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Furto: quando è applicabile l’aggravante della destrezza

Furto con destrezza

Furto con destrezza.

Il parere delle Sezioni Unite. Con la sentenza n. 34090 del 27.04.2017 S. U. penali C. Cass., la Suprema Corte di legittimità ha definito le linee guida per l’applicabilità dell’aggravante della destrezza di cui all’art 625 comma 1 n 4 c.p., in relazione al reato di furto.

Più precisamente, i giudici di legittimità hanno definito il significato dell’ “agire con destrezza”, rimarcando le differenze tra la condotta del reato di furto ex art 624 c.p. e quella relativa al delitto aggravato ex art 625 comma 1 n 4 c.p.

Parte della giurisprudenza, ai fini della configurabilità dell’aggravante, reputava sufficiente la condotta del reo che si fosse “limitato” ad agire in condizioni favorevoli o di distrazione da parte della persona offesa che avesse momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene.

Si riteneva dunque applicabile l’aggravante de qua, per condotte quali ad esempio:

  • l’impossessamento di una borsa presente all’interno di un auto lasciata momentaneamente aperta ed incustodita dal proprietario (C. Cass. 15 gennaio 2015, B., id., Rep. 2015, voce cit., n. 29);
  • o quella di un imputato che, approfittando del sonno della persona offesa, si appropriava delle chiavi del ciclomotore di quest’ultima (Cass. 17 dicembre 2014, H., ibid., n. 30).

Art.624 c.p. ed ex art. 625 c.p.

Un secondo orientamento invece, tende a circoscrivere e tracciare i confini applicativi dell’aggravante in oggetto, delineando una più netta distinzione tra il delitto di furto di cui all’art 624 c.p. e quello di furto con destrezza ex art 625 c.p..

Si sottolinea come l’aggravante della destrezza dovrebbe di fatto consistere nell’impiego di una particolare abilità fisica o psichica da parte del soggetto agente, idonea a eludere e sviare la normale attenzione dell’uomo medio.

Quanto detto, porterebbe ad escludere la sussistenza dell’aggravante, nei casi in cui l’agente abbia esclusivamente approfittato del momentaneo allontanamento della persona offesa per commettere il furto (C. Cass. 18 febbraio 2015, Di Battista, id., Rep. 2015, voce cit., n. 32).

A chiarire da ultimo la questione, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (C. Cass. 34090 del 27/04/2017), che hanno espressamente dichiarato di aderire al secondo degli indirizzi suddetti.

La fattispecie delittuosa del reato.

La fattispecie delittuosa del reato di furto, poichè caratterizzata dalla condotta predatoria da parte dell’agente associata all’agire di nascosto non potrebbe, così considerata, vantare elementi sufficienti per la configurazione dell’aggravante.

Il reato in questione infatti, come ribadito dalle Sezioni Unite penali, per essere aggravato dalla circostanza della “destrezza”, deve essere caratterizzato da un quid pluris rispetto all’ordinaria configurazione del fatto.

La dottrina e la giurisprudenza hanno nel tempo attribuito al significato di destrezza un’accezione non solo di tipo fisico (nel senso di accortezza, rapidità e agilità), ma anche di tipo psichico, inteso come particolare scaltrezza e astuzia, capaci di sorprendere la vigilanza sul bene.

Non vi sono dubbi invece, circa la configurabilità dell’aggravante nei casi in cui la distrazione della vittima sia provocata dall’agente stesso o da suoi complici; anche se, in tali ipotesi, non è sempre agevole distinguere l’aggravante della destrezza da quella dell’uso del mezzo fraudolento.

In conclusione non appare sufficiente che la sottrazione sia facilitata dall’altrui disattenzione o momentanea assenza; deve, al contrario, essere realizzata con modalità accuratamente studiate dall’agente e legate a particolari caratteristiche fisiche o psichiche dello stesso.

Le suddette modalità di condotta, dovranno essere in grado di eludere le difese della persona offesa e permettere al reo di portare a compimento il furto, arrecando inoltre un danno patrimoniale di non lieve entità.

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