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Un anno dalla nascita del G.D.P.R.

G.D.P.R.

G.D.P.R.

Il 25 maggio del 2018 si è iniziato ad applicare il G.D.P.R., esso si pone l’obiettivo di uniformare il livello di protezione dei dati sia all’interno dei territori dell’unione che in caso di trattamenti al di fuori dell’UE, ridefinendo i diritti dei cittadini e i doveri di aziende, enti e istituzioni che ne trattano i dati.

Sebbene non troppo differente dalla precedente direttiva, il regolamento ha introdotto il principio di responsabilità, la figura del responsabile per la protezione dei dati e inasprito le sanzioni in caso di violazione delle norme previste.

L’effetto più comunemente visibile del G.D.P.R. è la presenza, in ogni sito, del banner di richiesta del consenso al trattamento dei dati e accettazione dei cookies.
Possiamo immaginare i cookies come delle tracce lasciate dagli utenti durante il loro percorso online e che sono considerati dati personali, allo stesso livello di indirizzo IP e email.

Un effetto altrettanto importante, ma meno percepito, è l’introduzione del responsabile della protezione (DPO), un professionista indipendente e autonomo rispetto agli interessi del titolare del trattamento.

Questa figura è obbligatoria per gli enti pubblici e le aziende che gestiscono informazioni su larga scala o che effettuano operazioni di monitoraggio.
Il DPO è consigliabile anche alle aziende private che vogliono offrire ai propri clienti e utenti una garanzia in più circa la sicurezza dei loro dati.

Qualche dato sulla situazione italiana, a un anno dall’entrata in vigore del G.D.P.R., può essere rintracciato nella relazione annuale del Garante per la protezione dei dati personali, l’Autorità ha fornito riscontro a oltre 5.600 quesiti, reclami e segnalazioni, le violazioni amministrative contestate nel 2018 sono state 707, e oltre 8 milioni di euro l’ammontare dei pagamenti derivanti dall’attività sanzionatoria nel 2018.

Articolo scritto in collaborazione con Antonella Resta, dottoressa in Scienze della comunicazione con tesi sul G.D.P.R.

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