Sanremo 2021: il meglio ed il peggio del Festival

A distanza di due giorni dall’ultima serata del Festival di Sanremo 2021, arriva qualche considerazione. Il Festival di Sanremo 2021 si è concluso con la serata del 6 marzo. Nonostante le difficoltà di quest’anno, che hanno messo il bavaglio alla musica e all’arte, dopo mesi vacillanti, anche stavolta l’Ariston è tornato a suonare. Senza pubblico, […]

Marzo 2021
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A distanza di due giorni dall'ultima serata del Festival di Sanremo 2021, arriva qualche considerazione.

A distanza di due giorni dall’ultima serata del Festival di Sanremo 2021, arriva qualche considerazione.

Il Festival di Sanremo 2021 si è concluso con la serata del 6 marzo. Nonostante le difficoltà di quest’anno, che hanno messo il bavaglio alla musica e all’arte, dopo mesi vacillanti, anche stavolta l’Ariston è tornato a suonare. Senza pubblico, con continui tamponi, con le giuste distanze, ma ce l’abbiamo fatta. Il Festival però non è solo musica: è messaggi positivi, ma anche polemica; è moda, gossip e, mai come quest’anno, sarà perché alle 22 eravamo tutti a casa, è social, tremendamente social.

La Musica di Sanremo 2021.

La scelta che, già dalla scorsa edizione, ha contraddistinto il Festival di Amadeus, quest’anno è stata ancora più decisa: svecchiare la lista dei concorrenti in gara e portare sul palco uno specchio del mondo musicale contemporaneo. Grazie, Amadeus. Aldilà delle polemiche e dello spaesamento dei più anziani, che aspettavano i fantasmi dei festival passati, la 71esima edizione, in fatto di musica, ha lasciato tutti a bocca aperta. Nel bene o nel male.

Sicuramente questo Festival suonava diverso, rispetto a quelli a cui la Rai ci ha da sempre abituato. Molto più indie, molto più esplicito e provocatorio, a tratti forse anche osé, ma comunque, sempre al passo con i tempi. La vetrina di Sanremo ha esposto al pubblico splendidi artisti, poco noti agli addicted, ma campioni di ascolti tra i giovanissimi.

Sul podio i Maneskin, molto più maturi, con il loro graffiante sound rock che avevamo già amato ad XFactor. A seguire il duo rodato Michielin-Fedez, travolto dalla polemica sulla repentina scalata della classifica, che in molti hanno attribuito ai milioni di followers dei Ferragnez. Vero o no, il voto spettava al pubblico, followers è solo la maniera moderna per dirlo. Terzo Ermal Meta, con la voce più conforme alle sonorità classiche del Festival, non è una novità, ma mette d’accordo i veterani di Sanremo.

Le novità.

All’Ariston le novità fioccavano come mazzi di fiori. Oggetto di polemica anche quest’ultimi, si è parlato addirittura di “Rivoluzione dei fiori”. Sarebbe bene darli, indistintamente, a donne e uomini, in questo clima di inclusione ed uguaglianza che, più o meno, si cercava di ottenere al Festival. Siamo a Sanremo, ne abbiamo tanti, diamoli a tutti.

Le novità: dall’amore complice dei Coma_Cose a Fulminacci, col suo cantautorato italiano, che ben ricorda le atmosfere magiche di Brunori Sas; dai freschissimi Colapesce e Dimartino, premiati dalla stampa, con quelle sonorità retrò tipiche degli anni ’80, alla splendida voce de La Rappresentante di lista. La giovane Madame con il premio per il miglior testo e i più conosciuti Arisa, Noemi, Renga e Gazzè. Unica nota d’altri tempi: Orietta Berti, che dopo 29 anni torna all’Ariston, in punta di piedi, con discrezione e tenerezza.

Sicuramente quest’anno abbiamo capito che la musica italiana non si ferma al pop, ma che c’è un mondo enorme e meraviglioso, che al Festival non era ancora entrato.

Non mancava neanche la vecchia guardia di Sanremo, stavolta non in gara ma ospite. Presente il terzetto Leali-Cinquetti-Bella, anche Umberto Tozzi e l’elegantissima Ornella Vanoni, in coppia con Gabbani. Sul palco poi l’intramontabile Loredana Bertè, che, con la sua chioma blu, ha lanciato il suo urlo contro la violenza sulle donne; poi Zarrillo, Fogli e Vallesi. Un giusto equilibrio quindi, tra tradizione ed innovazione. In barba alla polemica contro un Festival troppo giovane.

I presentatori.

Non mancava nessuno, o quasi. Al fianco del padrone di casa Amadeus, l’inseparabile Fiorello, quest’anno più logorroico del solito, con un umorismo un po’ legnoso, ma voglio pensare che la pandemia mi abbia reso più seria, e non che Fiore abbia perso il suo smalto brillante. In ogni caso, la coppia Ama-Fiore era quanto mai affiatata e complice. Inserito nella conduzione Ibrahimović, che dallo stadio arriva al palco, senza un senso ben specificato.

Ultima, ma non per importanza, presenza fissa al Festival di Sanremo: Achille Lauro. Quest’anno, con i suoi quadri che viaggiavano nella musica e nelle epoche, Lauro ha portato all’Ariston, con il suo modo eccentrico e caricato, messaggi forti, ma evidentemente, non chiari a tutti. Arte, sessualità, rispetto, il mondo vessato dell’arte e le critiche che lo feriscono fino a farlo sanguinare. Una parte del pubblico è scioccata, l’altra si dice già abituata a questo suo modo di esprimersi. Lauro, a mio avviso, rimane un’anima profonda. Se dite che vi ricorda Renato Zero, a me sembra un complimento.

Qualcosa mancava.

Cosa mancava, quindi, in questo Sanremo 2021, così camaleontico e capace di abbracciare presente e passato, tanto da rubarci il sonno fino a notte inoltrata? Un posto fisso al femminile. Abbiamo amato Elodie, splendida con la sua grinta e la sua umilissima fragilità; abbiamo apprezzato le innate doti attoriali di Matilda DeAngelis, reduce dall’esperienza americana di The Undoing.

E ancora l’insostituibile giornalista Giovanna Botteri, l’eccellente direttore d’orchestra Beatrice Venezi, la meravigliosa cantate e attrice Serena Rossi e la giovane modella Vittoria Ceretti. Forse zoppicante è stata, invece, la giornalista Barbara Palombelli che, seppur con le migliori intenzioni, ha portato sul palco un monologo un po’ equivoco. Tutte splendide, tutte all’altezza, ma nessuna fissa. Parafrasando il brano di Arisa, si poteva fare di più. Un mazzo di fiori agli uomini ed un posto nella conduzione ad una donna. Ci riproveremo il prossimo anno.

In ogni caso, il Festival è stato una boccata d’aria fresca per il pubblico, un immenso impegno per il direttore artistico ed una grande soddisfazione per tutti i 26 cantanti in gara, che da tempo non facevano musica dal vivo. Non si è respirata l’aria pesante della pandemia, tanto da avere quasi l’impressione che il tempo si fosse fermato per un attimo. Forse è un bene, forse è un male, ma come si dice: Sanremo è Sanremo.

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