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Dentro una realtà sempre più virtuale

La realtà virtuale sta prendendo sempre di più il posto della vita reale.

“Nell’era dell’informatica indossiamo la nostra umanità come una pelle. Viviamo una realtà sempre più virtuale”: così il sociologo Marshall McLuhan parlava delle nuove tecnologie negli anni Novanta. Insieme a lui anche Derrick de Kerckhove nel testo: “La pelle della cultura, Un’indagine sulla nuova realtà elettronica”.

Pubblicato agli albori della cosiddetta civiltà elettronica, il testo prospetta che le tecnologie sono destinate a cambiare la realtà quotidiana. In un periodo in cui peraltro l’era tecnologica era solo ipotizzata e senza immaginare le vere conseguenze del processo appena iniziato. Questo ci fa riflettere anche su quali siano le ragioni di una diffusione così smisurata delle tecnologie nelle nostre abitudini quotidiane.

Gli scenari apocalittici dei film di fantascienza si avvicinano oggi sempre più alla nostra vita. L’uomo cyborg che veniva intuito nei libri o nei film fantasy è oggi quasi una realtà concreta. Stiamo diventando avatar digitali a causa degli strumenti tecnologici che costellano la nostra vita quotidiana.

Cosa si cela dietro la diffusione di dispositivi tecnologici in un determinato periodo storico piuttosto che in un altro e perché proprio ora?

Se ci pensiamo bene, alcune tecnologie si sono specializzate e raffinate negli anni mentre alcune hanno fatto immediatamente presa sul pubblico, andando a cambiare o modificare in alcuni casi lo stile di vita. Stupisce credere che già negli anni Settanta iniziarono a diffondersi i primi fax. La televisione esisteva già nel 1928, ma dovettero passare dei decenni prima che vivesse il suo boom.

È quella che McLuhan chiama la narcosi di Narciso.

Secondo lui, le tecnologie non sono altro che giocattoli con i quali ci identifichiamo narcisisticamente che rappresentano estensioni quasi fisiche dei nostri bisogni. Non solo, secondo il sociologo, i dispositivi elettronici agiscono anche sui sensi, arrivando quasi a “bucare” il sistema nervoso degli utenti, penetrandolo e modificandolo. In questo modo modificano la percezione della nostra realtà, portando la dimensione virtuale in quella reale.

Quali sono i meccanismi che fanno leva sulla diffusione della realtà virtuale?

Questo avviene direttamente attraverso la vista e l’udito, ma anche con il tatto. Pensiamo a come la robotica e la telepresenza, a cui ormai siamo tutti assuefatti, ci portano a proiettare la coscienza fuori dal corpo, per la prima volta nella storia dell’umanità. Stessa cosa con la televisione e i computer.

Questi hanno spostato l’elaborazione delle informazioni su schermi che si trovano davanti e non dietro ai nostri occhi. Dietro la diffusione pervasiva delle tecnologie c’è dunque un effetto di modifica del sistema cerebrale e di influenza sui meccanismi neuronali.

E che dire delle forme di intrattenimento che tengono i bambini per ore durante il giorno, imprigionati davanti agli schermi dei videogiochi, magari alle prese con battaglie apocalittiche in cui vivono una seconda identità.

Cambiare le skin su Fortnite o giocare la partita di pallone sul nuovo  Fifa2021 diventa un modo di esprimere la propria realtà lontano da quello che esiste nel cosiddetto mondo reale, ma non solo.

Gli effetti sul cervello umano delle nuove tecnologie.

Esiste quello che gli psicologi chiamano effetto flow, ovvero di totale coinvolgimento. Il flow, unito al tempo di esposizione allo strumento è in grado di modellare il cervello e agire sulle emozioni. Per non parlare dell’uso della ormai diffusissima realtà virtuale. Grazie a un visore di realtà che permette di immergersi e trasportarsi in ambienti reali e immaginari, come se fossero veri.

Indossando HTC Vive, Oculus Rift o Google Cardboard, dal divano di casa, posso vivere l’esperienza di un viaggio in posti lontanissimi oppure vedere le ere preistoriche o combattere una battaglia come in Star Wars.

Alcuni dati sul consumo dei dispositivi di realtà virtuale.

Si tratta di un meccanismo che difficilmente si fermerà: secondo i dati raccolti dall’IIDEA in Italia, il settore dei videogiochi è quello più in salute. Gli introiti crescono, infatti, di anno in anno. Nel 2019 si aggirava intorno ai 1 miliardo e 787 milioni di euro con un incremento dell’1,7% rispetto all’anno precedente.

Anche le cifre sugli utenti sono elevatissime: l’uso di videogiochi coinvolge 17 milioni di italiani nella fascia d’età tra i 6 e i 64 anni, con una sostanziale parità di sessi. Ma sta crescendo esponenzialmente nelle fasce d’età tra gli 11 e i 24 anni. Il dato più importante riguarda le ore giornaliere di esposizione di circa 7,4 ore giornaliere. In sostanza, il gaming sia diventato parte integrante e totalizzante della quotidianità, in un gioco in cui si perde spesso il confine tra la realtà e la virtualità.

Di Eugenia Porro.

Vedi anche: I confini della realtà virtuale e il rischio della alienazione 

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