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Richiedenti asilo e accoglienza migranti: la lezione impartita da Israele

Richiedenti asilo e accoglienza migranti. 

Israele dà “lezioni” di accoglienza con i migranti: o torni a casa o vai in galera. Lo stato di Israele ha recentemente raggiunto accordi, i cui dettagli sono segreti, con due Paesi africani (in molti ritengono si tratti di Ruanda e Uganda) in materia di gestione dei richiedenti asilo ed immigrazione.

Sulla base della nuova “Procedura per l’espulsione verso Paesi terzi”, entrata in vigore nel gennaio 2018, coloro che accettano di lasciare il Paese ricevono 3.500 dollari ed un biglietto aereo verso il Paese di origine o un non precisato Paese terzo.
Cifra curiosamente vicina a quella utile per “guadagnarsi” la traversata della morte tra Libia ed Europa, gestita dalle organizzazioni criminali di Tripoli. Chi, invece, rifiuta rischia ragionevolmente la detenzione a tempo indeterminato nelle carceri israeliane.

Il governo ebraico sostiene che la nuova procedura agevoli le “partenze volontarie” dei cosiddetti “infiltrati”. L’epiteto “volontario” risulta inopportuno proprio perché gli interessati sono messi con le spalle al muro, senza l’effettiva possibilità di scegliere tra la partenza ed il carcere.

Gli infiltrati , secondo le autorità israeliane, sono soggetti di sesso maschile provenienti da Paesi poverissimi come Eritrea e Sudan e che devono lasciare il medio-oriente entro la fine dell’estate. Una discriminazione razziale e sessuale nemmeno tanto celata dallo Stato ebraico.

La Procedura per l’espulsione.

La “Procedura per l’espulsione verso paesi terzi” si basa sulla premessa che l’espellendo non abbia mai chiesto asilo o abbia vissuto irregolarmente nel Paese o, ancora, l’abbia chiesto senza ottenerlo.

La politica israeliana di espellere richiedenti asilo provenienti dall’Africa verso due non specificati Paesi africani è un’abdicazione alle responsabilità nei confronti dei richiedenti asilo e un tipico esempio di quelle misure crudeli che stanno alimentando la “crisi globale dei rifugiati.

Lo ha dichiarato Amnesty International mentre la Corte suprema israeliana sta valutando la legittimità della politica adottata dal governo Netanyahu.

Il governo israeliano non ha fornito dettagli sugli accordi, compresi i nomi dei Paesi terzi con cui lo ha sottoscritto, ritenendo che queste informazioni siano confidenziali e potenzialmente dannose per la reputazione internazionale di Israele.

Ruanda e Uganda negano, dal canto loro non solo la presenza di richiedenti asilo provenienti da Israele ma anche l’esistenza stessa di accordi, venendo meno in questo modo a qualsiasi obbligo nei confronti dei richiedenti asilo che eventualmente approderanno nei loro territori.

Il Principio di non respingimento.

Per il diritto internazionale, gli accordi tra Israele e i due paesi africani quali che siano, sono incontrovertibilmente illegali in quanto violano il principio di non respingimento.

La Corte suprema israeliana ha correttamente evidenziato che la natura segreta degli accordi impedisce ai richiedenti asilo di avere protezione legale e di ricorrere avverso un provvedimento di espulsione.

Nonostante ciò, molte delle persone da espellere non avranno altra scelta che rimettersi in viaggio, questa volta attraverso la Libia, e cercare di entrare in Europa attraverso il pericoloso viaggio nel Mediterraneo. Proprio quest’ultima rotta è salita recentemente e prepotentemente alla ribalta delle cronache nazionali, vista la drammatica situazione che gli stati di primo approdo, tra cui l’Italia, devono affrontare.

Questa politica pone i richiedenti asilo in una posizione estremamente vulnerabile:

rischiano di essere rimandati nel paese di origine e non possono ricorrere contro Israele o il paese terzo ricevente, ha sottolineato, direttore delle ricerche di Amnesty International sul Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Il grande paradosso di Israele?

Israele è uno dei paesi del Medio Oriente più prosperi e in salute, vantando un prodotto interno lordo tra i più elevati del mondo. Basta pensare che il PIL di Israele è 50 volte superiore a quello del Ruanda e 55 a quello dell’Uganda.

Il Ruanda, a dispetto delle grandi difficoltà politiche e finanziarie in cui versa, ospita un numero di rifugiati almeno triplo rispetto a quelli in carico ad Israele mentre il numero dei rifugiati ospitati in Uganda è di 20 volte superiore a quello israeliano.

Richiedenti asilo.

Israele, come fanno molte altre nazioni che ne hanno i mezzi, ha la responsabilità di rispondere alla crisi globale dei rifugiati accogliendo richiedenti asilo che cercano disperatamente un luogo dove vivere. È da non credere che le autorità israeliane ora stiano delegando tale responsabilità a Paesi che hanno assai minori mezzi e che accolgono già una larga porzione di rifugiati”, ha aggiunto Luther.

La percentuale di approvazione di domande d’asilo di eritrei e sudanesi è estremamente bassa: meno dello 0,5%. Su 15.200 richieste presentate tra il 2013 e il 2017, ne sono state accolte solo 12.

Nell’ultimo decennio, Israele ha riconosciuto come rifugiati solo lo 0,1% dei richiedenti asilo eritrei.

In confronto, nel 2016 la percentuale di domande accolte dai paesi dell’Unione europea è stata del 92,5%. Un distacco abissale, che dimostra come le politiche migratorie israeliane siano gravemente discriminatorie, in violazione delle linee guida dettate dall’UNHCR e dagli organismi internazionali.

Il Governo di Israele.

Il governo israeliano deve sospendere immediatamente le espulsioni di richiedenti asilo eritrei e sudanesi verso il Ruanda e l’Uganda e garantire loro l’accesso a una procedura equa ed efficace, per determinare l’eventuale sussistenza dello status di rifugiato. Nel frattempo, i governi dei due Paesi africani dovrebbero sospendere ogni forma di cooperazione in materia col governo israeliano.

La dignità umana e la salvezza delle vite non hanno prezzo, né tantomeno possono liquidarsi con un biglietto aereo verso l’inferno ed una modica cifra pecuniaria. Le autorità israeliane devono sapere che il mondo sta osservando, indignato, il loro palese disprezzo per la vita umana, la dignità e la responsabilità nei confronti della comunità globale.

Dopo tutto cosa aspettarsi da uno Stato “coniato” nel 1948 da Gran Bretagna e Stati Uniti, estesosi negli anni a furia di guerre con i Paesi limitrofi, completamente avulso dal punto di vista culturale e storico rispetto al contesto medio-orientale, che da decenni perpetra crimini di guerra nei confronti del popolo palestinese, in particolare su Gaza.

Nel terzo millennio ci sono ancora Stati che pensano di potersi comprare la dignità della vita umana per poche migliaia di euro. E cosa ancor più grave è che queste prassi vergognose vengano ignorate dalla stampa occidentale, troppo occupate ad incensare lo Stato ebraico come “l’unica vera democrazia del medio-oriente”.

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