di un corso di formazione primaria;
  • cittadinanza per naturalizzazione: a coloro giunti in Italia tra i 12 e 18 anni di età, se vi risiedono legalmente da 6 anni oppure se hanno frequentato e concluso un ciclo di studi.

Tra il settembre 2011 e il marzo 2012, ventidue organizzazioni sociali e sindacali hanno promosso la campagna “L’Italia sono anch’io”, raccogliendo più di 200 mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla riforma di cittadinanza.

Il 13 ottobre 2015 la Camera dei Deputati decise con uno storico voto che “chi cresce in Italia è italiano”, approvando la riforma che, invece, ha trovato al Senato una pila di oltre 8 mila emendamenti di carattere ostruzionistico (quasi tutti firmati Lega Nord) che, solo negli ultimi giorni, la Commissione Affari Costituzionali ha iniziato a sfogliare.

Quanto tempo ancora deve passare per compiere questo  passo di civiltà?

Sarebbe meglio dire “mezzo passo di civiltà”, per via  delle trattative al ribasso sul ddl tra le attuali forze politiche che, quindi, solo in parte soddisfa la proposta di legge di iniziativa popolare promossa della campagna “L’Italia sono anch’io”.

Intanto gli Italiani senza cittadinanza, sostenuti  da organizzazioni della società civile e mondo associativo, continuano la loro battaglia. Una battaglia per la stessa anima dell’Italia, per una società inclusiva, egualitaria e che non perpetra discriminazioni inaccettabili e inopportune in linea con i principi alla base della nostra stessa Repubblica.

Leggi anche: Ius soli | il punto

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