La figura del c.d. agente provocatore

Agente provocatore. La figura del c.d. agente provocatore è tornata d’attualità dopo l’inchiesta Fanpage di Napoli, in cui un ex boss ed ex pentito della camorra si trasforma in esca per avvicinare funzionari e politici. L’inchiesta ha riportato l’attenzione sui metodi di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione ed in particolare sulla figura del […]

Luglio 2018
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Agente provocatore

Agente provocatore.

La figura del c.d. agente provocatore è tornata d’attualità dopo l’inchiesta Fanpage di Napoli, in cui un ex boss ed ex pentito della camorra si trasforma in esca per avvicinare funzionari e politici.

L’inchiesta ha riportato l’attenzione sui metodi di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione ed in particolare sulla figura del c.d. agente provocatore, ossia di colui che, appartenente o meno alle forze dell’ordine, proponga a terzi, a fini investigativi, il pagamento di denaro in cambio di atti contrari ai doveri del pubblico ufficio.

Questo tema, che affligge parecchi paesi come il nostro, connotati da alto tasso di corruzione, presenta alcuni aspetti problematici.

Si pensi ad esempio alla possibilità di ravvisare la responsabilità penale del provocatore a titolo di concorso ai sensi dell’art. 100 c.p. nel fatto commesso dal provocato, al problema della genuinità della prova raccolta e alla circostanza che il nostro ordinamento abbia una concezione della sanzione penale come di un fatto commesso in piena autonomia.

Se è vero che una parte dell’opinione pubblica e della classe politica sembrerebbe favorevole all’introduzione della figura dell’agente provocatore, non è dello stesso avviso il diritto vivente, sia a livello nazionale che sovranazionale, che guarda con disfavore il fatto di avvalersi di queste modalità  per contrastare la corruzione.

False flag.

Spesso per definire l’agente provocatore viene usata anche un’espressione anglofona, false flag, con la quale si intende il comportamento di chi in alcuni contesti, ad esempio quello militare, si prodiga in attività di spionaggio o di intelligence.

Si tratta di agenti che hanno il preciso scopo di incoraggiare altri a commettere un reato, cercando di indurli in tal senso.

Favorevoli e contrari: Raffaele Cantone, presidente dell’Authority anticorruzione ha scritto un articolo intitolato: “Va punito chi fa reati, non chi potrebbe farli. Ecco tutte le incognite dell’agente provocatore”. Davigo, l’ex pm di Mani pulite dice “sì all’agente provocatore, come negli Usa”. Dice no anche Bruti Liberati, ex procuratore di Milano “tendenzialmente contrario”, mentre Roberti, ex capo della procura nazionale antimafia si dichiara “favorevolissimo”.

Dice no anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che  ha in più occasioni condannato Paesi membri del Consiglio d’Europa, come ad esempio la Lituania,  per l’impiego ritenuto illegittimo di questo istituto.  La Corte EDU  ha affermato un principio vincolante  per l’ordinamento italiano  dichiarando inammissibile il ricorso all’agente provocatore allorché si accerti che il reato non sarebbe stato commesso senza la provocazione.

Creare il reato.

Scrive ancora Cantone: « il compito della giustizia penale è punire (e perseguire) coloro che hanno commesso reati, cioè fatti socialmente dannosi, non coloro che si mostrano propensi a commetterne. In secondo luogo, è opportuno riflettere sul fatto che uno Stato che mette alla prova il cittadino per tentarlo e punirlo, se cade in tentazione, non riflette un concetto di giustizia liberale. D’altra parte si tratta di una pratica investigativa che, all’evidenza, si può prestare ad abusi: chi decide chi, quando e come provocare?».

Anche la Cassazione ha più volte affrontato questo tema distinguendo nettamente tra la condotta, penalmente irrilevante dell’agente sotto copertura da quella ritenuta meritevole di sanzione penale dell’agente provocatore.

E’ lecito, quindi, chiedersi se con l’impiego dell’agente provocatore, così come ha detto Domenico Pulitanò, professore emerito di diritto penale,  si possa passare “dalla repressione di fatti offensivi alla repressione di una mera cogitatio… Giusto il contrario di un esempio di moralità istituzionale”.

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