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Tassa sui robot: sarebbe opportuno introdurla?

Tassa sui robot.

In una recente intervista, il fondatore di Microsoft Bill Gates ha suggerito l’introduzione di un sistema di tassazione per i robot. Il tycoon ha anticipato che nei prossimi 20 anni i robot sostituiranno gli uomini in gran parte dei lavori.

Tassandoli sarà possibile rallentare il processo di automatizzazione e i fondi raccolti potrebbero essere utilizzati per riqualificare e sostenere finanziariamente i lavoratori dismessi che, potrebbero poi confluire in nuovi settori dove il lavoro umano sarà sempre richiesto, come nella sanità o nell’educazione.

Se qualcuno immaginava che l’impiego dei robot avrebbe alleviato le fatiche del genere umano, il quale ne avrebbe poi goduto i frutti, ha fatto male i conti.

I benefici derivanti dal suddetto processo sarebbero stati raccolti quasi esclusivamente dai proprietari/datori di lavoro grazie alla significativa riduzione dei costi di produzione.

In prima analisi:

  • l’impatto sociale della robotizzazione dell’economia si tradurrebbe in un aumento della disoccupazione;
  • nel rischio di obsolescenza di intere categorie di lavoratori;
  • e in una conseguente significativa diminuzione delle entrati fiscali di un Paese.

Al giorno d’oggi, i robot possono eseguire operazioni di chirurgia, guidare automobili ed effettuare consegne a domicilio.

Immaginiamo un operaio in una fabbrica, il cui lavoro è retribuito per 30.000 Euro l’anno. Quel salario verrà tassato per ottenere l’imposta sul reddito, i contributi previdenziali etc. Immaginiamo ora che questo lavoratore dovesse venire sostituito da un robot. Sarebbe lecito aspettarsi che tale robot sia sottoposto ad analogo trattamento fiscale?

Le argomentazioni a favore del si a questa domanda si fondano sul concetto che ogniqualvolta vengono tagliati dei costi si sta creando di conseguenza un surplus. Bene, è sempre socialmente accettabile tassare un surplus.

Moduli fiscali sui robot

Tuttavia, pare cosa poco plausibile quella di munire i robot di moduli fiscali da compilare e presentare alle varie agenzie delle entrate. Una tassazione diretta sui robot non sembra essere la risposta.

Avrebbe poco senso, infatti, penalizzare l’innovazione tecnologica che aumenta la produttività e accresce la ricchezza. In realtà, qualora un Paese avanzato avesse un costo per l’automazione troppo elevato, vedrebbe i suoi poli di produzione delocalizzarsi pian piano verso quelle giurisdizioni che godono di salari più bassi.

Aldilà di questo, l’evidenza empirica sembra suggerire che l’automazione dei computer sta attualmente aumentando l’occupazione nella maggior parte dei settori. Pertanto, tassare i robot significa rallentare la crescita del mercato del lavoro e limitare le opportunità economiche a livello mondiale.

Più esattamente, l’automazione porterà senz’altro una perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero, nelle operazioni di magazzino e nella guida di veicoli. Ma l’impatto globale, nella maggior parte dei settori, sarà quello di aumentare l’occupazione.

Anche se, il ritmo dei progressi nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale potrebbe accelerare. Nei prossimi decenni l’impatto di tale cambiamento (ossia se genererà o diminuirà posti di lavoro) dipenderà non dalla tecnologia bensì dalla domanda.

Quello su cui Bill Gates ha assolutamente ragione è il fatto che molti lavoratori vedranno i loro lavori diventare obsoleti; necessiteranno, quindi, di acquisire nuove competenze per sopravvivere nel mercato del lavoro.

Questo è il punto cui il dibattito dovrebbe concentrarsi: assegnare fondi per la riqualificazione dei lavoratori e supportarli durante la loro transizione da un lavoro ad un altro.

Allo stesso tempo studiare un piano a lungo termine per fare in modo che i benefici dell’automazione, derivante dall’uso dei robot, possano essere usufruiti dall’intera collettività e non solo dai padroni, che tagliano i costi di produzione.

Una società in cui i robot lavorano e l’uomo ne gode indistintamente i benefici sembra uno scenario tanto utopico quanto alla portata di una sfida generazionale che ci vedrà coinvolti, nei prossimi decenni, in quella che sarà a, detta di tanti, la quarta rivoluzione industriale della storia dell’uomo.

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