Rete di impresa e agricoltura

Rete di impresa e filiera agroalimentare. Ho sempre pensato, per qualche assurdo motivo nato nella mia testa durante gli studi universitari, che la “Cooperazione” fosse la parola chiave per il futuro delle piccole imprese. D’altronde, non si può negare che il momento economico e le sfide dei mercati sempre in evoluzione, richiedano almeno una profonda […]

Ottobre 2017
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Rete di impresa e agricoltura

Rete di impresa e filiera agroalimentare.

Ho sempre pensato, per qualche assurdo motivo nato nella mia testa durante gli studi universitari, che la “Cooperazione” fosse la parola chiave per il futuro delle piccole imprese.

D’altronde, non si può negare che il momento economico e le sfide dei mercati sempre in evoluzione, richiedano almeno una profonda riflessione sul tema. Per questo motivo ho sempre studiato, approfondito e messo in pratica il contratto di rete d’impresa.

Ne voglio parlare, seppur brevemente, con particolare focus sulla filiera agroalimentare.

Cos’è una filiera?

Per filiera si intende quell’insieme dei settori produttivi e delle relative imprese, coinvolti nella realizzazione di una determinata produzione. Insomma, nella definizione rientrano tutte quelle imprese che, ad esempio, curano la coltivazione, la trasformazione e la commercializzazione del prodotto agricolo.

Come nasce il contratto di rete d’impresa?

Il contratto di rete nasce con il decreto legge 5/2009 convertito dalla legge 33/2009. La normativa definisce il contratto di rete come “un accordo tra uno o più imprenditori, con lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e competitività sul mercato”.

Cosa serve per stipulare un contratto di rete?

In primo luogo è necessario un programma. Il programma comune di rete è uno strumento tramite il quale le imprese retiste indicano gli obiettivi che intendono raggiungere, le modalità tramite le quali raggiungerli e le regole vigenti nei rapporti tra gli imprenditori stessi.

Gli elementi obbligatori del contratto sono:

  • denominazione delle imprese aderenti: occorre, infatti, indicare tutti i dati utili all’identificazione delle imprese;
  • obiettivi di innovazione e competitività: le reti d’impresa nascono per perseguire questi obiettivi, comunemente traducibili in R&D e/o costruzione di brand identity (tali scopi vanno indicati anche nel contratto);
  • durata del contratto;
  • modalità di adesione di altri imprenditori;
  • procedure decisionali delle imprese retiste.

Elementi facoltativi del contratto:

  • fondo patrimoniale comune: è costituito dai contributi delle imprese partecipanti e dai beni acquistati dalla rete stessa;
  • organo comune: è il soggetto incaricato di gestire le operazioni della rete e dare esecuzione al programma della stessa.

Forma delle reti d’impresa: rete soggetto e rete contratto.

Nel primo caso parliamo di un vero e proprio soggetto giuridico, distinto dalle imprese retiste e autonomo: in questo caso è obbligatoria l’istituzione sia del fondo patrimoniale che dell’organo comune.

Nel secondo caso invece, parliamo di un contratto stipulato dalle imprese che, però, non istituisce un nuovo soggetto ma si limita a regolare i rapporti tra le imprese retiste (questa è la forma maggiormente diffusa nel settore alimentare).

Rete di impresa e agricoltura.

Nel settore agrifood, le reti d’impresa non sono diffuse come dovrebbero, un pò perché un loro pieno riconoscimento è arrivato solo nel 2014 con la legge 91 (decreto competitività) e un pò perché vi è sempre stata una certa resistenza all’aggregazione; resistenza dovuta, principalmente, alla paura di perdere la propria identità, una paura non totalmente ingiustificata che, però, deve fare i conti con due fattori: il mercato e l’innovazione.

Per ciò che concerne il mercato, oggi occorre essere competitivi, con un prodotto di qualità e/o un prezzo aggressivo. Da soli, specie se si è piccoli, non si può competere con realtà particolarmente grandi.

Per quanto riguarda l’innovazione, in molti oggi ripetono “innovare, innovare, innovare”, ma l’innovazione ha un costo che in rete può essere suddiviso e gestito al meglio.

Un terzo elemento va tenuto in considerazione: con le reti d’impresa, i singoli imprenditori non perdono la propria autonomia e identità. In più, possono ottenere ampi vantaggi sul piano lavorativo, fiscale e civilistico, insomma, fare rete conviene.

Non è la soluzione definitiva ma, se ben costruita e gestita, una rete d’impresa può aiutare i singoli imprenditori retisti a innovare, aggredire nuovi mercati e aumentare la propria competitività.

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