Mercante d’arte: Speculatore occasionale e Collezionista

La figura del Mercante d’arte. Parliamo delle tre figure verso cui, in mancanza di qualsivoglia previsione normativa in merito ad elementi oggettivi, l’Amministrazione finanziaria può oggi intentare o meno un’azione a seguito di plusvalenze sulle cessioni di Opere d’Arte da parte di privati (elaborazione da fonti varie di Paolo Turati). La rilevanza fiscale, con riguardo […]

Gennaio 2021
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La figura del Mercante d'arte.

La figura del Mercante d’arte.

Parliamo delle tre figure verso cui, in mancanza di qualsivoglia previsione normativa in merito ad elementi oggettivi, l’Amministrazione finanziaria può oggi intentare o meno un’azione a seguito di plusvalenze sulle cessioni di Opere d’Arte da parte di privati (elaborazione da fonti varie di Paolo Turati).

La rilevanza fiscale, con riguardo alle cessione di opere d’arte, attiene attualmente ad un mero profilo di natura “psicologica”, non essendovi più (a suo tempo c’era il limite temporale nelle cessioni come accade oggi negli immobili) nella normativa fiscale odierna, a suo tempo novata, elementi oggettivi dirimenti in merito.

Le tre nature psicologiche con cui un privato può essere perseguito o meno dall’Amministrazione fiscale nel suo porsi nella cessione di opere d’arte sono le seguenti.

  • a) il Mercante d’arte, professionale ed abituale che, anche senza organizzazione d’impresa (il che porrebbe a suo capo ovvie ulteriori questioni fiscali), compravende opere d’arte lucrando dall’incremento del loro valore;
  • b) Speculatore occasionale che acquista occasionalmente opere d’arte al fine preordinato di una loro successiva cessione lucrativa;
  • c) il Collezionista privato che a fini culturali e artistici compra beni artistici con lo scopo di arricchire la propria collezione e che, solo occasionalmente e senza preordinate finalità lucrative, può decidere di cedere alcuni dei beni precedentemente acquistati.

Mercante D’arte: Speculatore Occasionale e Collezionista privato. Tutto semplice, allora?

Per nulla. La linea di demarcazione è labilissima ed è necessario valutare caso per caso attribuendo rilievo a vari “discrimini”, soprattutto alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza. Il che rende del tutto opaco il criterio con cui porsi da parte di un gran numero dei soggetti che possono essere chiamati o meno a rispondere di comportamenti fiscali irregolari che potrebbero anche sfociare nel Codice Penale sopra determinate soglie.

E’ questa una delle ragioni (l’altra principale risiede negli stringenti vincoli all’esportazione) per cui l’Italia, che contiene oltre metà dei beni artistici del Mondo, rappresenta solo l’1% dellArt Market globale.

Quanto alla “professionalità” per identificare il suddetto mercante d’arte, la giurisprudenza ha, nel corso del tempo, ravvisato i seguenti elementi: l’abitualità, il giro d’affari, la prevalenza di questo tipo di reddito rispetto ad altri, la frequenza delle operazioni, il peso economico di queste operazioni, la comprovata esperienza nel Settore, l’attività di valorizzazione dei propri beni artistici (prestito a mostre, redazione di cataloghi, pubblicità). Qualora poi ci si trovi davanti ad un’identificazione di mercante d’arte, sarà necessario verificare la configurazione di un’attività di impresa.

Un’attività volta alla compravendita di opere d’arte può essere prevista dall’art. 2195 C. C. co. 1, n. 2, c.c., che qualifica come imprenditoriale l’“attività intermediaria nella circolazione dei beni” e siccome l’art. 55 Tuir non richiede, diversamente rispetto all’aspetto civilistico riguardo all’impresa commerciale, ai fini della configurabilità del reddito d’impresa, che l’attività sia organizzata in forma imprenditoriale, pare bastante che la stessa sia espletata nello svolgimento della propria professione abituale, anche se non esclusiva.

Nel caso il cui l’attività esuli dall’ambito di applicazione dell’art. 55 Tuir, si dovrà comunque verificare se i proventi possano essere richiamati a tassazione in ragione di altre norme.

Come si accennava sopra, prima dell’introduzione del Testo Unico delle imposte sui redditi, l’art. 76, d.P.R. n. 597 del 1973 prevedeva una disposizione che disciplinava l’imposizione dei redditi derivanti dalla compravendita di opere d’arte al di fuori dell’attività d’impresa, dando rilievo alle finalità “speculative” perseguite dal cedente.

L’unico riferimento – non specificamente rivolto alla tassazione della compravendita di opere d’arte – è invece attualmente essere l’art. 67, co. 1, lett. i), in base – e potrebbe essere il caso dello speculatore occasionale in opere d’arte che opera senza fini culturali o artistici – a cui costituiscono redditi diversi (se non costituiscono redditi di impresa o da attività professionali) “i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.

Nei casi in cui non sia possibile ritenere che il venditore (che ha l’onere della prova, di non facile dimostrazione data la labilità degli elementi discriminanti sopra citati, a suo carico) abbia svolto un’attività (pur non essendo soggetto passivo di Iva per la non abitualità) di natura commerciale idonea a consentire la tassazione i proventi conseguiti in virtù della norma sopra citata, poiché il Testo Unico non prevede l’assoggettabilità ad imposizione redditi differenti da quelli effettivamente elencati nell’art. 6, i proventi eventualmente conseguiti devono considerarsi esenti da imposizione fiscale.

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