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Value Proposition Canvas: i caratteri essenziali

Value Proposition Canvas: come si evolve il Business Model Canvas.

Il Value Proposition Canvas è uno strumento di Business Design che integra ed espande il Business Model Canvas. Precisamente, il Value Proposition Canvas, agisce nel collegamento fra i blocchi “Proposte di Valore” e “Segmenti di Clientela”.

Il Value Proposition Canvas viene introdotto nel libro del 2014: ” Value Proposition Design. Come creare prodotti e servizi che i clienti desiderano” . A. Osterwalder, Y. Pigneur, G. Bernarda, A. Smith .Edizioni LSWR.

La struttura del Value Proposition Canvas.

Il Value Proposition Canvas rispecchia fedelmente la filosofia di fondo del Business Model Canvas.

Infatti, ne condivide la stessa struttura a blocchi ed emisferi e l’usabilità attraverso spazi bianchi su cui si possono scrivere appunti od attaccare biglietti – previa stampa in grandi dimensioni -.

Viene ribadita la modalità di lettura e creazione “itinerante”, a tutto vantaggio della comunicazione e del confronto di idee nel team.

Al seguente link, si può trovare lo schema dei creatori.

Il Value Proposition Canvas è formato da 6 blocchi, ripartiti fra due figure geometriche che assumono il ruolo degli emisferi.

Una prima figura è un cerchio, che rappresenta il Profilo del Cliente.

La seconda è un quadrato, che indica la Mappa del valore.

Il Profilo del Cliente.

I tre blocchi qui inseriti hanno l’obbiettivo di apprendere e valutare gli elementi distintivi dei segmenti di clientela selezionati.

In altre parole, immedesimarsi nella figura del cliente stesso.

In ordine, si definiscono i:

  1. Jobs To Be Done (JTBD) – l’insieme di tutti i fabbisogni, problemi e compiti che i clienti vogliono, rispettivamente, soddisfare, risolvere e completare;
  2. Pain – sono le difficoltà di vario tipo che i clienti incontrano nel JTBD, come insoddisfazioni, rischi ed ostacoli, che rendono gli obbiettivi da raggiungere più faticosi;
  3. Gain – sono le aspettative del cliente sui prodotti/servizi, attraverso i  benefici ed i vantaggi di quest’ultimi.

Ogni blocco distingue il proprio punto di vista in tre modi, ovvero funzionale, sociale ed emozionale. La sfera funzionale concerne la fruibilità operativa del prodotto/servizio.

L’ambito sociale pone l’attenzione sul rapporto fra il cliente e la sua immagine pubblica, a differenza della sfera emozionale, che tocca lo spazio privato e della riflessione sulla propria persona.

È opportuno associare ad ogni profilo del cliente uno ed uno solo segmento di clientela. Si evita cosi una generalizzazione forzata, poiché ogni segmento di clientela ha una propria singola proposta di valore.

Inoltre, per sfruttare a pieno regime le potenzialità, si raccomanda l’utilizzo di sostantivi per identificare le difficoltà ed i vantaggi, e di verbi per esplicitare i Jobs To Be Done.

La Mappa del Valore.

I restanti tre blocchi sono utilizzati per descrivere l’insieme dei prodotti e servizi che creano valore per i segmenti di clientela, che preventivamente sono stati oggetto di analisi:

  1. Prodotti/servizi – tangibili (es: un cellulare), intangibili (es: una consulenza), digitalizzati (es: check- in aeroportuale), finanziari (es: polizze assicurative e fondi pensione);
  2. Pain reliever – riduttori di difficoltà, ovvero particolarità del prodotto/servizio ideali per risolvere i problemi e le difficoltà individuati nel blocco 2);
  3. Gain creator­ – generatori di vantaggi, ovvero le peculiarità del prodotto/servizio che permettono al cliente di usufruire dei suoi benefici, aumentandone l’esperienza di utilizzo e la gratificazione.

Le modalità di utilizzo del Value Proposition Canvas.

Nel percorso di costruzione, il primo passo è la compilazione del Cerchio “Profilo del Cliente”, partendo dai JTBD, passando per i Pain ed infine i Gain.

Il secondo passaggio è la redazione del Quadrato “Mappa del Valore”, cominciando dai Prodotti e Servizi, attraversando i Pain reliever e concludendo con i Gain creator.

Terzo punto, testare lo schema così proposto assumendo un campione statistico relativamente ampio.

Ciò al fine di ottenere informazioni in quantità discreta e quanto più precise ed attendibili possibili.

Quarto step da affrontare: migliorare, eliminando o modificando le informazioni inesatte, riprogettando lo schema adottato dove sono state rilevate delle carenze.

La metodologia del Value Proposition Canvas.

L’obbiettivo finale del Value Proposition Canvas è, come facilmente intuibile, la creazione di prodotti e servizi che i segmenti di clientela desiderano.

In altre parole, intendere le Proposte di valore come strumento di contatto fra l’impresa ed i clienti.

È importante, per un buono uso dello schema proposto, collegare in maniera appropriata fra loro le voci inserite nei blocchi. Precisamente, i JTBD dovrebbero esser quanto più coerenti e sovrapponibili possibile con i Prodotti e Servizi, cosi come Pain con i Pain-reliever, ed i Gain con i Gain-Creator.

Questo approccio rispecchia, nella filosofia esposta dal suo creatore, un modo per interfacciarsi più fedelmente alla mentalità ed al comportamento del cliente.

I Limiti del Business Model Canvas. 

L’intero modello del Business Model Canvas, e per conoscenza, del Value Proposition Canvas, è stato apprezzato ed adottato dalle start- up di tutto il mondo. Nonostante ciò, è stato oggetto di critiche che hanno posto in evidenza alcuni limiti operativi.

Ash Maurya (2012) ha sottolineato come nel BMC non venga esplicitato il confronto con la concorrenza e non venga attuata la definizione di obbiettivi strategici.

Ancora, il Business Model Canvas non è sufficientemente utile a valutare sia i contenuti strategici complessi, sia gli scostamenti fra prestazioni attese e quelle raggiunte effettivamente.

Altri autori di spessore internazionale (Demil e Lecocq, 2010, a titolo di esempio) ne ribadiscono i limiti in un contesto dominato da mercati imprevedibili, incerti e costituiti da un certo grado di complessità dinamica.

Quest’ultime caratteristiche comportano la necessità, in capo all’imprenditore, di saper porre in essere nuove strategie emergenti.

Inoltre, esso deve poter dar vita a nuove idee e scelte di innovazione , in ottica delle opportunità offerte dai mercati. Tutto ciò – evidenziano gli autori – mal si concilia con l’approccio statico del Business Model Canvas.

Un’altra critica rivolta al Business Model Canvas riguarda l’assenza di una prospettiva sistemica. In poche parole, non sono messe chiaramente in luce le relazioni causali fra gli elementi inseriti nei vari blocchi costitutivi dello schema.

Quindi, non è considerato l’impatto delle reciproche influenze fra le variabili in gioco, in caso di cambiamenti quali-quantitativi. Tutto ciò depone negativamente a sfavore anche nei processi dell’apprendimento strategico e nella conoscenza delle dinamiche d’impresa.

Le evoluzioni recenti del Business Model Canvas.

Questi limiti appena esposti non impattano sulla portata generale del modello, che resta altamente innovativo ed analizzato nel mondo accademico.

Essi necessitano perlopiù di correttivi che ne trasformino la natura da statica a dinamica. Ciò avviene tramite l’implementazione della metodologia System Dynamics.

Questa particolare prospettiva modellizza e simula le azioni di sistemi fisici e sociali complessi. Lo scopo è quello di estrapolare poi delle strategie per la gestione ed il cambiamento degli stessi.

Dunque, si giunge ad ottenere come risultato finale un nuovo schema, il c.d. Dynamic Business Model Canvas. Con lo scopo di approfondire ulteriormente il suddetto aspetto, l’Autore esporrà in futuro, sul presente magazine, un lavoro dedicato a quest’ultima tipologia di modello di Business.

Bibliografia e sitografia.

Il Dynamic Business Model: una prospettiva dinamica per la progettazione dei Modelli di Business di Federico Cosenz, Guido Noto (2018).

https://strategyzer.com/

https://www.businessmodelcanvas.it/business-model-canvas/

Per approfondimenti dell’Autore: Il Business Plan e La Balanced Score Card.

Leggi anche: Il Business Model Canvas nella cultura d’impresa

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