Cinema

TENET di Christopher Nolan: alla ricerca del tempo perduto

Tenet: primo film evento nei cinema dell’era Codiv19.

Tenet di Christopher Nolan, arriva forte di un’enorme attesa tra il pubblico che, in questi anni, ha sempre premiato i film del regista inglese, nei quali la verità, i concetti di tempo e spazio sono le tematiche dominanti, in cui sono garantite spettacolarità e capacità di stupire.

Ma qual è il confine tra autorialità e puro esercizio di stile? Christopher Nolan negli ultimi anni è stato sovente accusato di aver abbracciato una dimensione cinematografica in cui la fruizione e la comprensione degli eventi da parte del pubblico, sono sostanzialmente ignorati.

Tenet non fa eccezione, anche qui infatti assistiamo alla creazione di enormi e complessi labirinti narrativi, soggetti a regole che però vengono regolarmente infrante e dove sovente la coerenza interna latita. “Un regista che non si è mai curato del pubblico“.

Si può tranquillamente dire che tale tendenza sia ormai diffusa tra molti registi di primissimo livello, apprezzati sia dal pubblico che dalla critica. Possiamo fare i nomi di Denis Villeneuve e Ridley Scott o di Sam Mendes e Michael Mann; anche loro si sono concentrati sull’iter narrativo, su intrecci in cui le tematiche e la visione della realtà a loro care erano tutto ciò che contava, sorrette da una grande cura della regia e da una grande spettacolarità.

Di certo è un qualcosa connesso ai tempi in cui viviamo, che ha però comportato una più difficile fruizione dell’iter narrativo da parte del pubblico, per il quale empatizzare con i protagonisti è diventato mano a mano sempre più ostico. A ben pensarci, è un problema che persino i moderni cinecomics sono riusciti ad evitare, mediante una serialità che ha permesso ai vari Iron Man, Capitan America o Vedova Nera, di creare nel tempo un forte legame con il pubblico.

Sperimentazione o autoreferenzialità?

Ad ogni modo, nessuno dei registi attuali è stato tanto soggetto a questa tendenza come Christopher Nolan, anzi si può dire che sia stato lui a creala nel cinema moderno, rinnegando quanto fatto agli inizi della sua carriera. Ormai da anni per Christopher Nolan creare un film, significa costruire una sorta di labirinto, una enorme costruzione in perenne mutamento, con finali tanto semplici quanto poco spesso coerenti, generando le più diverse interpretazioni.

Tutto ciò nonostante vi sia sempre stato alla base di ogni sua sceneggiatura, un lavoro di minuziosa ricerca e sperimentazione, basti pensare a quanto per Inception, egli si sia ispirato ai paradossi architettonici e alle opere di Jorge Luis Borges.
In Interstellar invece, dovendo portare sul grande schermo qualcosa di verosimile e scientificamente credibile su buchi neri, fisica quantistica e teorie della relatività, si era avvalso del supporto del fisico teorico Kip Thorne.

Thorne è stato consultato anche per Tenet, dove a farla da padrone sono universi paralleli, viaggi nel tempo e paradossi quali il “Paradosso del nonno” di René Barjavel. Il tempo è ormai l’anima dei film di Christopher Nolan: un tempo che è contenitore e contenuto, soggetto a mutamenti così radicali rispetto alla norma cinematografica, che lo spettatore sovente non può che perdersi.

Il cinema di Christopher Nolan: complesso o complicato?

La struttura dei film di Christopher Nolan è da anni connessa a virtuosismi tecnici, spettacolarità e cast di grande richiamo. Ma basta questo per compensare trame così incomprensibili? Protagonisti dallo spessore e personalità così minimali?

Sovente (e Tenet ne è la conferma) si ha l’impressione che per Nolan complesso e complicato siano la stessa cosa. In questo risiede il suo più grande difetto, che egli però ha sempre abilmente aggirato, che gli viene perdonato da un pubblico diventato sempre più grande e che ama perdersi dentro le sue opere.

Anche per questo parte della critica lo considera un regista non poi così “impegnato”, un autore certo, ma in realtà molto più mainstream e commerciale di quanto il pubblico pensi o egli voglia apparire, prigioniero di uno stile tanto potente quanto però inconcludente. Anche per questo accostarlo a registi del calibro di un Kubrick o uno Spielberg appare quantomeno incauto. Tale difetto si palesa in una scrittura che sovente si sfilaccia nel finale ed in cui l’universo femminile è davvero poco sviluppato.

Per Christopher Nolan i personaggi sono ingranaggi.

Quest’ultimo problema è stato portato alla luce già da diversi anni: nei film di Nolan le donne non sono mai protagoniste. Certo in film come Memento, Interstellar e Inception non sono mancati personaggi femminili interessanti, ma erano caratterizzati in modo oggettivamente davvero povero, si potrebbe dire anche scontato e vecchio. 

Ciò avviene perché Christopher Nolan non sicura molto dei personaggi dei suoi film, che vede come ingranaggi, meccanismi che rispondono esclusivamente alle leggi degli universi che egli crea, ad una visione del mondo e della vita in cui il libero arbitrio è solo apparente, l’umanità prigioniera.

Prigioniera degli elementi e (soprattutto) del tempo, come visto in Dunkirk, dove esso diventa il vero, assoluto Deus ex Machina, fungendo così anche da totale catalizzatore dell’attenzione dello spettatore. E Tenet non ha fatto che confermare tale atteggiamento, con una seconda parte del film che la critica ha giudicato frettolosa e poco riuscita.

Ormai per chi ama personaggi approfonditi ed appassionanti, il rifugio è la serialità televisiva. La speranza è che il cinema non commetta l’errore di pensare che la strada vincente sia solo quella tracciata dal regista londinese. Ve n’è uno di Christopher Nolan: può bastare.

Leggi anche: THE PRESTIGE di Christopher Nolan: il capolavoro

#ChristopherNolancriticafilmpersonaggiprotagonistiregiaRegistatrama