Lifestyle

La dualità quale substrato della realtà

La dualità: tra il bene e il male.

E’ risaputo che il nostro mondo è mosso dalla coppia degli opposti. Bene e male, giorno e notte, luce e tenebre si alternano continuamente sullo schermo della realtà. Questa polarità complementare, crea non pochi problemi all’essere umano poiché ogni morale e attitudine ne è influenzata.

Cosa è giusto e cosa è sbagliato?

Secondo le norme di un popolo, quello che è bene, è considerato male da un altro popolo, cosicché si può ben dire che non esiste un bene assoluto. D’altronde neanche un male assoluto in senso universale esiste sulla faccia della terra. La dualità regge ogni cosa e, in questo gioco bizzarro sempre in movimento, siamo costretti a vivere.

I grandi dello spirito ci hanno parlato dell’unità della vita quale reale situazione dell’esistenza ma noi rimaniamo, al di la di queste teorie, presi nel gioco della dualità. La non dualità sarebbe la caratteristica di ogni cosa.

Come risolvere tale paradosso?

Sankara, fautore del vedanta non duale, afferma che la realtà universale è una sorta di proiezione, di sovrapposizione sulla faccia di Brahman, che possiede una specie di consistenza perché in realtà è in contatto indiretto con la divinità più alta. Teoria singolare che spiega bene il concetto famoso di Maya.

Attualmente in tutto il mondo, il cosiddetto bene – inteso in un senso umano – è in battaglia con quello che è definito male. Questo movimento duale è alla base di tutti i colori cacofonici con cui è colorata la società umana: la dualità regge l’esistenza dell’essere umano. Il tipo di dualità che muove l’universo non è un tutto omogeneo ed armonioso ma una continua frattura tra il rapporto delle due polarità della vita.

Le persone superficiali, senza una visione profonda del simbolismo, affermano che nel noto simbolo del tao, nel bene vi è una parte di male, così come nel male vi è una parte di bene, vedendo in ciò una sorta di compensazione armonica. In realtà, il gioco alterno dello yin e dello yang, sottolinea il fatto che, nel nostro universo, niente è stabile ed assoluto, che tutto è di passaggio ed effimero, illusione per l’appunto. Questa stabilità è da ricercarsi in Tao, che non è mosso dalla dualità, pur essendone, paradossalmente, la radice metafisica.

Solo tao è concreto e reale poiché integro in se stesso e non in movimento tra opposti complementari.

E’ da notare il fatto che nessun simbolo lo raffigura poiché nella nota immagine taoista, solo lo yin e lo yang sono presenti quali manifestazioni grafiche del movimento duale della vita. E’ detto infatti che vedendo il Tao non si vede niente, che toccando il Tao non si tocca niente etc. etc., a sottolineare il fatto che i sensi naturali, nati e mantenuti dalla dualità, sono incapaci ad entrare in contatto con l’energia più alta presente nell’universo.

Come detto, niente è stabile nel nostro mondo, tutto è duale, sinonimo di frammentazione. Il famoso peccato originale che vide i progenitori della nostra razza mangiare il frutto dall’albero del bene e del male, indica il passaggio da un livello unitario ad uno duale. Compito di colui che è stufo della dualità è quello di integrarsi nell’albero della vita, presente ancora nel paradiso perduto, albero che non è duale ma “mono”, unico.

Questa reintegrazione da uno stato di dualità ad uno unitario è lo scopo di tutte le dottrine spirituali di tutti i tempi, scopo perseguibile anche ai giorni d’oggi, così complessi ma in fondo semplicemente animati dalle forze gemelle della dualità.

Leggi anche: Dalla dualità al monismo: un tuffo nella spiritualità

attualità