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Mercati e BCE a un mese dalla emergenza Coronavirus

luci accese sui mercati e sulla BCE, cosa succede e cosa potrebbe succedere

A un mese dal paziente zero e dall’emergenza Coronavirus: luci accese sui mercati e sulla BCE, cosa succede e cosa potrebbe succedere. E salvarci.

E’ passato un mese dal paziente zero e dall’inizio dell’emergenza Covid19: ci si chiede se ci sarà una ripresa economica per il nostro Paese, così duramente colpito, e per tutta l’Europa, piegata almeno quanto l’Italia. La domanda sembra prematura adesso in questa fase dell’epidemia, in questo tempo sospeso e cristallizzato. 

Certo è che il primo obiettivo resta superare questa dura fase transitoria e la nostra riconoscenza deve indirizzarsi a tutti gli operatori che si stanno dedicando a questa grave emergenza sanitaria: dai medici, agli infermieri, ma anche a tutti i coloro che continuano ad assicurare le attività quotidiane e a tenere in vita il sistema.

Del sistema e delle prospettive economiche, “Sole24ore” alla mano, e un caffè fatto in casa, con una videochiamata su Skype, ne abbiamo parlato con Vincenzo Tarantini, già Consulente IT ERP – CS&G Industry Retail presso Accenture Spa di Milano e già Project Manager presso Vrana d.o.o. Biograd na Moru – Dalmatia in  Croazia, nonché assessore al Bilancio presso il Comune di Ginosa, in provincia di Taranto.  

«Non è possibile fare una reale previsione di dove stiamo andando in termini economici, quanti e quali saranno i reali danni sul sistema: soprattutto perché non abbiamo un arco temporale preciso in cui tutto sarà archiviato – ha spiegato Tarantini –  certo, abbiamo delle stime per codice Adeco, l’iva, che ci permette di avere una piccola visione, ma non abbiamo la sfera di cristallo.

Senza contare che dobbiamo fare i conti con l’effetto domino: oggi ad esempio sono chiusi i ristoranti e possiamo immaginare che le cantine non si stiano svuotando; se tra una settimana si riprendesse (ipotesi assurda), i ristoratori certo non piazzerebbero subito l’ordine ai grossisti di vino in quanto non si è consumato nulla perchè ha ancora del “vecchio”».

Ci sono settori al collasso e altri che stanno ingranando molto in termini di fatturato. Pensiamo alle aziende farmaceutiche e di distribuzione del farmaco (basti pensare agli integratori di vitamina C), le fabbriche di detersivi, disinfettanti, mascherine chirurgiche. 

«Pensiamo a certe catene che producono cibo a domicilio: e che hanno inventato menù specifici per essere trasportati anche più lontano, o a chi gestisce le piattaforme di e-learning – ha spiegato Tarantini – Quindi siamo ancora nella nebulosa: per quanto l’Europa, che prima era per molti solo materiale di slogan o di politiche anti-euro, abbia assunto “il comando” in termini economici e non solo, questa emergenza ci sta mettendo nella condizione di capire che le nostre dinamiche economiche e sociali sono strettamente collegate ai meccanismi europei».

L’Europa ha fatto ricorso alla clausola secondo cui non verranno più rispettati (per adesso) i Patti di Stabilità, poiché in presenza di eventi eccezionali già contemplati dal dispositivo del Patto di stabilità, al pari degli effetti di una grave recessione, quindi eventi che sfuggono dalle normali attività di gestione dei singoli Stati.

Ora toccherà ai ministri finanziari. In virtù della doppia riunione Eurogruppo/Ecofin dello scorso 16 e 17 marzo si dovrebbe sancire l’ok. Si pensa all’arma della spesa pubblica in deficit per aiutare le imprese che stanno “capitolando”, pensiamo ai trasporti o al turismo, oltre che sul potenziamento dei sistemi sanitari nazionali. 

Quando cesserà l’emergenza, si tornerà al normale percorso di convergenza verso gli obiettivi programmati, ma al momento nessuno è in grado di prevedere quando tutto ciò potrà avvenire. «Il famoso patto di Stabilità si attesta al 3%, ovvero tu Stato membro non puoi emettere ogni anno oltre il 3% della tua ricchezza: i 25 miliardi annunciati sono “briciole” se li consideriamo in questi termini.

Pensiamo alle recenti dichiarazioni della Merkel, con una disponibilità almeno di 550 miliardi di euro, per aiutare le imprese tedesche ad affrontare i problemi di cassa dovuti all’epidemia di coronavirus – ha spiegato Tarantini –  Il vulnus resta il ruolo della Banca Centrale Europea: ogni stato membro dell’Unione ha rinunciato alla propria banca centrale che emetteva lire, franchi, pesos per trasferire tutto alla Bce, che non è la Banca di Italia e non funziona come tale.

Perché?

Perché la Banca d’Italia stampava moneta e la immetteva direttamente nelle casse del circuito economico mentre la Bce compra titoli di stato, di fatto incentiva il debito perché i miei titoli di stato devo comunque remunerarli a un tasso di interesse e qui pensiamo al famoso discorso dello Spread.

La Bce ha tra i suoi compiti principali quello di stabilizzare l’euro e tenere bassa l’inflazione, perché è filo-centrico-tedesca. Alcuni storici raccontano ad esempio che si arrivò alla seconda guerra mondiale per la forte svalutazione del marco: circolava addirittura un’immagine di alcuni bambini che giocavano per strada con i marchi, perché non valevano quasi più nulla».

Quale potrebbe essere ora una politica europea di aiuto “ideale”?

«Una delle ipotesi più positive sarebbe la nascita di un Eurobond: emettiamo titoli europei, fissiamo un tasso di interesse allo 0,70 per tutti. Gli Eurobond potrebbero essere acquistati anche dalla BCE col suo programma di Quantitative Easing e quindi li potrebbe comprare anche il mercato. Come già annunciato la BCE potrebbe tenere i tassi fermi e indire nuove aste di liquidità a lungo termine. I tassi negativi potrebbero servire per dare respiro alle piccole e medie imprese».

Intanto il contagio che non potevamo fermare, andava comunque rallentato con l’emanazione di decreti restrittivi: «Ci serve a guadagnare tempo e agire in contropiede – ha detto Tarantini – se non ho mascherine in una settimana posso averne però molte in 20 giorni, se non ho un nuovo ospedale in una settimana, in un mese si. E naturalmente anche la ricerca deve fare intanto il suo prezioso corso».

Siamo un popolo tenace: non sappiamo come cambieranno i mercati, o le abitudini dei consumatori, ma vogliamo restare ottimisti rispetto al ruolo dell’Italia nel riposizionamento dei mercati. 

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Antonella De Biasi

Antonella De Biasi, pugliese, giornalista pubblicista dal 26.07.2005, attualmente corrispondente dalla terra ionica per “La Gazzetta del Mezzogiorno”, editor e correttrice di bozze, esperta in recensioni e schede di lettura. Collabora con "Flanerì", testata online sulla narrativa, il cinema e la musica contemporanea. Insegnante di geografia visiva presso l’Utep (università territoriale per la terza età) di Laterza (Ta). Ha tenuto corsi ministeriali europei "Pon" di Giornalismo nel 2018 presso l’I.C “A. Diaz” di Laterza (T) oltre a svolgere laboratori di scrittura presso associazioni territoriali. Crede nella grande passione per la scrittura, la comunicazione, la cultura e l’arte: cercando di lavorare seguendo sempre questo binomio, aprendosi ad ogni nuova forma di comunicazione ma preservando anche i sistemi più classici e poetici.

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