La filosofia perenne: il sentiero verso la saggezza

La Filosofia perenne. Il concetto della “filosofia perenne”, non è ben conosciuto al di fuori dei circoli strettamente esoterici. Si pensa normalmente che, le varie filosofie, spirituali e non, siano un tutto chiuso, nate in determinate epoche e quindi adatte allo scopo di un certo popolo e di un determinato lasso di tempo. La filosofia […]

Ottobre 2018
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la caratteristica principale che rende il filosofo tale

La Filosofia perenne.

Il concetto della “filosofia perenne”, non è ben conosciuto al di fuori dei circoli strettamente esoterici. Si pensa normalmente che, le varie filosofie, spirituali e non, siano un tutto chiuso, nate in determinate epoche e quindi adatte allo scopo di un certo popolo e di un determinato lasso di tempo.

La filosofia perenne, in realtà sottostà sotto i vari sistemi filosofici puri ed originali. In tal senso, trattasi di una corrente di forza metafisica da cui nascono i vari sistemi filosofici che hanno origine per l’appunto, da una fonte non umana, diremo divina.

Considerando che la nostra è l’epoca dell’erudizione e del sapere portato fino all’estremo, è bene riflettere sul concetto di “saggezza”, sinonimo di filosofia perenne. Prenderemo come spunto per la nostra analisi il concetto classico di filosofia, come è inteso in occidente.

Un Filosofo, nel senso classico del termine, è un individuo che cerca l’unione con la “Sofia”, con la sapienza assoluta cioè. Socrate è l’esempio più noto del filosofo che ha realizzato ciò. E’ da sottolineare il fatto che, Socrate non abbia scritto niente direttamente di suo pugno.

Egli amava infatti dialogare con gli interessati alle sue idee. Dobbiamo a Platone la testimonianza dei discorsi dell’ateniese, dato che questo basa i suoi dialoghi essenzialmente sulle idee espresse da Socrate.

Un filosofo è un ricercatore della verità ultima che non si ferma alla mera speculazione intellettuale, ma cerca un modo metodico per mettere in pratica le idee metabolizzate nel suo intimo.

Secondo la testimonianza di Seneca, un filosofo è quel particolare studioso che, avendo partorito una certa concezione della vita, cerca, tramite il suo comportamento quotidiano, di essere coerente con la sua concezione filosofica.

In caso contrario, coloro che speculano solo con teorie ed idee, sono da considerasi dei “sofisti”, non certo dei filosofi. Un sofista è un essere che padroneggia benissimo l’arte dialettica e che quindi può esprimersi in modo impeccabile, ma che però non mette in pratica quel che dice.

Oggigiorno, il vero filosofo come è inteso qui, è molto raro.

Quasi dappertutto, in tutti i settori dello scibile umano, troviamo dei sofisti, modernamente chiamati “tuttologi”. Un filosofo genuino, non per forza deve essere un intellettuale.

Ricordiamo che la filosofia perenne è una sorta di energia impalpabile da cui il vero filosofo trae non solo ispirazione, ma anche una sorta di nutrimento animico che attua una trasformazione alchemica della sua coscienza.

Quindi si può ben dire che, un contadino analfabeta, ma dall’animo desto e in contatto diretto con le forze della natura, è più vicino alla saggezza di un plurilaureato privo però delle qualità d’animo tipiche del saggio.

La dialettica usata dal filosofo non è fine a se stessa, come nel caso del dialogo intrapreso dal sofista. Socrate infatti usava l’arte della maieutica, ovvero un dialogo filosofico atto a far partorire nell’ascoltatore, il figlio della saggezza. Socrate si considerava una levatrice e cercava quindi, tramite le sue parole, di portare in luce nel suo interlocutore, la  stessa sapienza che lo ispirava.

L’attitudine del vero filosofo verso la propria saggezza, è una sorta di modesta umiltà: “so di non sapere”, afferma il saggio ateniese e ciò non è certo il grido sconsolato di qualcuno che ammette la propria ignoranza!

Risulta essere invece la sincera testimonianza di un serio ricercatore del senso delle cose, giunto al naturale limite organico del potere mentale. Infatti, più il filosofo si inoltra nei reami della saggezza, più si rende conto di quanto siano limitati i mezzi ordinari di indagine a disposizione del filosofo stesso.

Un anonimo ecclesiastico inglese del trecento, ha lasciato scritto un piccolo trattato dal titolo “La nube della non conoscenza”. Sembra proprio che la vera saggezza sia una “non conoscenza”!

Non a caso, il famoso Dionigi l’Areopagita, che possiamo a giusto titolo inserire nei rappresentanti della filosofia perenne, è noto come il fautore della “teologia negativa”. Secondo questo sistema, la luce del Dio Altissimo e sconosciuto, è così brillante e maestosa, da apparire alla coscienza di colui che a lui si apre, come una assoluta oscurità.

Anche in oriente si parla della divinità più alta in termini di negazione. Viene usata la frase “neti, neti” (non questo, non quello), ad evidenziare il fatto che, solo negando tutto quello che l’uomo ipotizza in merito a Dio e alla saggezza, si può, in questi ambiti, affermare qualcosa di concreto e positivo.

Ma qual è la caratteristica principale che rende il filosofo tale?

Possiamo definirlo come un anima desta dalla coscienza sveglia e vigile, caratteristiche che lo elevano ad un livello psichico superiore a quello della massa. Dobbiamo anche aggiungere che filosofi si nasce, e raramente lo si diventa lungo il corso della vita.

Se un essere infatti, fin dall’infanzia non si pone le domande fondamentali dell’esistenza, ovvero: ”Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”, sicuramente passerà la sua vita immerso nei passatempi che offre il mondo, non certo a filosofare.

Seguire la filosofia perenne quindi, significa porre le basi  per distaccarsi da tutti i modelli  di pensiero correnti. Il vero filosofo, cittadino del mondo e fratello di tutti gli esseri cerca, tramite il  suo comportamento, di superare i limiti naturali in cui è rinchiuso l’essere umano, per raggiungere quel fattore ultimo di ogni cosa, presumibilmente dispensatore di ogni saggezza e sapiente al massimo grado.

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