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L’invito: intervista all’autore Marco Rassu

Marco Rassu racconta il suo “Invito” alla lettura.

Marco Rassu è uno scrittore da sempre, nella misura in cui ha costantemente scritto nella sua vita. Nella vita è ingegnere e surfista, ha intrapreso numerosi viaggi. Solo di recente ha deciso di pubblicare il suo primo libro, un breve romanzo che s’intitola L’invito. La particolarità di questo lavoro sta nel fatto che sia totalmente costituito da conversazioni tra vari personaggi che si confrontano su concetti fondamentali della vita.

Oltre a scrivere, Marco Rassu è molto vicino al mondo dell’editoria e in particolare si preoccupa per la condizione di autori emergenti. Per questo, ha deciso di creare una casa editrice per gli autori emergenti, la 42book. Marco Rassu è anche co-creatore del corso Revo Book Master.

Ha creato una nuova casa editrice per autori emergenti, la 42book. Come è nato questo progetto?  

La 42book nasce dall’idea di dare uno strumento utile a chiunque abbia ottimi contenuti e valore da dare ma poca esperienza nel settore editoriale. 

Si parla spesso di quanto gli emergenti siano sottovalutati e in difficoltà nel mercato editoriale. Quanto serve un progetto simile in questo periodo? Cosa ne pensa del mondo dell’editoria attuale? 

Nel 2021 sono sempre di più le persone che pubblicano in conseguenza della nascita di numerose piattaforme online (Amazon è una delle più famose) che oggi permettono agevolmente a chiunque di bypassare le case editrici e quindi processi complicati e spesso destinati a pochi eletti. Ciò vuol dire che ovviamente, in mancanza di un filtro, la qualità dei testi pubblicati sarà mediamente inferiore. La cosa è aggravata dalla sempre più presente pseudo-formazione online che spaccia da anni il self publishing come business profittevole, concepito sulla messa in rete di libretti fatti scrivere da sedicenti ghost writers in grado di assemblare contenuti copiati dal web e fonti varie.

D’altronde è anche vero che esiste un pregiudizio di fondo verso il cosiddetto autore emergente, una sorta di “nonnismo editoriale” che guarda dall’alto in basso il presunto novellino. Niente di più sbagliato, a mio parere. Leggo da una vita e potrei citare decine di libri di autori affermati che, se pur scritti e revisionati alla perfezione, mi hanno lasciato un vuoto cosmico post lettura. Scrivere bene è una cosa, trasmettere valore puro è tutt’altro. Le case editrici non sono delle onlus, bensì delle vere e proprie imprese che per forza di conti devono fare determinati ragionamenti, un po’ come le case discografiche.

Ciò vuol dire che chiunque abbia un buon seguito sui social o venga dalla tv o abbia un minimo di notorietà potrà essere sicuro al 100% di poter pubblicare qualsiasi cosa gli venga in mente, il risultato per ovvie ragioni sarà scontato. Mi spiego: se Chiara Ferragni scrive un libro è un successo garantito, al di là del valore dei contenuti. Le case editrici sono una sorta di talent scout che basano le loro scelte su personaggi interessanti e su argomenti che abbiano domanda di mercato, è del tutto normale.

Chiaramente non voglio fare di tutta un’erba un fascio. Io, insieme al mio socio Pietro, ho creato un corso di auto editoria professionale (Revo Book Master) che vuole essere da lanterna nella notte per tutti coloro abbiano voglia di auto-pubblicarsi apprendendo tutte quelle strategie e strumenti che poi sono gli stessi utilizzati dalle grandi case editrici per rendere best seller gran parte dei loro libri. Le piattaforme online (purtroppo) funzionano con precisi algoritmi e se si vuole vendere e monetizzare è necessario conoscere tutti questi meccanismi. Tuttavia, la condizione necessaria è realizzare un libro di valore e non. scrivere giusto per scrivere!

“L’invito” è un breve romanzo con una struttura particolare, ricalca quella del dialogo. Un genere che nella nostra cultura ha avuto grande fortuna. Come le è venuta questa idea? 

L’Invito è un libretto che viene fuori dal cuore e non nasce per vendere. Non ho programmato, organizzato, studiato, non mi sono messo nella testa del lettore, semplicemente ho scritto. Inoltre, da sempre e che piaccia o meno, io scrivo esattamente come parlo! Non sono fondamentalmente per la scrittura come esercizio letterario, bensì per una scrittura tesa a trasmettere qualcosa, che si tratti di informazioni, di emozioni, di fantasia o di qualunque altro tipo di valore.

Nel libro ci sono personaggi tutti diversi che conversano tra loro, è possibile individuare dei “tipi”, persone che sicuramente abbiamo conosciuto. Nel surfista è possibile riconoscere una sorta di suo alter ego, è così? Come nasce questo personaggio? 

In realtà nel mio libro non ci sono dei veri e propri personaggi, intendo costruiti e con un’anima a se stante. Questo è stato anche oggetto di critica talvolta. Invece il mio intento era semplicemente quello di presentare stereotipi che rilasciassero luoghi comuni che potessero fungere da input al surfista, l’unico personaggio invece reale del libro! Perché dietro i luoghi comuni si nascondono talvolta le più grandi verità, un po’ come i proverbi. Eh sì, il surfista sono esattamente io, nessun alter ego ma Marco Rassu in persona.

Gli altri personaggi sono ispirati a qualcuno o qualcosa in particolare? 

Probabilmente, a livello inconscio, alcuni di essi erano frutto delle tante conoscenze durante i miei lunghi viaggi.

La vera protagonista della vicenda è la parola: ognuno esprime se stesso, le proprie esperienze e convinzioni attraverso la conversazione. Per questo il testo è molto poco descrittivo e più dialogico. È uno stile che ha ereditato da qualcuno? Quali sono i suoi scrittori preferiti? 

Per essere sincero, quando scrivo questo tipo di libri, vado a istinto. Come ho già detto scrivo come parlo e questo è semplicemente il mio stile, nessuna eredità. I miei scrittori preferiti? Agatha Christie e Italo Calvino!

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