Dedicata: di Claudio Marini

DEDICATA di Claudio Marini: Mostra a cura di Italo Bergantini e Gianluca Marziani. Romberg Contemporary Art Gallery, Viale Le Corbusier Latina dall’8 aprile al 27 maggio Dai cantori popolari che per tradizione s’avvalevano delle illustrazioni per descrivere la tragedia, la tribulazione: la guerra! fino a giungere alla più raffinata letteratura coadiuvata dalle immagini d’artista. Il […]

Marzo 2018
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Claudio Marini: Opera - 200x150 cm., telo di lino, smalto, acrilico, tempera. Foto di Emanuela Sambucci.

DEDICATA di Claudio Marini: Mostra a cura di Italo Bergantini e Gianluca Marziani.

Romberg Contemporary Art Gallery,

Viale Le Corbusier

Latina dall’8 aprile al 27 maggio

Dai cantori popolari che per tradizione s’avvalevano delle illustrazioni per descrivere la tragedia, la tribulazione: la guerra! fino a giungere alla più raffinata letteratura coadiuvata dalle immagini d’artista.

Il tema ereditato dalla storia ha sempre lo stesso registro e tristemente sempre attuale, contemporaneo, nelle modalità e contingenze; dai racconti classici di Erodoto di Alicarnasso alle imprese belliche di Caio Giulio Cesare; dalle strategie del drammaturgo e politico rinascimentale Niccolò Machiavelli allo scrittore e giornalista statunitense Ernest Hemingway è argomento quanto mai indagato.

Si tratta di narrazioni che come un riverbero ci riportano luoghi, misura, memoria. Tra queste preziosi sono i ricordi dei nostri scrittori partigiani del ‘900: Italo Calvino, Carlo Cassola, Beppe Fenoglio, Primo Levi. Ma, numerosi sono anche i contributi di uomini più semplici, forse meno noti e talvolta anonimi, di certo sono anime accomunate dallo stesso destino consumato sui campi di battaglia.

Uomini affamati di pace e di libertà, che affidano i loro pensieri alle candide pagine di un diario, o incisi alle pareti devastate di un rifugio di fortuna nell’imminenza di un “hic et nunc”. E nella emergenza il diario o la superficie su cui imprimere quei caratteri e segni restituisce all’uomo la dignità, il valore dell’essere, suscitando il conscio desiderio d’evasione e azzerare lo scempio insinuato nelle coscienze.

Dunque scrivere diviene un’esigenza spirituale necessaria,  fosse anche solo l’ultimo dei nostri istanti, se questo riesce a salvarci dalla gabbia della paura, del tempo, della disperazione, financo della guerra, per consegnare ai posteri una perla di umanità.

Quando mezzo secolo dopo il diario scritto da un uomo semplice scivola fortunosamente nelle mani di un attore e regista brillante come Gian Maria Volonté, allora quelle pagine ingiallite divengono un autentico capolavoro.

Ispirato dal diario del sacerdote Italo Mario Laracca nasce l’opera teatrale “Tra le rovine di Velletri” – Appunti di un anno di guerra: 1943/1944. Descrizione minuziosa e straziante dei bombardamenti avvenuti nella città.

Nel 1993 Gian Maria Volonté muove i passi giusti per realizzare l’opera letteraria in teatro, e si affida per l’importante scenografia all’artista Claudio Marini: già pittore di nutrita stima nell’eloquente esplorazione dell’Arte Informale materica e segnica.

Se Gian Maria Volonté è l’”attore”, Claudio Marini è il “pittore”!

Come la filosofia c’insegna: “Ut pictura, poesis”!

L’artista Marini, a cui non difetta la sensibilità, coglie il senso profondo dell’opera, e crea suggestive atmosfere di guerra. Il suo contributo sarà determinante e di notevole impegno poiché l’intera rappresentazione si svolge sulla imponente scalinata esterna del Palazzo Comunale di Velletri, progettato dal Vignola nel 1570.

La peculiarità della location è avvalorata anche dall’eleganza minimalista della scenografia.

Sono 10 Teli altissimi (12 e 14 metri – larghi 240 centimetri) che s’innalzano come stendardi carezzando la facciata dell’edificio e fanno da contrappunto verticale e cromatico alla staticità della scalinata.

Disposti in larghezza (56 metri) intervallati, ritmati, cadenzati, richiamano simbolicamente l’attenzione all’unicità dell’intervento pittorico. Due dei 10 Teli vengono posti ai lati estremi; essi sono total blue ed hanno la funzione di convogliare l’attenzione al dinamismo dei teli centrali. Sembra vogliano contenere il dramma, confinarlo, circoscriverlo.

Nella simmetrica disposizione l’apoteosi è affidata ai due Teli centrali, esuberanti protagonisti su cui Marini imprime indelebile il lirismo segnico-arcaico dei nomi delle città martiri di violenze: dall’Europa all’Africa, da Auschwitz a Leningrado, dal Giappone alla Libia.

Opera – 200×150 cm., telo di lino, smalto, acrilico, tempera. Foto di Emanuela Sambucci.

E nell’astrazione del fondo, fra le trincee di bianco e nero, convulse eruzioni di grigio s’ammassano come macerie negli scenari devastati. E precipita irrimediabilmente sulla nebbiosa distesa di rovine il dripping di smalto rosso, pulsante “sanguinis”, e fili materici debordanti come vene trascinate oltre quei teli.

Opera – 200×150 cm., telo di lino, smalto, acrilico, tempera. Foto di Emanuela Sambucci.

L’inquietante presenza del rosso s’aggrava allorquando scandisce le lettere, una ad una, che compongono quei nomi delle città in conflitto. E l’”essere umano”, metafisica presenza, trasfigurato dall’esplosione di una granata o dalla barbarie della guerra, ricrea nel nostro immaginario la scarnificazione impietosa.

Sorprendente e potente l’epilogo scenografico alla sommità del cornicione della facciata.

Una fascia orizzontale che si estende lungo 6 soli Teli coi colori dell’arcobaleno: la “Bandiera della pace”!

Opera – 200×150 cm., telo di lino, smalto, acrilico, tempera. Foto di Emanuela Sambucci.

Auspicio salvifico di quelle civiltà morenti coinvolte in guerre di religione, ideologiche, geografiche, o vittime di regimi dittatoriali. La rappresentazione teatrale di Gian Maria Volonté “Tra le rovine di Velletri” fu portata in scena 4 sere di seguito nel luglio 1994, e il successo fu tale che la stampa ne parlò diffusamente.

Dopo solo 5 mesi dal quel luglio Gian Maria Volonté viene a mancare, e il ricordo di quella esperienza rimase ancora più intensa. A Claudio Marini rimangono tanti ricordi, e fra i più cari l’amicizia con Gian Maria.

Ciclicamente torna a quei momenti e a quel lavoro sui “Teli” ormai avvolti e conservati nel buio silente di una stanza. Forse rimasti ad incubare le gesta. Forse a decantare in attesa che l’artista elabori pensieri e idee.

E nuovi pensieri, maturati a distanza, si ripresentano come opportunità; e per ricordare i 20 anni dalla scomparsa di Gian Maria Volonté viene rimessa in piedi l’opera teatrale “Tra le rovine di Velletri” nel luglio 2014.

Finalmente i Teli dormienti vengono spiegati come vele a navigare; l’artista ritrova intatti solo i due centrali, mentre tutti gli altri sono andati perduti; pertanto decide di riproporre i Teli centrali senza intervenirci arbitrariamente, e gli altri otto vengono nuovamente realizzati.

Spiega l’artista: “A distanza di 20 anni dalla morte di Gian Maria riproponemmo l’opera per ricordare il regista. I Teli centrali ben conservati li ho volutamente rimettere al centro, mentre ho dovuto rifare tutti i laterali andati perduti; ovviamente erano passati 20 anni e con una maggiore consapevolezza e sicurezza ho agito sulle superfici rispetto alla prima esperienza in cui forse ci vai con una certa timidezza.

Dopo averli realizzati a terra, vedevo che alcune parti degli striscioni erano potenti, fortemente evocativi, allora ho pensato di scattare delle foto di quei particolari. 

Durante il trascorrere del tempo, altri tre anni dall’ultima rappresentazione teatrale, quelle immagini mi tornavano spesso in mente temendo che quei particolari potessero andare perduti, finché un bel giorno decido di riprendere quei teli e man mano che li srotolavo rivedevo quei fotogrammi, e risentivo le stesse suggestive emozioni di allora.

Senza indugio li ho tagliati, scegliendo l’inquadratura giusta, e li ho applicati su dei tamburati. Incollati su di una base di 2 metri di larghezza e 150 di altezza; e senza intervenirci sopra, lasciandoli così come erano al tempo, con le stesse suggestioni che suscitavano, ne ho estrapolate 40 parti di cui ne ho scelte 20”.

Claudio Marini s’interroga.

Claudio Marini s’interroga, riflette e ri-torna con equilibrio ad agire sul suo precedente lavoro, e lo trasforma, le dà un connotato estetico rinnovato: diviene altro!

Si potrebbe pensare a Claudio come a un nomade dell’arte, che riesce a trasporre stimoli, pulsioni, slanci nell’elegante peregrinazione della sua materica indagine. Nella coraggiosa metamorfosi ci offre spunti di un logos trasfigurato di cui si spoglia del soverchio per giungere all’essenza, sofisticata sintesi di una transumanza concettuale e spirituale.

Focus della mostra di Claudio Marini alla Galleria Romberg, sono le opere sorte da quei Teli scenografici che conservano l’integrità simbolica e pittorica ma, assumono significati altri nel rigore dell’inquadratura. E l’appellativo ne fa il punctum e ne contempla il valore dei contenuti: “Dedicata”.

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