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Fatture: gli imprenditori prestino attenzione

Le fatture trovate presso il fornitore possono incastrare l’acquirente. La conservazione delle scritture contabili (fatture), prima ancora che una necessità per la buona amministrazione della propria attività, è un obbligo espressamente imposto dalla legge. Il mancato rispetto può, in certi casi, valere anche una condanna in sede penale. Il monito, stavolta, arriva direttamente dalla Corte […]

Ottobre 2016
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Fatture: gli imprenditori prestino attenzione

Le fatture trovate presso il fornitore possono incastrare l’acquirente.

La conservazione delle scritture contabili (fatture), prima ancora che una necessità per la buona amministrazione della propria attività, è un obbligo espressamente imposto dalla legge. Il mancato rispetto può, in certi casi, valere anche una condanna in sede penale.

Il monito, stavolta, arriva direttamente dalla Corte di Cassazione

Nella sentenza n. 19106 i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto sufficiente per l’integrazione del reato di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 (norma che sanziona, appunto, l’occultamento o la distruzione di documenti contabili) il rinvenimento di fatture presso la società fornitrice, ancorché di queste non vi fosse traccia negli archivi della società acquirente.

Evasione: qualche precisazione per i “non addetti” ai lavori.

In tema di reati penal-tributari, il citato art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 punisce – salvo che il fatto non costituisca più grave reato – con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, non consentendo così la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

La ratio della norma: art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000.

Chiara è la ratio della norma che mira a tutelare l’interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente, nonché garantire il corretto esercizio della funzione di accertamento fiscale.

Ebbene, il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione riguarda l’amministratore di una società accusato (insieme ad altro soggetto) di aver occultato o distrutto documentazione contabile la cui conservazione è d’obbligo, già condannato, in primo e secondo grado, per il reato di cui al richiamato art. 10, ciò a causa della mancata esibizione di alcune fatture precedentemente reperite in sede di verifica fiscale condotta nei confronti della società fornitrice (unitamente ad altra documentazione attestante i rapporti tra le due società).

La mancata esibizione di fatture.

Confermando la decisione dei Giudici di seconde cure, la Suprema Corte ha chiarito che: in merito al reato di occultamento o distruzione di documenti contabili – per la cui configurazione, sia chiaro, non assume rilievo il mero comportamento omissivo, ma è necessario un contegno commissivo di distruzione o occultamento – può riconoscersi sussistente la responsabilità penale anche solo per effetto del rinvenimento dei documenti contabili presso terzi.

Tale ultima circostanza, ricollegata al mancato ritrovamento degli stessi documenti presso il contribuente, costituisce, infatti, secondo il ragionamento sviluppato dal Collegio giudicante, chiaro elemento di prova del loro occultamento o della loro distruzione.

Accertata, così, l’integrazione della condotta materiale, pochi dubbi residuano sulla sussistenza del dolo specifico, consistente nel fine di evadere le imposte o consentirne l’evasione a terzi soggetti.

Il risultato? Condanna confermata anche in ultimo grado.

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