Economia

Burocrazia: leggi e giustizia italiana

Riflessioni sulla giustizia, leggi e burocrazia italiana.

Nel testo dell’art. 41 della nostra Costituzione, è ribadito il concetto di libera iniziativa economica privata,  mettendo in risalto un’economia di mercato temperata da vincoli di natura giuridica.

Da un lato si contrasta la nascita di azioni comportanti danni alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, dall’altro si determina la programmazione (anche nel settore pubblico) della stessa attività economica a fini sociali.

Si identifica quindi la necessità di dar vita a  tre fondamentali e robusti sistemi fortemente interrelati a quello economico, ovvero i sistemi legislativo, amministrativo e giudiziario.

Il fine è quello di perseguire lo scopo di un corretto funzionamento delle imprese e dei mercati, con ovvio riflesso nella vita quotidiana della popolazione lavoratrice e non.

Burocrazia e leggi: la fattispecie italiana.

Nella fattispecie italiana, analizzando nel dettaglio la composizione ed il funzionamento dei 3° “volàno” dell’economia elencati, è deducibile un’inerzia molto forte  e svantaggiosa, la quale si porta come concausa ai vari fattori di crescita post-recessione economica al rilento, rispetto ad altri Paesi Ue ed extra-Ue.

Cominciando dal numero di provvedimenti normativi in vigore al Giugno del 2018, si attesta un numero intorno alle 111.000 unità, emanati in un periodo che va dal 1861, anno dell’Unificazione italiana. Considerando le abrogazioni, il totale della produzione normativa ammonta a circa 187.000 atti.

La direzione del settore legislativo italiano.

Nell’insieme  dei centomila ed oltre provvedimenti citati ed operativi, va aggiunta la somma dei provvedimenti dal 1970 delle singole Regioni italiane, nonché dei Comuni, delle Provincie e delle Città metropolitane, ed anche atti di secondo livello come circolari esplicative.

Il tutto è innestato poi su un ramo di dottrine e giurisprudenza formato da riviste specializzate, note a sentenza e commenti molto spesso in netta divergenza  per quanto concernono casistiche simili fra loro.

Conseguenza di ciò è un circolo vizioso controproducente di correzioni “in fieri” molto spesso ben diverse da un obbiettivo di innovazione giuridica attiva e di aderenza alle reali e disparate necessità della società civile.

Il quadro esposto rende tangibile la fitta rete di fonti giuridiche italiane a cui va aggiunta anche la legislazione di stampo europeo – per mezzo di direttive, regolamenti, decisioni, raccomandazioni e pareri -, la quale rinnova con costante apporto il materiale nazionale sia in maniera diretta che tramite la mediazione Parlamentare.

Criticità della Giustizia italiana.

Citando il rapporto del giugno 2016 della Fondazione Luigi Einaudi, la situazione in termini di efficienza, efficacia e produttività della giustizia civile italiana é alquanto critica in confronto ad altre realtà dell’Unione Europea e in genere dei Paesi Occidentali:

mancanza di personale in organico nei Tribunali, eccessiva quantità e tempi d’attesa “biblici” dei processi, fatiscenza delle strutture caratterizzano il quadro.

Anomalie riscontrate nonostante una serie di riforme volte a favorire il ricorso a procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie come la negoziazione assistita ed il trasferimento delle liti pendenti ad un collegio arbitrale su richiesta delle parti.

Statistiche sulla Giustizia.

Infatti, spostando l’analisi su due importanti indici di valutazione della giustizia come il Legatum Prosperity Index (sub-indice Governance), ed il Rule of Law Index (fattore 7), l’Italia si pone in posizioni mediocri; nel primo caso si pone al 46° posto (2017) su 149 in netto peggioramento rispetto al 2015 (42°) ed al 2012 (39°), nel secondo invece il Bel Paese si attesta ad una 52-esima piazza nel 2017-2018 su 113.

In media, una causa civile al 2016 dura oltre 1100 giorni, più del doppio della media OCSE dei paesi sviluppati, con tempistiche riguardo sentenze di fallimento  e recupero garanzie reali da parte degli istituti di credito a causa dello stesso valutate rispettivamente in 12 e 7 anni.

Paradossi e impatto sulle imprese.

Paradossalmente, analizzando il Justice Scoreboard 2017 preparato dalla Commissione europea, si puó desumere un indice di risoluzione delle cause civili e commerciali (clearancy rate) del 120%, significante non solo la chiusura del caso assegnato, ma anche una propensione a “elaborare” l’arretrato.

Ciò porta alla conclusione che i giudici e magistrati italiani sono fra i primi in Europa nella quantità di lavoro e corrobora la tesi precedentemente esposta di penuria degli stessi in proporzione alla numerosità totale dei processi.

L’apparato amministrativo-burocratico.

Il terzo nodo da scogliere della trattazione è l’apparato amministrativo-burocratico al rilento, anch’esso, come ben esplicato dal noto giurista Sabino Cassese, “…personale amministrativo spesso scelto male o non selezionato, poco motivato, impaurito dalle troppe responsabilità, per lo più capace di fronteggiare le emergenze ma non di reggere la gestione ordinaria, né di riuscire a progettare un migliore funzionamento della macchina burocratica.” (Corriere della Sera, 12 febbraio 2018).

Leggendo i dati dell’InCiSE della scuola di amministrazione pubblica dell’Università di Oxford, su un paniere di 31 Paesi di cui 22 europei  l’Italia è al 27° per efficienza burocratica: il nostro Stato esprime una valutazione pari a 20, ben lontana dall’obbiettivo decretato dall’art 97 della Carta Costituzionale che impone “il buon funzionamento” (e l’imparzialità, come si vedrà più avanti).

Burocrazia quindi solo in parte giustificata dall’eccessivo tasso di proliferazione legislativa, ma strettamente connessa a quest’ultimo problema ed a cui si aggiunge un tasso elevato di corruzione (25 esimo stato su 31 in Europa) e 54 esima posizione, a pari merito con la Slovenia, nel mondo.

In un sistema di votazione da 0 (corruzione dilagante) a 100 (corruzione nulla) la valutazione si ferma esattamente a metà per il Bel Paese, che guadagna cosi l’insufficienza, nonostante un netto miglioramento di 18 posizioni rispetto agli anni precedente.

Burocrazia: fra nuove leggi e vecchi problemi.

Merito dell’introduzione di correttivi come la legge Severino del 2012, l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia digitale, il nuovo codice sugli appalti del 2016 e la normativa whistleblowing, ma non sufficienti ancora a frenare una scarsa trasparenza del sistema partiti ed anche della pubblica amministrazione stessa.

Di contro la burocrazia è causa di ulteriori rallentamenti in primis nella realizzazione di grandi opere pubbliche, con perdita di competitività per le aziende dei territori coinvolti e rischio di infrazioni da parte delle istituzioni europee le quali contribuiscono ad erogare una buona parte dei finanziamenti coinvolti nei progetti.

Tenere il passo con i nuovi approcci dettati dal Piano nazionale Impresa 4.0 intrapreso dal Ministero dello sviluppo economico, e le sue varie declinazioni, non è sostenibile in ottica futura con le suddette articolazioni del sistema Paese italiano, poiché coinvolgono voci di costi altissime sia da parte dello Stato  e sia per le imprese, a netto svantaggio di tutti; con conseguenze deducibili in termini di perdita in competitività internazionale dal punto di vista produttivo e infrastrutturale le quali rendono vani gli sforzi perseguiti dal Piano stesso.

Soluzioni ed instaurazione di una cultura del cambiamento.

Le soluzioni possono essere pleonasticamente tratte dall’aumento degli investimenti nel rinnovare il comparto amministrativo e semplificare giustizia e legge, ma non solo: è necessario un cambiamento dal punto di vista della formazione nell’organico umano, anche prendendo spunto dalle tecniche messe in atto nel management privato e dando un taglio decisamente propenso a prevenire le problematiche rispetto ad un sistema basato sul fattore punitivo e sanzionatorio.

Si deve partire dall’interno, stimolando le buone prassi gestionali, il knowledge and smart working in ottica di polifunzionalità e condivisione della conoscenza, generazione di una gamma di valori positivi non solo egoisticamente per il funzionario pubblico ma anche per il cittadino utente, che può configurarsi anche in un’impresa.

È necessario rendere la percezione della giustizia e del servizio pubblico amministrativo come fattori di sicurezza e di equità nella vita quotidiana e di sviluppo aziendale nella vita imprenditoriale e lavorativa, invece che di elementi simili a spade di Damocle pendenti sulle sorti dei cittadini generando un’ostilità concettuale e stereotipi di inefficienza ineluttabile ed irrisolvibile.

Risulta essenziale impostare un sistema legislativo informato non tanto ad una semplificazione all’osso, deleteria per certi versi nella estrema variabilità dei casi oggetto di decisione, ma alla certezza del diritto ed alla chiarezza ed uniformità dei testi, evitando sia vuoti normativi sia una pedissequa e ridondante legiferazione per lo stesso campo, nonché situazioni di molteplicità delle definizioni: si pensi ad esempio alla nozione di impresa ed imprenditore del Diritto Commerciale.

Burocrazia: impatto sulle Pmi e sull’economia generale.

Un sistema generale cosi impostato riflette, in concomitanza con l’inizio ed il proseguimento della crisi economica, un generale calo della produttività dei fattori produttivi e delle imprese su cui agisce anche la rigidità del mercato del lavoro, l’insufficiente assorbimento di tecnologia da parte del management delle PMI, e le problematiche sopra esposte: conseguenze peggiori si sono riscontate nella riduzione degli investimenti, specialmente quelli provenienti da imprese estere.

Infatti, in base ai dati di indagine Aibi/Censis del 2016, dei fattori presi in considerazione da parte di investitori esteri, i principali sono  relativi all’analisi del carico normativo e burocratico, certezza del carico normativo, tempi della giustizia civile e carico fiscale.

Dati e valutazioni sugli investimenti.

Passando ai dati, dall’inizio della crisi stessa (2007) al 2013 l’Italia si è vista ridurre del 58% gli IDE (investimenti esteri diretti) passando dal 20 miliardi a 12 miliardi di euro, mentre nel 2015 ammontavano a 15 miliardi; cifre nettamente inferiori rispetto ai principali competitor europei come Regno Unito, Francia, Germania e Spagna, ed il cui effetto viene rimarcato nella proporzionale perdita di valore aggiunto e percentuali di crescita sul Pil.

La correlazione fra la lentezza della giustizia civile e della burocrazia, nonché del carico normativo e l’attrattività degli investimenti esteri è ben palese; seppur non da prendere come un fattore assoluto, ed incide anche sul macroeconomico e drastico decremento del risparmio delle famiglie, perdita di fiducia, riqualificazione in ribasso – da mansioni di fascia medio/alta a compiti a basso profilo tecnico -.

Burocrazia: conclusioni

La summa generale della trattazione si confà ad un cambiamento  necessario sia dall’esterno, perseguendo una politica di spending review e di riorganizzazione delle strutture preposte, ma dagli elementi interni delineati in uomini e donne, formatori e manager, giuristi e liberi professionisti, con la sicura premessa che ogni partecipante ad uno dei tre volano oggetto di discussione possa apportare un contributo in meglio.

Contributo ottenibile sfruttando il teorema dell’importanza della comunicazione nei gruppi di lavoro e della cultura specialistica immersa nella concezione di Homo polimata (dal greco polymathes, il quale assume il significato di “molto istruito”), valutata in termini di efficacia, efficienza e produttività per mezzo di score di performance che garantiscano comunque un certo grado di indipendenza.

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