Pinocchio: ma siamo proprio convinti che sia una favola?

Pinocchio: C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. “C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare […]

Gennaio 2020
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Pinocchio: C'era una volta... – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.

Pinocchio: C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. “C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.”

Era l’anno 1883 quando viene pubblicato Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Il libro di Carlo Collodi sarà un successo strepitoso. Viene tradotto in 240 lingue, gli dedicano saggi e film. Pinocchio è una favola e come tale ha una sua morale. Ma siamo poi  proprio tanto convinti che si tratti di una favola? Perché in realtà Pinocchio, una favola, non lo è affatto. Rappresenta piuttosto il viaggio che ogni singolo individuo compie per conquistare la sua umanità. Il percorso di un individuo, che burattino degli eventi e del destino, deve affrontare per raggiungere la sua dignità di uomo.

Ma in Pinocchio c’è anche un elemento fantastico, rappresentato da quel ciocco di legno che urla quando viene piallato, da quel naso che si allunga a dismisura quando dice una bugia, e da quella fata, che pur trasformandosi, rimane sempre turchina. E Pinocchio, oltre che i lettori di ogni età, ha sempre affascinato anche il cinema.

Dà vita  a diverse trasposizioni, sul grande e piccolo schermo, dalla fantascienza all’horror, e continua a generarne: nel 2021, su Netflix, ci sarà  una versione animata in stop-motion a cura di Guillermo del Toro, ambientata in Italia durante il ventennio fascista, e la Disney sta allestendo un rifacimento in live-action del proprio classico d’animazione. Tra i tanti ci sono dieci titoli particolarmente significativi che vanno dal 1940 a oggi e che hanno come protagonista il famoso burattino di legno.

L’opera più famosa di Pinocchio.

Sicuramente l’opera più famosa è il Pinocchio del 1940, uno dei classici di Disney più amati di sempre. La sua uscita fu però un flop, perché viene proiettato quando infuria la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1971 con Un burattino di nome Pinocchio è l’italiano Giuliano Cenci che realizza un lungometraggio molto fedele al testo originale e che si avvale persino della consulenza degli eredi di Collodi e riceve la loro approvazione.

Il lavoro di Cenci si avvicina molto al libro, e usa l’escamotage di una copia cartacea, letta dal narratore, per ovviare alle poche omissioni presenti nel lungometraggio. Purtroppo per una disputa legata ai diritti di autore non è più possibile vedere il lavoro di Cenci poiché il DVD è fuori catalogo dal 2015. E chi non ricorda Le avventure di Pinocchio, del 1972, la trasposizione televisiva del libro diretta da Luigi Comencini.

Nelle cinque ore a disposizione, il regista si cimenta con i diversi episodi del libro con fare ossequioso, ma con un occhio di riguardo alle logiche drammaturgiche del medium catodico. Di tutto riguardo il cast, tra cui  ricordiamo Nino Manfredi nel ruolo di Geppetto e Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nei panni del Gatto e della Volpe.

E sapete che esiste una versione di Pinocchio in chiave horror?

In realtà Bad Pinocchio, ovvero Pinocchio’s Revenge in inglese, non ha nulla a che vedere con la creatura di Collodi, ed è una copia del franchise della bambola assassina. Il Pinocchio in questa versione, diretta da Kevin Tenney, appartiene a un defunto serial killer, e viene regalato a una bambina i cui comportamenti diventano sempre più strani. Nello stesso anno di Bad Pinocchio arriva nelle sale Le straordinarie avventure di Pinocchio, un’altra trasposizione americana.

Bella la sceneggiatura che cerca di avvicinarsi quanto più è possibile alla struttura del romanzo collodiano. Notevole sul piano tecnico l’ottimo lavoro fatto dal Jim Henson’s Creature Shop, che ha creato il pupazzo Animatronic usato per dare vita al protagonista. E memorabile resta l’interpretazione di Geppetto di Martin Landau, e quella di Udo Kier nel ruolo di Lorenzini, villain che combina le caratteristiche di Mangiafuoco, dell’Omino di Burro e del Pescecane.

Pinocchio e Steven Spielberg.

Anche se ufficialmente si tratterebbe di un adattamento di un racconto di Brian Aldiss, A.I. – Intelligenza artificiale il film del 2001 di Steven Spielberg, partorito dalla mente  di Stanley Kubrick è in realtà una rilettura fantascientifica del testo di Collodi.

Qui il robot David, interpretato da Haley Joel Osment, il piccolo protagonista del film Il sesto senso, ispirato proprio dalla conoscenza del romanzo, decide di partire alla ricerca della Fata Turchina per diventare un bambino vero. E il suo viaggio, nel film, non è  poi molto diverso da quello immaginato da Collodi nel libro.

Pinocchio di Benigni.

Ai tempi della sua uscita, l’anno 2002, è stato considerato come il film italiano più costoso di sempre, il kolossal  Pinocchio firmato Roberto Benigni. Accompagnato da grandi aspettative, in realtà si è rivelato un flop.

Perché? Il doppiaggio viene considerato pessimo per il mercato USA e il film invece dell’Oscar, porta a casa il Razzie per il peggior attore protagonista, condiviso da Benigni e dalla sua voce americana Breckin Meyer. Nel 2004 è ancora una volta fantascienza: Pinocchio 3000, ambientato in un mondo dove umani e robot vivono in armonia.

Il film è degno di nota per due motivi: l’animazione digitale e il suo messaggio ambientalista, in quanto il villain di turno, doppiato in inglese da Malcolm McDowell, crea un parco divertimenti, che rappresenta l’equivalente futuristico del Paese dei Balocchi, proprio  per distrarre i bambini che protestano contro la distruzione delle piante.

Nel 2012, ancora una volta in Italia, viene realizzata una versione animata curata da Enzo D’Alò. Il film viene presentato alla Mostra di Venezia ed  è piuttosto fedele al testo originale, anche se alcune delle omissioni classiche come Mastro Ciliegia sono presenti anche in questa versione.

Pinocchio e Lucio Dalla.

Questa versione è memorabile anche grazie al contributo di Lucio Dalla, scomparso pochi mesi prima del debutto veneziano della pellicola. Dalla nel film di D’Alò è presente in una duplice veste: autore delle musiche e della canzone finale e doppiatore del Pescatore Verde. E per ultimo, nel 2019, è uscito nel periodo natalizio, il film di Matteo Garrone, un vero e proprio kolossal all’italiana.

Cast di prim’ordine: Rocco Papaleo, Gigi Proietti, Massimo Ceccherini, Marcello Fonte e, nei panni di Geppetto, Roberto Benigni.

Il progetto del film ha un respiro internazionale. Infatti, tra le case di produzione c’è la francese Le Pacte, con la partecipazione dell’inglese Jeremy Thomas, mentre le musiche sono affidate a Dario Marianelli, pisano di nascita,  ma attivo soprattutto in ambito anglosassone. Dalla grande attenzione riservata al libro di Collodi, dal mondo del cinema si ricava che è sbagliato pensare che le pagine di Collodi siano destinate solo ai bambini.

La trasformazione di Pinocchio rappresenta invece il cammino ideale verso la valorizzazione della personalità umana. La verità è che Pinocchio, quello di legno, rappresenta un burattino nelle mani del mondo, di un sistema che opprime, ancorato alla paralisi della conservazione e delle consuetudini. Ma Pinocchio in carne ed ossa è tutta un’altra cosa. E’ un essere umano che ha trovato la sua strada, che lascia alle spalle il passato e affronta a viso aperto il futuro.

Diventa indipendente, può scegliere tra il bene e il male e non ha più bisogno di tutori e consigli. E forse Collodi, con la trasformazione di Pinocchio da burattino in essere umano, ha creato il primo autentico uomo moderno. E il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?

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