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Manzoni e Coronavirus: spunti di riflessione

Manzoni e Coronavirus fra la letteratura italiana e realtà.

Manzoni. Cognome che per gli addetti ai lavori umanistici basta ed avanza. Per gli studenti, salvo rare eccezioni, un difficile ed ennesimo autore da affrontare. Coronavirus. Parola che da inizio Gennaio domina le nostre menti e le nostre coscienze. Per alcuni è una vivida realtà sulla propria pelle, per altri un lontano avvenimento considerato come remoto, se non impossibile da concepire.

Perché le ho associate?

Sabato 22 Febbraio, è un tranquillo sabato di sole, qui in Puglia. Un sole bello tiepido e quasi primaverile, anomalo per certi versi. D’altronde non piove da un mese e mezzo abbondante in piena stagione fredda ed invernale, ma questa è un’altra storia.

Decidiamo di organizzare una grigliata fra amici, in una villetta di campagna nell’agro di Carovigno. No, cari lettori, non è l’inizio di una storia horror. Non ci saranno assassini, fughe, il classico ragazzo spaccone che muore per primo, la coppietta che alla fine si fidanza. Qui ha inizio un viaggio nella letteratura italiana.

Lo spunto di riflessione.

Nel mentre della preparazione al convivio (sto pensando proprio a Dante in questo momento), in cui è necessario assicurarsi della corretta gestione della spesa e dell’organizzazione del fuoco, arrivano le prime notizie che ormai bombardano la nostra quotidianità. Bollettini confusi, che all’inizio passano inosservati ed hanno il sentore della fake-news. Quasi non ne diamo peso.

Il famigerato coronavirus ha contagiato i primi concittadini e si sta diffondendo sul territorio italiano. Il sabato dopo, ovvero il momento in cui scrivo questo “pezzo” (29 Febbraio) è ormai l’argomento quotidiano di ognuno di noi. Con questo “noi” intendo i 60 milioni di Italiani, e non più la nostra piccola comitiva riunita a scaldarsi intorno al fuoco.

La settimana è stata ricca di eventi, come sappiamo. Assalti ai supermercati , timori, falsi allarmi, meme sui social, fake-news, insulti a destra e manca contro le autorità. Si muore, non si muore, si guarisce, mortalità bassa o alta. È poco più di un’influenza, è una polmonite che ti porta in Rianimazione. Epidemia si, pandemia no, e viceversa. Paziente 0, paziente 1.

Un nuovo vocabolario per gli italiani.

Disinfettanti venduti a prezzi da capogiro, mascherine introvabili, tamponi positivi e negativi, contagiati, guariti, quarantena, Oms. Spallanzani, Wuhan e Codogno. Quest’ultimo che da piccolo paesino del Lodigiano sconosciuto ai più è diventato quasi come la D di Domodossola, ovvero conosciuto per un solo motivo.

Queste frasi hanno dominato, dominano e domineranno nelle prossime settimane o mesi le nostre vite. Ma per ora, torniamo alla bella grigliata organizzata ed ai squisiti tagli di carne scelti da degustare. Mi piace fare paragoni ed osservazioni. Ed infatti, nel tragitto verso la suddetta villa estiva, noto con un filo di nostalgia fra il serio ed il faceto che siamo in una situazione simile alla notissima opera di Boccaccio, il Decameron.

Inizio del viaggio.

Ecco l’inizio del viaggio fra i bellissimi capolavori della letteratura italiana. Bè, il lampante confronto, più volte citato dai media, è quello con il Manzoni ed innanzitutto i suoi celeberrimi capitoli dedicati alla peste dei Promessi Sposi. Ho riletto questi splendidi capitoli, e come suggerito anche dal preside del liceo Volta di Milano, in una bellissima lettera pubblicata sul Corriere della Sera (vedi qui), sono spaventosamente attuali.

Analizziamoli brevemente e confrontiamoli con l’attuale situazione odierna. Il Manzoni esordisce rendendo noto al lettore delle notizie confusionarie, imprecise e spesso errate riportate dalle fonti coeve alla peste del 1630 di Milano, nonché delle frequenti omissioni dei fatti. Non fa eccezione nemmeno la relazione di Giuseppe Ripamonti, assunta come principale riferimento.

Inoltre, sottolinea sempre Manzoni, nessuno storico ha intrapreso nei periodi successivi un lavoro di ricostruzione dei fatti preciso ed ordinato. Anzi, l’autore riferisce che lui stesso è il primo ad occuparsene, seppure invitando il lettore ad una visione diretta delle stesse relazioni del XVII secolo.

Questo perché quelle fonti seicentesche, nonostante le già menzionate imperfezioni,  “troppo che forza viva, propria “. Il lavoro manzoniano, dunque, si prefigge a spiegare ed a esporre, per quanto possibile, le versioni dei fatti più vicine alla realtà, comprese le loro ragioni ed i loro avvicendamenti cronologici.

In questo incipit io ci vedo tutto il calderone di notizie sui vari mass media attuali. Attenzione, non parlo solo di giornali e siti online. Catene di Sant’Antonio su WhatsApp, presunte ricette artigianali di disinfettanti, discutibili diagnosi polmonari fai da te. E chi più ne abbia più ne metta. Sinceramente parlando, il bilancio  in termini di informazione superficiale, allarmistica e contradditoria è molto pesante.

Come verrà storicizzata in un ipotetico futuro questa serie di eventi?

Manzoni continua nella sua narrazione. Il popolo inizia a credere nella diffusione della peste da parte di presunti untori, rei di spargere sostanze venefiche per le mura della città e nel suo simbolo principale, il Duomo. Qui precipitano gli eventi. Le persone sono prese da paura, psicosi ed allarme, lo straniero in città è visto con sospetto ed addirittura denunciato al Tribunale di Sanità.

I medici ed i magistrati sono malvisti, aggrediti verbalmente e fisicamente. Celebre è la caccia ai presunti untori: un vecchio intento a pregare in chiesa e un gruppo di francesi in contemplazione del Duomo. Vengono diffuse dicerie sulle presunte cause della peste: ovvero come strumento creato per generare profitto per i sanitari coinvolti. Oppure come azioni di vendetta patrocinate da illustri personaggi per i più svariati motivi.

In molti addirittura assumono un atteggiamento negazionista. Gli ultimi dubbi sono poi sciolti nella famosa e macabra sfilata del carro con sopra i cadaveri di un’intera famiglia morta di peste. Ho lievemente riassunto le vicende, anche per favorire la riflessione su queste dure pagine. Mi sento di affermare tranquillamente che il Manzoni abbia descritto il meccanismo attuale delle teorie del complotto e fake news ante litteram.

E rivedo nelle pagine manzoniane gli stessi atteggiamenti di sfiducia nell’autorità, prima sferrati per strada, ora su Instagram o Facebook. Certo, questo mio tentativo di paragonare le trame narrative di un romanzo ottocentesco, basato su eventi del seicento, con le attuali vicende del duemila, potrebbe sembrare forzato. Ma i tratti di fondo comune sono contraddistinti da mancanza di cultura medica e scetticismo nella  scienza, comprensibili nel XVII ma non nel XXI.

Qualche mia opinione.

Ne ho sentite di cotte e di crude in questi giorni dunque, e mi stupisco di come i miei due volumi delle Garzantine sulla medicina non abbiano preso fuoco per l’indignazione. Un’altra opera di Manzoni che ho riletto è stato Storia della colonna infame. Manzoni qui delinea il processo perpetrato nei confronti degli untori, condannati  alla pena di morte e ricordati con la costruzione di una colonna sopra le macerie della casa di uno degli imputati.

Infatti, come pena accessoria, l’abitazione del barbiere Gian Giacomo Mora viene rasa al suolo. Il giudizio di Manzoni è eloquente: ingiustizia infierita allo scopo di trovare un capro espiatorio per accondiscendenza all’opinione pubblica e non per ricercare la verità fattuale. Fatti che, nell’economia del discorso, ricordano in maniera impressionante l’ingiustificato ed odioso assalto alla comunità cinese presente in Italia in questo momento. A proposito, di assalti, come non citare quello al forno delle Grucce? Non ricorda nulla di questa settimana?

Conclusioni.

La Milano deserta, insieme ai reportage provenienti dai piccoli centri abitati in quarantena del Basso lodigiano, mi fanno ricordare gli avvenimenti di qualche capitolo dopo, il XXXIV. Qui Renzo attraverso una Milano per l’appunto desolata sotto un cielo plumbeo, al fine di ritrovare la sua Lucia.

Nel suo peregrinare, dapprima incontra un passante che, in risposta alla richiesta di indicazioni per la casa di Don Ferrante, gli brandisce un bastone acuminato. Dopodiché, giunto non senza difficoltà nei pressi della casa del notabile, rischia il linciaggio della folla. In entrambe le occasioni, le motivazioni di tale aggressività risiede nel fatto che è stato scambiato per un untore.

Il riferimento con queste vicende è palese, ed è sempre riferito agli episodi di violenza occorsi a cittadini asiatici o di origine asiatica, accusati in maniera ignobile di diffondere il coronavirus. Insomma, sono loro i presunti nuovi untori, a detta di un manipolo di ignoranti. Qui finisce il mio racconto, e torniamo tutti a casa da questo “ridotto” (tanto per citare le faccende di Don Rodrigo). Nell’addormentarmi, ripenso ai racconti che ci siamo scambiati noi ragazzi davanti ad un fuoco lento.

Non certo tanto elaborati come quelli presenti nelle varie novelle delle pagine del Boccaccio, né tanto leggeri e spensierati. Nessun Re o Regina designati della giornata, nessun particolare tema da seguire. Solo racconti di sogni, speranze, opinioni di un gruppo di ragazzi, in una fredda serata di fine inverno.

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