Mostra internazionale dell’arte cinematografica di Venezia
Accuse e verdetti alla 76ma Mostra Internazionale dell’arte cinematografica di Venezia. Credo che ogni Signora ambirebbe ad un compagno come l’integerrimo, inflessibile e coraggioso Colonnello Picquard, senza l’impegno del quale il famoso “J’accuse” di Zola si sarebbe sbiadito come un tratto di matita su di un foglio di carta velina. La vicenda del film più […]
Accuse e verdetti alla 76ma Mostra Internazionale dell’arte cinematografica di Venezia.
Credo che ogni Signora ambirebbe ad un compagno come l’integerrimo, inflessibile e coraggioso Colonnello Picquard, senza l’impegno del quale il famoso “J’accuse” di Zola si sarebbe sbiadito come un tratto di matita su di un foglio di carta velina. La vicenda del film più bello che ho visto durante questi primi giorni del Concorso veneziano per il Leone d’oro a cui da decenni ho il piacere di essere invitato come operatore del settore è nota, meno i retroscena da thriller militare che l’ottantaseienne regista di “Rosemary’s Baby“ e di tanti altri successi Roman Polański (la cui moglie Isabelle Huppert si è fatta carico del ruolo della sostanzialmente anche unica protagonista femminile) ha riprodotto in modo efficace e in alcuni tratti financo emozionante. Convincente la fotografia, anche grazie agli Interni originali degli ambienti di cui Parigi è tuttora ricca e coinvolgente il ritmo della sceneggiatura, capace di far passare 2 ore in un amen (che è quello che rende un bel film anche ‘speciale’).La verità vince sempre, alla fin fine?
Non è detto, tuttavia nel caso Dreyfus di una Francia fin de siécle tanto fortemente antisemita da apparire la Germania nazista pare che sia andata proprio così. Per un’accusa…un “Verdict’, opera significativa del giovane regista filippino Raymund Ribay Gutierrez ( con me nell’immagine mentre lo intervisto): una testimonianza sulla violenza sulle donne in in Paese come quello che ha Manila come centro di potere (dov’è ambientato anche un altro film della kermesse del Lido, “The kingmaker”, di Lauren Greenfield, sulla vita di Imelda Marcos) in cui vaste fasce della popolazione vivono nel degrado urbano più nero e dove la Giustizia è ancora spesso ostacolata da una Polizia non raramente asservita a clientelismi e favori e da un grado di omertà sociale elevatissimo. Leggi anche: Festival di Venezia: il premio è donna
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