La dottrina dello Yoga arcaico

Lo Yoga arcaico. Ora che la nostra tanto decantata civiltà occidentale ha raggiunto un livello estremo di problematiche sociali complesse ed articolate, molte persone cercano una “boccata d’aria” – per così dire -, allo stress in cui tutti siamo giornalmente immersi. Sono oramai diversi decenni che vengono rispolverate antiche pratiche orientali, sistemi curativi alternativi provenienti […]

Settembre 2018
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Yoga arcaico: in termini occidentali vuol dire “unione”.

Lo Yoga arcaico.

Ora che la nostra tanto decantata civiltà occidentale ha raggiunto un livello estremo di problematiche sociali complesse ed articolate, molte persone cercano una “boccata d’aria” – per così dire -, allo stress in cui tutti siamo giornalmente immersi.

Sono oramai diversi decenni che vengono rispolverate antiche pratiche orientali, sistemi curativi alternativi provenienti da altri canoni di pensiero medico, e via dicendo. Sicuramente lo yoga è la disciplina orientale più famosa tra questi tentativi di ridonar benessere all’occidentale medio caduto nell’impasse esistenziale.

Yoga arcaico: in termini occidentali vuol dire “unione”.

All’origine di questa disciplina antichissima, il discepolo che praticava tale “scienza dello spirito”, cercava di realizzare l’unione della particella divina latente nei cuori, chiamata “Atman”, con il dio macrocosmico a lui esterno, denominato “Brahman” (o Brahma). Questo è l’unico, genuino e reale scopo dello yoga arcaico.

Sicuramente questa ascesi non era e non è, alla portata di tutti. Una pratica costante di complicati esercizi fisici, era accompagnata anche da un intenso studio intellettuale, per educare anche la mente e preparala al “salto quantico” della coscienza, in vista dell’“indiamento”, ovvero della trasformazione del candidato nello stesso dio venerato.

Generalmente le scuole occidentali di Yoga a buon mercato, misconoscono questo ideale di unione col divino.

I sistemi yoga più diffusi e popolari, mirano solo ad una sorta di ottimizzazione della statura fisica, cosa certamente lodevole, ma sicuramente non ortodossa con la stessa filosofia che seguono.

In alcuni casi, si ottiene anche un benessere psichico, ma pochi gruppi che praticano lo yoga per “moda”, hanno come obiettivo l’unione di Atman con Brahma.

Nella ovvia nostra limitata conoscenza di tutti i sistemi yoga presenti attualmente sul pianeta (quasi ogni giorno spunta una nuova versione originale di questa disciplina dello spirito), pensiamo comunque che, l’ultimo vero maestro di yoga arcaico veramente orientato sulle origini pure di tal sistema, sia stata Vimala Thakar.

Donna frizzante ed energica, ha sempre avuto fin dall’infanzia una propensione per le speculazioni metafisiche, sia orientali che occidentali.

Con l’incontro dell’ormai celebre, ma pur sempre poco conosciuto, Jiddu Krishnamurti, la vita di Vimala prende una svolta decisiva. Così gira per il mondo fino a quasi la sua morte fisica, donando a tutti i suoi ascoltatori, le chiavi fondamentali per capire che cosa è realmente lo yoga arcaico.

Bhagavad gita.

Il testo classico su cui gli studenti dello yoga prendono spunti per la loro realizzazione interiore, è la “Bhagavad gita”, famoso in tutto il mondo e che potremmo definire il vangelo degli indù.

Due personaggi principali animano la trama di questo libro sacro, vero compendio di filosofia e dottrine religiose. Uno è Arjuna, che rappresenta la personalità egocentrica mortale, l’altro è Krishna, che incarna l’atman desto in Arjuna stesso.

Rimandando i lettori ad una lettura diretta di tale testo, possiamo dire che, tutti i maestri di Yoga si rifanno a questo libro.

Yoga è sinonimo anche di meditazione, intendendo con ciò, non solamente una ripetizione ossessiva di un mantra, ovvero di una parola sacra, ma essenzialmente uno stato vigile della coscienza attivo ventiquattro ore su ventiquattro.

Di sfuggita facciamo notare che, nel sistema del vedanta non duale, Ideato da Sankara, il sistema dello yoga raggiunge speculazioni metafisiche altissime. Da quel che noi sappiamo, dopo il vedanta non duale (advaita vedanta), nessuna innovazione di rilievo è stata aggiunta al pensiero religioso dell’india.

Il concetto del “velo di maya”.

Schopenhauer, introducendo nella filosofia occidentale il concetto del “velo di maya”, canalizza per la prima volta termini vedantini nella speculazione filosofica europea, creando così una frattura concreta nel concetto  aristotelico della realtà.

Maya vuol dire illusione, ma non nel senso di irrealtà, quanto di inconsistenza, instabilità.

Tutto nel nostro universo nasce, cresce e poi perisce, quindi, in un senso metafisico, non può essere reale in senso ultimo. Solo il Brahman lo è perché divinità assoluta senza ombra alcuna.

Tutto nel nostro mondo è sottomesso alla magia cosmica di Maya.

Lo scopo dello yoga è quello di lacerare i veli onirici che addormentano la coscienza umana, per riportare la stessa alla sua vera dimensione: quella di Brahman.

Leggi anche: Assuefazione: risvegliarsi con lo Yoga.

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