Investments Outlook 2020: i principali settori di investimento

Paolo Turati: i principali settori di investimento. Come tradizionalmente ogni fine anno da molti a questa parte ci facciamo carico dell’incombenza, anche dopo aver sentito il parere di alcuni dei principali players internazionali per quei settori che ci lasciavano più dubbiosi (in specifico le commodities hard e light), di declinare la nostra vision rispetto a […]

Dicembre 2019
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Paolo Turati: investments Outlook 2020

Paolo Turati: i principali settori di investimento.

Come tradizionalmente ogni fine anno da molti a questa parte ci facciamo carico dell’incombenza, anche dopo aver sentito il parere di alcuni dei principali players internazionali per quei settori che ci lasciavano più dubbiosi (in specifico le commodities hard e light), di declinare la nostra vision rispetto a quello che sarà l’andamento dei principali settori d’investimento nel 2020.

Se nel nostro report di fine 2018 avevamo ravvisato come verosimile, nonostante il pessimo andamento dell’ultimo trimestre di quell’anno, una ripresa dei corsi azionari nel 2019, poi significativamente verificatasi, in quello di quest’anno riteniamo possibile forse già nel 2020 (o più probabilmente nel 2021: è possibile che in previsioni delle Elezioni presidenziali americane si faccia di tutto per tenere anche politicamente le Borse ad alti livelli) un ritracciamento anche severo dei Mercati azionari (e anche obbligazionari, ma probabilmente in modo non più esattamente contestuale così com’è accaduto in mordo teoricamente inverosimile nel corso del lungo rialzo degli ultimi anni, cosa che sarebbe peraltro più “finanziariamente canonica”).

Sono ormai troppo economicamente sperequate le condizioni fra le classi sociali dei Paesi industrializzati (si pensi che in Gran Bretagna, in 7 Regioni – quelle postindustriali che hanno garantito a BoJo di vincere le Elezioni – il reddito è inferiore del 70% alla media europea) per poter reggere se non nel breve periodo un rapporto reddito da finanza/reddito da lavoro così altro e parimenti risultano eccessivamente esposti sull’investimento a rischio (nonostante la crescita mondiale non certo esaltante, vieppiù in Europa, con Germania e Italia in testa alla per nulla lusinghiera classifica) i portafogli gestiti dall’Industria del Risparmio (tuttora esageratamente costosa in termini provvigionali, specie in Italia dove peraltro la capacità media dei gestori di estrarre valore si mantiene bassa da decenni), così architettati onde sopperire alla mancanza di reddito da Bonds di rating accettabile con quello da Bonds con lunga o lunghissima scadenza (con rischi di cali cospicui nei corsi quando i tassi d’interesse, oggi innaturalmente tenuti a zero per salvare molte banche non ancora uscite dalla Crisi del 2008, saliranno) oppure con scarsa qualità dell’emittente o anche con regolamento strutturato in modo spesso penalizzante per il sottoscrittore, nonché da capital gains e da dividendi azionali. 

Materie prime energetiche.

Sulle materie prime energetiche a breve-medio siamo neutrali su petrolio e dintorni, anche se le prospettive di una sempre maggior produzione di energia green rendono poco raccomandabile, nonostante molti analisti “vedano” nel medio termine di due anni un ritorno ai 100 Dollari pre-crisi, quantomeno nel medio-lungo periodo il posizionamento su tali asset.

Materie prime hard.

Quanto alle materie prime hard, risulteranno probabilmente stabili con possibili upside in caso di calo delle Borse per l’oro e i metalli preziosi (forse meno interessanti palladio e platino in funzione della nuova frontiera dei motori automobilistici elettrici). Non ci esprimiamo sul Bitcoin (o Ethereum et similia), sebbene la cripotovaluta abbia raddoppiato da inizio anno le proprie quotazioni, le quali sono tuttavia situate al momento a un terzo del massimo assoluto di poco più due anni fa.

Mercato arte internazionale.

Il Mercato dell’Arte internazionale esce da un 2019 in cui il fatturato è sceso in modo sensibile (mancano ancora i consuntivi di fine anno, ma si tratto di un 20% circa) per un ormai conclamato disallineamento fra domanda e offerta di opere importanti (che garantiscono la maggior parte del  giro d’affari) sebbene i prezzi siano stati stabili o addirittura un po’ saliti: pur non trattandosi del mercato immobiliare, non è azzardato ravvisare qualche similitudine con lo storico andamento “esagonale” degli immobili dell’Art Market, con un “classico” sfalsamento di uno-due periodi fra volumi e prezzi, i quali potrebbero quindi in prospettiva assumere una battuta di arresto anche importante in attesa che in futuro si riformi un prezzo di equilibrio medio più efficiente.

Mercato immobiliare.

In un Mercato immobiliare altamente sperequato in termini di quotazioni in Italia (con Milano che tira e il resto che langue, anche a causa dei costi gestionali e fiscali – e in futuro successori – sempre maggiori) e all’Estero, coi primi scricchiolii, quivi, sugli eccessi (vedasi il Mercato dell’immobile in specie commerciale inglese che, dopo un rialzo formidabile durato anni vede ora importanti imprese d’investimento anche collettivo ridotte alla liquidazione coatta), una componente interessante appaiono i terreni arabili (cartina di tornasole: fra le materie prime alimentari, il grano tenero è salito di oltre il 12% rispetto alle 5 annate precedenti), che da un certo numero di anni stanno confermando in Italia un discreto rialzo un po’ ovunque nei volumi e nei valori, anche grazie, oltre a grossi gruppi che stanno acquistando a prezzi che sono stati fermi per decenni, a decine di migliaia di giovani coppie che mettono su imprese agricole multitasking in cui il settore Bio (uno dei pochi che cresce a doppia cifra), la fa da leader, assieme all’agriturismo rurale.

Valute.

Chiudiamo con le valute, fra le quali la Sterlina appare poter continuare la propria rivalutazione grazie alla Brexit e il Dollaro mantenersi in uno stato di resilienza, nonostante una politica monetaria in prospettiva ancor più accomodante, grazie ai buoni fondamentali di crescita e occupazione.

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