Diritto

L. n. 24/2017: nuovi profili di responsabilità medica

L. n. 24/2017: le novità in materia civile.

Nuovi profili di responsabilità medica: L. n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché’ in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.”

Il 1° aprile 2017 è entrata in vigore la L. n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli), recante nuove disposizioni in tema di sicurezza delle cure e responsabilità medio-professionale. Questa legge ha apportato diverse modifiche attinenti l’ambito del diritto civile e penale; relativamente al primo tema, modificando il tipo di responsabilità intercorrente tra paziente e medico. Relativamente al secondo tema introducendo, nel codice penale, l’art. 590 sexies.

Con queste novità si è cercato di ridurre i casi riguardanti la “medicina difensiva”, tutelando il sanitario che si accinga ad effettuare una prestazione.

Il fenomeno della medicina difensiva si è generalmente radicato in società particolarmente evolute e caratterizzate da diffuso benessere, sulla base di alcuni presupposti connessi proprio allo sviluppo socioeconomico.

Ebbene, negli ultimi decenni, si è assistito ad una vera e propria proliferazione di cause civili e penali attinenti la responsabilità medica, per errori (più o meno gravi e fondati) commessi nell’ambito della professione.

Questa proliferazione di giudizi, nel corso del tempo, ha determinato un l’incremento di comportamenti cautelativi da parte dei medici i quali hanno iniziato ad approcciare alla medicina difensiva che si distingue in positiva e negativa.

La medicina difensiva positiva si verifica quanto i sanitari pongono in essere un eccesso di prestazioni e atti diagnostici e/o terapeutici non realmente necessitati dalla situazione contingente ma ispirati solo dall’intento utilitaristico di non esposizione al rischio di un contenzioso giudiziario.

Quella negativa, invece, si verifica quando un medico professionista evita pazienti o trattamenti ad alto rischio per evitare l’esposizione ad un giudizio di malpractice medica.

Con la L. n. 24/2017 il legislatore ha tentato così di far fronte alle problematiche suesposte, sia intervenendo sul codice penale che intervenendo sui profili della responsabilità civile medica.

Il c.d. “contatto sociale”.

A tal proposito si ricorda che in tema di responsabilità civile in ambito medico l’obbligazione del medico, ancorché non fondata sul contratto, aveva comunque natura contrattuale in quanto tra medico e paziente scaturiva il c.d. “contatto sociale” (cfr. Cass. Civ. 06/9085). Ma con la legge in esame tale principio di derivazione giurisprudenziale è stato abrogato.

L’art. 7, co. 3, L. n. 24/2017, infatti, prevede che l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Nel contempo la struttura sanitaria continuerà a rispondere ex art. 1218 c.c. delle condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria, ex art. 7, co.1, L n. 24/2017.

La differenza che ne scaturisce non ha valore marginale; sia per ragioni di onere probatorio, che per ragioni di prescrizione del credito, sarà oggi più “conveniente” per il paziente in cerca di risarcimento del danno adire la struttura ospedaliera anziché, direttamente, il medico professionista.

Infatti il paziente che volesse citare in giudizio il medico singolo sarà tenuto a dimostrare l’evento dannoso, la condotta dolosa o colposa del professionista ed il nesso causale tra condotta ed evento.

Al contrario, citando in giudizio la struttura sanitaria, il paziente/attore danneggiato, dovrà limitarsi a provare l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia allegando l’inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (cfr. Cass. Civ. SS. UU. 08/577).

Tutto ciò in ragione di una “ingiustizia” del danno in re ipsa causato dall’inadempimento contrattuale, sanzionato a prescindere dalla verifica della sussistenza dell’elemento psicologico (principio della presunzione della colpa).

Prescrizione e risarcimento per fatto illecito.

In tema di prescrizione, invece, si ricorda che l’azione tesa ad ottenere il risarcimento del danno derivante da responsabilità contrattuale è soggetta al termine prescrizionale ordinario di 10 anni; viceversa, nell’ipotesi di risarcimento per fatto illecito, l’azione si prescrive nel termine di 5 anni (art. 2947 c.c.), risultando quindi più “conveniente” la strada della citazione per responsabilità contrattuale.

Prima di intraprendere l’azione legale la legge in esame, inoltre, prevede all’art. 8 una condizione di procedibilità per chiunque intenda proporre un’azione civile tesa al risarcimento del danno.

In ossequio a questa norma l’attore dovrà quindi espletare una consulenza preventiva ex art. 696 bis, c.p.c., prima di proporre la citazione dinanzi al giudice competente. In alternativa è prevista come condizione di procedibilità della domanda l’espletamento della procedura di mediazione dinanzi agli organismi conciliativi territorialmente competenti.

La ratio deflattiva è chiara: tentare di comporre bonariamente/stragiudizialmente le insorgende controversie, per far approdare dinanzi ai Tribunali il minor numero possibile di cause relative al risarcimento.

Per far fronte al notevole numero di controversie civili e per tutelare medici e strutture è ora previsto dall’art. 9 della L. n. 24/2017 l’obbligatorietà della stipula di un contratto di assicurazione.

Questo contratto dovrà essere stipulato dalle strutture sanitarie pubbliche e private per la responsabilità civile verso terzi, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo.

È poi previsto per l’esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori delle strutture sanitarie predette o che presti la sua opera all’interno delle stesse in regime libero-professionale o, ancora, che abbia stipulato un contratto con il paziente è fatto obbligo di stipulare un’assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale.

Chiude l’art. 8 in esame con l’obbligo posto a carico dell’esercente la professione medica di stipula di una polizza assicurativa per i casi di colpa grave, per coprire anche quest’infausta ipotesi.

La disposizione prevista all’art. 14 L. n. 24/2017.

Molto interessante la disposizione prevista all’art. 14 L. n. 24/2017 la quale dispone la creazione del Fondo di garanzia per i danni derivanti dalla responsabilità sanitaria. Con questa norma è previsto che le imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria versino un contributo annuale a favore del Fondo.

Il detto Fondo potrebbe rivelarsi molto utile ed il suo intervento è previsto ad esempio per i casi in cui il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione.

Le novità in materia penale.

La legge n. 24/2017 introduce anche nuovi risvolti in tema di diritto penale. Tramite l’art. 6 viene infatti introdotto nel codice penale il nuovo art. 590 sexies, riguardante la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.

Così è innanzitutto previsto che, se i reati cui agli artt. 589, 590 c.p. sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste dagli articoli del codice penale richiamati.

Tuttavia, qualora l’evento (omicidio colposo – lesioni personali colpose) si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come pubblicate ai sensi di legge oppure, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Inoltre il co. 2, art. 6, L. n. 24/2017, abroga il co. 1 dell’art. 3, D.L. n. 158/2012 (L. conv. n. 189/2012), ponendo fine alla disposizione prevista dal c.d. “decreto Balduzzi” per cui l’operatore medico che si fosse attenuto alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica, non sarebbe stato penalmente perseguibile per colpa lieve.

Si denota quindi che la nuova disposizione non opera più una differenza tra i profili colposi, agevolando il lavoro del giudice in ordine alla graduazione della colpa.

Viene così “scriminata” solo la condotta medica improntata da imperizia, ossia l’errore tecnico da parte del sanitario il quale non rispetta determinate regole tecniche, nei limiti appena descritti. Non ricevono lo stesso trattamento, invece, le condotte improntate da negligenza ed imprudenza, per le quali si è perseguibili penalmente.

Quanto alle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali ci si riporta a quanto previsto dall’art. 5, L n. 24/2017 che prevede che le stesse vengano elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e da aggiornare con cadenza  biennale.

Ma quale norma dovrebbe essere utilizzata secondo il principio del favor rei? La dottrina maggioritaria ritiene che la legge più favorevole al reo risulti essere quella precedente che escludeva la responsabilità penale non solo in merito ai casi di imperizia ma anche a quelli di negligenza ed imprudenza, purché connotati da colpa lieve.

Questa è la principale problematica attinente la legge Gelli, la quale appunto sembrerebbe non aver realizzato appieno lo scopo di garantire più certezze di non punibilità e quindi contrastare la su esposta medicina difensiva.

La nuova legge ha tentando di evitare che i medici operino nella persistente preoccupazione di ingiuste rivalse. Ma, allo stato, l’obiettivo, prevalentemente per quel che concerne i profili penali, non sembra esser stato colto appieno.

Di Fabio Troillo

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