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La Cina alla conquista del cyberspazio

La Cina alla conquista del cyberspazio

Cina e Cyberspazio.

La Cina sembra aver compreso appieno le potenzialità del cyberspazio, tanto da avviare una progressiva espansione della governance anche nella quinta dimensione della sovranità statale.

Ad oggi si contano circa trenta provvedimenti, tra codici, standard, regolamenti, leggi e strategie governative, volti a garantire la sicurezza informatica, disciplinare la criptazione dei dati, la difesa strategica e il controllo dei contenuti diffusi in internet.

Ovviamente è sufficiente considerare come persistano in Cina delle forme di censura per comprendere come il controllo sui contenuti di internet abbia fini politici che esulino dalle esigenze di difesa nazionale in senso stretto.

Considerando, inoltre, che esiste un’agenzia specializzata nel controllo dei contenuti diffusi su internet facente capo al Presidente Xi Jinping, è evidente come sussistano criticità relative all’indipendenza e alla libertà di circolazione dei contenuti. Il caso cinese è ad ogni modo esemplare.

Gli Stati Uniti, ad esempio, non hanno ancora un sistema di protezione dei dati informatici a livello nazionale, se non per l’ambito militare; l’Unione Europea dispone di regolamenti generali a protezione dei dati, ma non sono previsti obiettivi concreti in termini di sicurezza nazionale.

La progressiva espansione della governance cinese nell’ambito del cyberspazio sembra perseguire molteplici obiettivi:

  • gestire e controllare i contenuti presenti;
  • migliorare la cybersecurity e la protezione delle infrastrutture critiche contro il rischio di paralisi in caso di attacchi ostili;
  • centralizzare a livello statale le infrastrutture hardware che garantiscono l’operatività di internet nel Paese;
  • permettere alla Cina di diventare una potenza anche in ambito cyber.

La strategia di Xi Jinping punta a rendere la Cina il primo Paese al mondo con una sovranità cyber ben definita e internazionalmente riconosciuta. Dopo terra, mare, cielo e spazio, emerge dunque una nuova frontiera della sovranità statale. Pechino è in prima fila per affermare la propria giurisdizione anche in tale ambito.

Il caso cinese è importante anche per un altro ordine di ragioni.

L’estensione della governance statale in ambito informatico permette infatti di favorire lo sviluppo regolamentato dell’industria informatica cinese e l’attività delle aziende che operano nell’e-commerce.

E proprio in tale ambito sembra profilarsi uno scontro tra Pechino e Washington.

In occasione dello scorso Black Friday, la piattaforma cinese Ali Baba ha registrato il record di incassi nelle vendite online (circa 25 miliardi in ventiquattro ore), battendo la concorrenza di colossi americani come Amazon.

La notizia non è stata accolta di buon grado negli Stati Uniti ed ha acutizzato le tensioni legate al dominio del cyberspazio perché la mentalità della guerra fredda non ha mai abbandonato il governo di Washington; la concezione di uno scontro tra superpotenze rivali sta tornando in auge sia in ambito politico, con riferimento alla Russia e al caso del Russiagate, sia in ambito economico, con riferimento alla Cina.

Questa mentalità da guerra fredda porta gli Stati Uniti ad adottare condotte sospettose e diffidenti nei confronti di grandi potenze; pregiudicando sul nascere qualsiasi possibilità di collaborazione costruttiva.

È a causa di questo approccio che gli Stati Uniti nutrono profonda diffidenza nei confronti del governo di Pechino e, nell’ambito del dominio del cyberspazio, si potrebbe assistere all’insorgere di una nuova guerra fredda che, date le caratteristiche, assumerebbe i toni di una cyberwar.

Dopo la corsa per la conquista dello spazio con la Russia, dunque, una nuova corsa, questa volta con la Cina per la conquista del cyberspazio. Corsi e ricorsi storici che sembrano destinati a ripetersi, sebbene con caratteristiche diverse.

Leggi anche: Potenzialità e minacce del cyberspazio: il caso EyePyramid

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