Olimpiadi Invernali 2026: in Italia un sì condizionato!

Olimpiadi invernali 2026: un sì condizionato e… tecnico. Il dibattito sulla Candidatura di un’Area Alpina italiana (Torino? Milano? Torino + Milano?) a disposizione per organizzare le Olimpiadi Invernali 20 anni dopo, attualmente, com’è ovvio, “in mano” a CONI e CIO, suggerisce qualche valutazione preliminare economica, ambientale e politica, ma anche di natura “tecnico-sportiva” da considerare a […]

Maggio 2018
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Olimpiadi Invernali 2026

Olimpiadi invernali 2026: un sì condizionato e… tecnico.

Il dibattito sulla Candidatura di un’Area Alpina italiana (Torino? Milano? Torino + Milano?) a disposizione per organizzare le Olimpiadi Invernali 20 anni dopo, attualmente, com’è ovvio, “in mano” a CONI e CIO, suggerisce qualche valutazione preliminare economica, ambientale e politica, ma anche di natura “tecnico-sportiva” da considerare a prescindere.

Innanzitutto, la lezione del passato è quella che si dovrebbe, nel caso, trattare di Giochi economicamente sostenibili (dunque, auspicabilmente, finanziabili anche da sponsorizzazioni da parte di imprese private) che non lascino eccessive zavorre a carico dei contribuenti nei decenni successivi, come accaduto troppe volte.

Dopo di che, è ovvio che una ricaduta economica più che proporzionalmente positiva sul territorio potrà anche determinare in modo accettabile qualche (il più modesto possibile) costo in termini di bilancio statale, ma allora bisognerà vigilare su due aspetti.

Il primo: ingegnarsi per costruire strumenti finanziari caratterizzati da un basso impatto di costo di remunerazione, giustificato e compensato dal senso di etica introiettata da parte dei sottoscrittori.

Se immaginiamo una emissione di un miliardo o due di Euro di Certificati di Credito del Tesoro a scadenza decennale emessi e rimborsati alla pari con un’indicizzazione al tasso Euribor 6 mesi lettera “meno” mezzo o anche un punto di spread (i quali, quindi, allo stato attuale non renderebbero nulla per il sottoscrittore ma che, negli anni successivi, con la fine del QE e il conseguente rialzo dei tassi d’interesse, daranno presumibilmente un reddito basso ma accettabile) ma con un privilegio fiscale simile a quello attualmente in essere per i cosiddetti strumenti finanziari P.I.R., possiamo immaginare che si possa facilmente ottenere finanziato a costi irrisori di remunerazione un ammontare sufficiente a determinare il “Fondo Base” necessario a organizzare le Olimpiadi invernali.

Inoltre, andranno evitati privilegi circa “l’essere nel posto giusto nel momemto giusto” troppo smaccatamente emersi in precedenti esperienze: mantra come “si è pagato metà del suo nuovo hotel coi soldi delle Olimpiadi” (leggasi coi soldi degli altri contribuenti), dovranno essere banditi perentoriamente.

C’è poi l’aspetto, delicatissimo, dell’infiltrazione “di default” della Criminalità nei cantieri: da contrastare in modo efficiente, così come quello ecologico da rispettare.

Circa questo secondo aspetto, la captazione eccessiva di acqua per l’innevamento artificiale di piste da gara site in quote troppo basse rispetto al riscaldamento globale del Pianeta in corso rappresenta, ad esempio, un controsenso non più accettabile.

La valorizzazione del territorio olimpico alpino, che dovrebbe in qualche modo estendersi in tutte le sue diramazioni e fino ai borghi meno “turisticizzati”, passa però senza dubbio attraverso alla reputazionalità tecnico-sportiva degli impianti e delle piste, specie di gara, e qui si apre davvero un Mondo.

Un Mondo legato alla tipologia degli attrezzi che le ditte produttrici avranno in programma di produrre per allora, così come alla tecnica sciistica che si utilizzerà in quei futuri anni.

Andrà pertanto programmato un assetto di impianti e di piste di giusto livello di difficoltà ed adeguatezza al fenomeno olimpico che si svilupperà nel 2026 e non è cosa da poco.

Ad esempio, già oggi (ma anche dodici anni fa) le piste di Sci alpino delle cosiddette Valli olimpiche di Torino 2006 sono in gran parte insufficienti quanto a caratteristiche tecniche per gare di alto livello e vieppiù lo saranno in futuro.

Fra quelle possibili da Gigante e da Discesa Maschili (la pista di Discesa Maschile più vicina di “qualità” è quella di Bormio, che le caratteristiche giuste le possiede eccome, ma non è, per l’appunto, dietro l’angolo); in particolare, non sono presenti piste adeguate (e neppure con una Storia che ne giustifichi comunque l’utilizzo, come, ad esempio, il vetusto ma storicamente carismatico tracciato dello Slalom maschile di Kitzbuehel) e ne andrebbero tracciate di completamente nuove (per fortuna, la pendenza c’è).

Anche per lo Sci nordico andrebbe fatta una disamina profonda. Le possibilità di realizzare competizioni su percorsi di alto livello e/o, panoramicamente attrattivi, in specie, di Fondo e Biathlon rispetto ad aree alpine come l’Engadina o anche solo le Valli di Fassa e Fiemme sono obiettivamente, allo stato, impietose.

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