Marchio Storico: il covid19 investe la tutela del made in Italy

Marchio Storico: importanti modifiche al Codice della proprietà industriale. Il testo definitivo del Decreto-Legge 30 aprile 2019, n. 34 denominato “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” (c.d. Decreto Crescita) ha introdotto importanti modifiche anche al Codice della proprietà industriale. In particolare l’articolo 31 del decreto prevede l’inserimento […]

Aprile 2020
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Marchio Storico: importanti modifiche al Codice della proprietà industriale.

Marchio Storico: importanti modifiche al Codice della proprietà industriale.

Il testo definitivo del Decreto-Legge 30 aprile 2019, n. 34 denominato “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” (c.d. Decreto Crescita) ha introdotto importanti modifiche anche al Codice della proprietà industriale.

In particolare l’articolo 31 del decreto prevede l’inserimento dell’art. 11-ter nel D. Lgs. 30/2005 (Codice della proprietà industriale). Tale norma nasce con l’intento di scoraggiare i titolari di marchi italiani a vendere il proprio brand ad acquirenti esteri ed ha l’obiettivo principale di tutelare l’occupazione.

Per la prima volta si introduce la nozione di Marchio storico di interesse nazionale: a chi si rivolge la norma introdotta?

A partire dal 16 aprile l’UIBM apre finalmente le porte per far entrare nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico i marchi rappresentativi dell’Italia, in particolare quelli storici.

L’iscrizione è riservata alle aziende comprese le PMI titolari o licenziatarie di marchi con almeno 50 anni di vita. Senza questo requisito non sarà consentito accedere, e, secondo una prima stima, l’iscrizione interesserà 850 PMI. La procedura, stante l’emergenza sanitaria, si svolgerà in modalità telematica, previo pagamento dell’imposta di bollo di 15 euro.

Tuttavia, non è obbligatorio avere una registrazione del marchio attiva e regolarmente rinnovata; laddove questa ci sia il percorso per l’iscrizione risulterà più agevole. Laddove il marchio non sia mai stato registrato, niente paura, l’iscrizione è consentita, a condizione che si dimostri un uso effettivo e continuativo da almeno 50 anni del marchio.

Le prove attraverso le quali dimostrare il requisito dei 50 anni sono molteplici:

  • campioni di imballaggi, etichette, listini di prezzi;
  • cataloghi, fatture, documenti di spedizione o esportazione;
  • fotografie, inserzioni su giornali e dichiarazioni scritte.

Finalità dell’iscrizione nel registro speciale.

Con l’iscrizione al registro speciale si acquisisce la facoltà di utilizzare, per finalità commerciali e promozionali, il logo Marchio storico di interesse nazionale. Il logo, che non costituisce un titolo di proprietà industriale, può essere affiancato al marchio iscritto nel registro speciale senza alterarne la rappresentazione. Il logo potrà essere utilizzato solo con riferimento ai prodotti e servizi cui si riferisce il marchio iscritto nel registro speciale.

Viene prevista la possibilità destinata alle sole PMI proprietarie o licenziatarie del marchio storico di poter accedere agli stanziamenti del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” per progetti di valorizzazione del proprio marchio (previsto dall’articolo 2, lett. a, comma 100, della L. 23/12/1996, n. 662); tuttavia le modalità devono ancora essere stabilite tramite successivo decreto del MISE

Inoltre viene prevista la possibilità per qualsiasi impresa (PMI o grande) titolare o licenziataria esclusiva di un “marchio storico” registrato di usufruire delle risorse del “Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale” per intervenire in caso di:

  1. chiusura del sito produttivo di origine o comunque quello principale, di cessazione dell’attività;
  2. di delocalizzazione al di fuori del territorio nazionale, con conseguente licenziamento collettivo. 

Questi vantaggi però sono gravati da alcuni obblighi. Ecco i più importanti:

  1. l’obbligo per il titolare o licenziatario esclusivo di informare immediatamente il MISE della possibile cessione/chiusura/delocalizzazione;
  2. l’obbligo per il titolare o licenziatario esclusivo di comunicare al MISE una relazione a consuntivo della procedura, evidenziando le ragioni che hanno portato a non presentare o accogliere le proposte, qualora nessuna proposta di acquisto sia stata presentata o accolta.

A prima vista, e dopo una prima analisi, registrare un marchio come storico sembra avere più svantaggi che vantaggi. Inoltre rimangono troppe incertezze, in particolar modo riguardo agli incentivi previsti dal Decreto; se saranno sufficienti a prevenire la dismissione o la delocalizzazione delle imprese e quali saranno le modalità, le condizioni e i limiti per la concessione dei Fondi. Infine non sono ancora stati definiti e chiariti i criteri e le modalità di iscrizione dei marchi nel registro speciale.

Quali sono i vantaggi? 

Tra i più importanti si annoverano:

  • l’utilizzo del logo “marchio storico” per contraddistinguere i propri prodotti sul mercato, così da garantire un’attrattiva da parte del consumatore;

Quali sono gli svantaggi?

  • l’obbligo per il titolare o licenziatario esclusivo di fornire determinate informazioni riguardo al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento ed in particolare: potrà essere richiesta attraverso una domanda telematica all’Ufficio italiano brevetti e marchi (Uibm). Per presentare l’istanza bisognerà pagare un bollo da 15 euro.

Per entrare nell’elenco non è obbligatorio avere una registrazione del marchio attiva e regolarmente rinnovata. Laddove la si abbia, la strada sarà ovviamente più facile: bisognerà indicare solo gli estremi della prima registrazione e dei rinnovi successivi. In caso di marchio non registrato, invece, bisognerà provare che vi sia stato un uso effettivo e continuativo da almeno 50 anni.

Le prove potranno essere molto diverse:

  • campioni di imballaggi, etichette, listini di prezzi;
  • cataloghi, fatture, documenti di spedizione o esportazione;
  • fotografie, inserzioni su giornali e dichiarazioni scritte.

Tenendo conto di questo doppio binario, l’Uibm verificherà il rispetto dei parametri indicati dal Governo in un tempo massimo di:

  • 60 giorni nel caso di marchio registrato;
  • 180 giorni nel caso di marchio non registrato, salva la possibilità di chiedere delle integrazioni di documenti.

Può anche accadere che vi siano delle controversie, ad esempio, nel caso in cui la domanda sia presentata dal solo licenziatario esclusivo, senza l’assenso del titolare del marchio. In questo caso, sarà l’Uibm a decidere, raccogliendo elementi da entrambi i soggetti e «assicurando in ogni caso prevalenza all’orientamento del titolare».

L’accesso al registro (dalla durata illimitata e non sottoposto a rinnovi) darà, in concreto, la possibilità di utilizzare un logo «marchio storico» accanto a quello del proprio marchio. Si tratta, quindi, di un meccanismo che parte con l’obiettivo di supportare campagne promozionali delle imprese storiche, prevalentemente all’estero.

Bisogna, però, ricordare che lo strumento, inserito nel decreto crescita (Dl 34/2019) dello scorso aprile, nasceva con obiettivi differenti. Era stato, infatti, disegnato nella fase di tensione legata alla vicenda Pernigotti. L’attivazione di un registro doveva, quindi, servire a contrastare le delocalizzazioni dei marchi più legati alla storia del nostro paese, attraverso un sistema di comunicazioni e sanzioni.

Quell’assetto, troppo penalizzante per le imprese, è stato rivisto e, anche in seguito al confronto tra Governo e associazioni, il registro è stato ricondotto alla funzione attuale. L’elenco, in futuro, sarà consultabile alla banca dati dei depositi e dei titoli di proprietà industriale dell’Uibm.

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