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Social Eating: il ristorante della porta accanto

Social Eating: il ristorante della porta accanto

Social Eating.

Una volta andavo dal ragazzo della porta accanto per chiedere ingredienti per una torta last minute. Ora quel ragazzo ha aperto un ristorante in casa propria, e la torta me la vado a mangiare direttamente da lui. Un ristorante in casa? Esattamente!

Si mangia in un tavolo unico tra il salotto e la cucina con persone sconosciute, e il cuoco è proprio quel ragazzo della porta accanto. Tutto questo si chiama social eating. Rinominato da me “Restaurant Next Door” – il Ristorante della porta accanto.

Una volta era il couch surfing, la generosa pratica, made in USA, di ospitare un illustre sconosciuto sul divano di casa (couch) a prezzi low cost (o addirittura gratis). Adesso l’ultima frontiera è proprio quella del social eating.

Il principio della condivisione è lo stesso, solo che al posto del divano è possibile trovare un bel piatto di pastasciutta. Il concept del ristorante non e’ più strettamente legato al locale carino, elegante dove si va in coppia o con la famiglia.

Ora si può andare a cena a casa del vicino o a casa di sconosciuti che mettono a disposizione il proprio salotto e i propri piatti.

Ma come funziona il social eating?

Basta iscriversi ad uno dei network del gusto attivi in rete per scoprire una miniera di appuntamenti golosi.

Chi organizza mette a disposizione gli spazi di casa, elabora il menu, sceglie la data, il numero di ospiti e fissa il prezzo (nella maggior parte dei casi si tratta solo di un contributo spese, quindi si tratta spesso di una cena low cost).

Il potenziale ospite o ospiti, in pochi clic, può prenotarsi all’appuntamento che considera più goloso e dividere la tavola con nuovi amici. Le probabilità di mangiare bene sono alte, visto che l’organizzatore di solito è un appassionato di gastronomia che gioca a fare il piccolo chef (non il piccolo chimico).

E cosa si mangia?

Ce n’è per tutti i gusti e tutte le esigenze. Si spazia dalla cucina regionale a quella etnica o vegetariana, fino ad arrivare al sushi, al vegan o al gluten free.

E la cosa bella è che delle volte si trovano serata a tema, ad esempio una serata indiana, dove tutto ricorda l’india: il cibo, l’arredamento, gli outfit e magari anche le persone stesse.

Perché non provare?

Magari si mangia davvero meglio che al ristorante. Ovviamente prima della scelta, c’e tutto un sistema di recensioni e rating delle cene che si può guardare e tenere in considerazione. Quindi proprio al buio non è.

I network del gusto.

I più famosi in Italia sono Gnammo, una vera e propria community per gourmand o People cooks, il più solidale di tutti, che ha dato vita a una rete di pasti economici per studenti fuorisede, disoccupati e viaggiatori a bassissimo budget.

E ancora: Ma’Hidden Kitchen Supper Club, dove le cene hanno liste d’attesa anche di 1000 persone; Let’s Lunch, che offre l’opportunità di organizzare colazioni di lavoro e fare networking; oppure Vizeat, una startup francese che dopo aver acquisito una startup americana si sta piano piano espandendo anche in Italia.

Ma qual è il vero plus di questo social eating?

Sta proprio nella sua parola: e’ la componente social la chiave di tutto. Perché grazie alle community dei golosi è possibile fare un’esperienza che va molto al di là del cibo. Davanti a un bel piatto di spaghetti all’amatriciana si fanno colloqui di lavoro improvvisati, si trovano nuovi amici, e, perché no, si incontra anche l’amore.

Avete presente quando un ragazzo si trasferisce in una nuova città e non conosce nessuno? Questo e’ un modo divertente, originale e sicuramente “gustoso” per fare amicizia e crearsi un network che può sempre ritornare utile.

Infatti nelle grandi città, ad esempio Milano, questo trend sta iniziando a farsi sentire sempre più spesso. Giusto per dare due numeri, la piattaforma più famosa Gnammo può contare su 240000 utenti, 8000 cuochi in circa 1500 città italiane. Numeri in crescita di anno in anno.

Ma la grande domanda è: continuerà a crescere oppure e’ un business destinato a morire?

Io sono fiduciosa per due motivi:

  • Il primo è che il mondo del food sta diventando in generale sempre più social. Guardate tutti i post di instagram sul cibo, le blogger che sfornano consigli ogni giorno (come me), i corsi e i programmi di cucina. E’ un business molto social che sta avendo successo, ma che soprattutto crea community e gruppi.
  • Il secondo motivo infatti e’ che il concetto di community, che si sta evolvendo sempre di più soprattutto tra i millenials e la generazione Z. Fare gruppo, conoscere gente, creare un network di persone è uno dei fondamenti di queste due generazioni.

Ecco, mettiamo assieme il primo e il secondo concetto e il risultato e’ semplice. Food+community = social eating. Avrà successo si, magari solo con alcuni target e su alcune zone, ma sono fiduciosa. Io devo ancora provarlo, ma non vedo l’ora di trovare la serata e il menu giusto per testarlo e lasciare qualche recensioni nel mio blog. E voi l’avete provato?

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