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Jonathan Galindo: la nuova minaccia della rete ha il volto di Pippo

Jonathan Galindo: la maschera nera di Pippo.

Si tratta di un fenomeno molto diffuso negli Stati Uniti, che si sta estendendo anche in Europa. Ha le sembianze simili a quelle di Pippo della Walt Disney ma deformate da un ghigno, da un sorriso sinistro. Questo il volto di Jonathan Galindo, o sarebbe più esatto dire la maschera dietro cui si celano più individui. Attraverso le piattaforme social Jonathan Galindo chiede l’amicizia ai giovanissimi e li invita a giocare con lui.

Ai ragazzi propone sfide di coraggio sempre più ardite che culminano con atti di autolesionismo. Come ad esempio praticarsi delle incisioni sulla pancia con una lama affilata. L’esordio sarebbe quasi sempre lo stesso: “Vuoi fare un gioco?”

Una dinamica che ricorda molto quella del Blue Whale. E ci sarebbe proprio questo nuovo pericoloso gioco dietro il suicidio del bambino di 11 anni di Napoli, che si è ucciso, lo scorso 30 settembre,  gettandosi dal balcone di casa. Il piccolo ha lasciato ai genitori un biglietto, prima di compiere il gesto, in cui diceva di dover “seguire l’uomo con il cappuccio”. «Mamma, papà vi amo. Devo seguire l’uomo col cappuccio nero, non ho più tempo. Perdonatemi.»

Questo messaggio ha ingenerato negli inquirenti il sospetto che il bambino potrebbe essere stato vittima di un gioco mortale. E’ in corso una indagine della Procura di Napoli, che coinvolge anche la Polizia postale. L’ipotesi di reato sulla quale si muovono gli inquirenti è quella della istigazione al suicidio.

«I genitori non abdichino al ruolo di adulto perché non si sentono bravi con la tecnologia. La Rete non va demonizzata: ma girano video di una violenza pazzesca, anche nelle chat di ragazzi» Nunzia Ciardi, direttore della Polizia Postale.

Gli inquirenti hanno sequestrato tutti i dispositivi elettronici in grado di collegarsi ad internet che erano in possesso del bambino.

Ma cosa rappresenta Jonathan Galindo?

Si tratta di un individuo che indossa una maschera di Pippo ma in versione horror. La maschera di Jonathan Galindo è stata realizzata da Samuel Catnipnik, un produttore di effetti speciali cinematografici, nel 2012. La più famosa tra le maschere create da Catnipnik è Larry LeGeuff, che diventerà il volto sinistro di Jonathan Galindo. Ma la figura di Catnipnik non ha nulla a che vedere con il pericoloso gioco online. Probabilmente dietro ai tanti profili creati però si nasconde un’unica persona. 

Il primo account risale al 2017. Il rinnovato interesse per Galindo si deve al suo successo su TikTok di un utente registrato nell’autunno 2019 come jonathangalindo54.

Da qui  gli account con nomi simili si sono moltiplicati. Ma il successo di Jonathan Galindo diventa planetario quando un influencer messicano di nome Carlos Name, con circa 1.700.000 followers su Instagram, rilancia la storia del “Pippo umano”, dicendo di averlo visto appostato di notte fuori dalla sua casa sua. La sfida social, quindi, si diffonde dagli Usa al Messico, India, Vietnam, Spagna e Brasile e poi è approdata in Italia.

Le emulazioni dell’account originale.

Sembra probabile che la notorietà di questo profilo finto abbia spinto altri soggetti a emulare le azioni dell’account originale, portando così alla nascita di numerosi Jonathan Galindo. Anche il modus operandi sarebbe sempre lo stesso in tutti i Paesi. Sono sempre gli adolescenti, tra gli 11 e i 13 anni, a venire contattati sui social, in particolare su Instagram, TikTok e Facebook. 

Quando Jonathan Galindo viene in contatto con le sue prede invia un link, servendosi del servizio di messaggistica delle app. Poi da inizio al gioco che prevede sfide di coraggio che sfociano in atti autolesionistici. Gli altri mostri del web

Jonathan Galindo non è stato l’unico mostro del web.

Prima di lui c’è stato Slender Man, una sorta di «uomo nero» che, nel 2014, avrebbe convinto due ragazzine di 12 anni del Wisconsin ad accoltellare una loro compagna di scuola, che fortunatamente non è rimasta uccisa. Dopo c’è stato Momo, una scultura realizzata dall’artista Keisuke Aizawa, che però, nel 2018, aveva invaso l’applicazione WhatsApp di numerosi utenti. Chi non avesse a sua volta inoltrato il messaggio sarebbe stato vittima di una maledizione da parte di Momo.

La cronaca, non solo in Italia, è densa di feroci atti di cyberbullismo che nel corso gli anni hanno dimostrato di poter avere conseguenze devastanti sulle giovani vittime. Adesso più che mai è necessario non lasciare sole le famiglie. Conoscere i pericoli del web significa riconoscerli e comprenderne la portata e fondamentale è il ruolo della Polizia Postale  soprattutto sul piano della prevenzione

Il mondo del web e dei social ha le sue attrattive ma, come tutti gli ambienti, nasconde rischi e individui con cattive intenzioni. La soluzione non è certo quella di privare i bambini dell’accesso al web. E’ necessario però accompagnarli passo dopo passo e soprattutto insegnare loro a condividere con i genitori le loro paure e soprattutto avvisarli immediatamente nel caso in cui venissero avvicinati da qualcuno in rete.

Sicuramente con un atteggiamento troppo restrittivo si potrebbe ottenere  l’effetto opposto ovvero  ricercare quello che si vieta al di fuori del proprio nucleo familiare. Magari l’adescamento in rete potrebbe avvenire a casa di un amico mentre si studia e in questo caso i genitori non avrebbero alcuna possibilità di controllo.

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