Tribunali italiani: non siamo sul set di un film

Tribunali italiani: essere un Avvocato in Italia non è proprio come sul set di un film americano. Perché il TRIBUNALE è il luogo in cui si tutelano i diritti. Pensereste mai che andare in Tribunale possa mettere in pericolo la salute o l’incolumità di chi vi lavora o lo frequenta? Non è certamente da Paese […]

Aprile 2019
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TRIBUNALI ITALIANI: essere un Avvocato in Italia non e' proprio come sul set di un film americano.

Tribunali italiani: essere un Avvocato in Italia non è proprio come sul set di un film americano.

Perché il TRIBUNALE è il luogo in cui si tutelano i diritti. Pensereste mai che andare in Tribunale possa mettere in pericolo la salute o l’incolumità di chi vi lavora o lo frequenta?

Non è certamente da Paese civile. Ma la verità è che le nostre aule di giustizia, sono lontane anni luce dalle immagini stereotipate e perfette che ci arrivano dai film e dalle serie televisive dedicate al modo del diritto.

Adoriamo le aule dei tribunali americani, pulite, luminose, ordinate, dove hai tutto il tempo per parlare ed essere ascoltato in un silenzio quasi irreale. Il sogno di qualsiasi avvocato.

In Italia spesso le aule non sono altro che una stanza disordinata e piena di gente che si accalca in attesa del proprio turno. Avvocati pronti a scalciare se qualche collega vuole fare il furbo e passare avanti.

Con il giudice seduto ad una normale scrivania che, con carta e penna, scrive di proprio pugno quanto gli viene riferito dagli avvocati. Giudici che devono in certi casi richiamare al silenzio colleghi che sono più indisciplinati di una scolaresca in gita.

Più che in Tribunale, sovente, a chi frequenta le aule giudiziarie sembra di trovarsi al mercato.

Costretti in aule anguste come i polli in batteria. Giudici che sopraffatti dall’assordante chiacchiericcio non riescono ad ascoltare le ragioni dei contendenti. E sarebbe bello se i problemi che affliggono la maggior parte dei Palazzi di Giustizia fossero solo questi!

Il degrado dei Tribunali Italiani.

La verità è che i Tribunali italiani versano in un gravissimo stato di degrado nonostante vi siano sia i fondi che le capacità per risanarli. E se gli edifici vecchi sono fatiscenti, anche quelli nuovi crollano.

Infatti, lo stato dell’edilizia giudiziaria in Italia è a dir poco disastroso. Edifici costruiti da pochi anni come i Tribunali di Gela, Vibo Valentia, Vicenza sono in parte inagibili.

Ministero e Comuni che si rimpallano le responsabilità.

E chi ne fa le spese sono i cittadini che chiedono giustizia, gli avvocati, i magistrati e funzionari e impiegati dei Tribunali. Ma facciamo un breve tour nei disastrati Tribunali italiani.

Tribunale di PRATO.

 Il Tribunale di Prato è invaso di topi a piano terra. C’è un clima polare negli uffici dell’Ordine degli avvocati al primo piano; il soffitto è pericolante negli uffici dei giudici, caldo africano nei corridoi, infiltrazioni di acqua piovana dal soffitto e dalle pareti, ascensori perennemente guasti.

Non ci sono metal detector per cui chiunque può entrare con un’arma senza che alcuno se ne accorga.

«Quando un cittadino viene qui deve sentirsi garantito e tutelato – ha detto il presidente dell’Ordine degli avvocati, Lamberto Galletti – Ma cosa può dire un artigiano imputato per la scarsa sicurezza contestatagli nella sua azienda vedendo fili scoperti, sedie rotte e un impianto non idoneo di climatizzazione nell’aula in cui viene giudicato?».

Il presidente di sezione Silvio De Luca si sofferma soprattutto sulla mancanza di sicurezza: «Forse qualcuno aspetta solo che si verifica il fatto eclatante per intervenire, altrimenti non si comprende questo ingiustificabile ritardo».

I Presidenti delle Camere Civili e Penali e il funzionario delle sezioni civili e rappresentante sindacale della Cisl hanno parlato della necessità della sicurezza nei luoghi di lavoro e la mancanza di spazi in un Palazzo di Giustizia calibrato sulla realtà pratese di trent’anni fa e non più sufficiente.

Tutte le segnalazioni sono state raccolte da un sostituto procuratore della Repubblica, componente della Giunta regionale dell’Anm, che si preoccuperà di portarle al tavolo nazionale con l’obiettivo di chiedere maggiori investimenti e risorse.

Tribunale di PESCARA.

Ci sono voluti 30 anni per costruire il Tribunale, 15 anni di contenzioso, un anno appena di esercizio (semiabusivo) per dichiararlo parzialmente inagibile in quanto le pesantissime lastre di marmo che costituiscono il rivestimento esterno possono distaccarsi.

Manca l’agibilità perché non c’è stato mai il collaudo dell’opera causa gli intervenuti problemi all’opera stessa che ha dimostrato gravi carenze. Un’opera faraonica da 40 anni tutt’altro che perfetta e costruita a regola d’arte.

Tribunale di SANTA MARIA CAPUA VETERE.

Il Tribunale, in particolare la sede centrale, dove sono tenute le udienze del settore penale e dove si trovano gli uffici della Procura della Repubblica, rischia la chiusura per «allarme staticità».

Tribunale di ROMA.

Ripetuti sono gli episodi che puntualmente si verificano negli uffici giudiziari del più grande tribunale d’Italia e che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori tutti e dei cittadini che abitualmente frequentano il Palazzo di Giustizia.

Franano controsoffitti di cartongesso, grossi pezzi di intonaco dal muro, blocchi di foratini oltre al supporto metallico reggente i quadrati di cartongesso. La USB P.I. – Giustizia è intervenuta più volte sulla necessità di interventi decisivi per risolvere i gravi problemi strutturali del Tribunale di Roma.

Tribunale di AVELLINO.

Il tribunale cade a pezzi, nel vero senso della parola. Il Palazzo di Giustizia di piazza d’Armi, che da tempo aspetta di essere ristrutturato o addirittura trasferito, presenta delle carenze strutturali sia all’interno che all’esterno della struttura.

Dalla facciata sono scomparse le lettere dell’insegna e la scritta “Palazzo di Giustizia” è rimasta monca. L’attività giudiziaria è ripartita con polemiche.

Tribunale di MILANO.

«Un incidente inaccettabile. Ci sono i fondi e interverremo presto. Basta, si deve agire prima e non aspettare che ci scappi il ferito».

(Alfonso Bonafede, Ministro della Giustizia)

Queste le parole del Ministro della Giustizia in visita al Palazzo di Giustizia di Milano il 21 gennaio 2019, dopo l’incidente successo solo tre giorni prima ad Antonio Montinaro, il 30enne praticante avvocato che appoggiandosi alla balaustra troppo bassa della scala Y al quarto piano del Tribunale vola giù per sei metri.

E’ salvo per miracolo, ma non potrà più camminare.

E a più di un mese dall’incidente e dalla visita del ministro, non è cambiato niente in termini di sicurezza al Tribunale di Milano. Trattandosi di edificio vecchio di 80 anni e tutelato dalla Soprintendenza alle Belle Arti lunghi e complessi sono i tempi per intervenire.

Ma oltre a non essere stato disposto nessun intervento di tipo strutturale, non c’è neanche niente in progetto.

Non essendo stato disposto dal Ministero di Giustizia alcun intervento, i magistrati della Procura hanno disposto l’invio degli atti ai loro colleghi di Brescia, atteso che a finire sotto indagineper il mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro potrebbero essere i vertici stessi del Tribunale di Milano, nella loro qualità di «datori di lavoro» del giovane avvocato.

Quello che sorprende è che nonostante la evidente pericolosità del parapetto incriminato,   non è stata disposta neanche nessuna misura idonea a ridurre il rischio di incidenti. Tra l’altro, quello incriminato, non è l’unico nel Palazzo ad avere un altezza ampiamente inferiore rispetto a quella prevista dalla legge.

Eppure sarebbero sufficienti anche delle transenne mobili o il semplice nastro che si usa per inibire l’accesso ai luoghi pericolosi, magari accompagnati da «avvisi di percolo e divieto di avvicinamento visibili a distanza».

La Procura milanese ha sottolineato nella relazione spedita a Brescia che nonostante le richieste e i solleciti al Ministero partiti dagli uffici i competenti nel corso degli anni, dal 2015 ad oggi non risultano essere arrivate risposte.

Tribunale di BARI.

L’immagine che descrive il 2018 di Bari è sicuramente quella delle udienze di rinvio dei processi celebrate nelle tende. L’annus horribilis in cui Bari si è trovata a dover fare i conti con l’assenza di una sede per il tribunale penale.

Il 21 maggio 2018 il procuratore Giuseppe Volpe con un atto denuncia al Comune le criticità strutturali e il pericolo di crollo del Palagiustizia di via Nazariantz. L’epilogo di questa denuncia è l’ordinanza di sgombero disposta dal Sindaco con scadenza 31 agosto 2018.

E così il 26 maggio 2018 inizia nel cortile di via Nazariantz l’allestimento della tendopoli giudiziaria con strutture di fortuna messe a disposizione dalla Protezione Civile. I riflettori della stampa nazionale si accendono sul (non) tribunale di Bari, una indecorosa tendopoli.

A Bari sono state adottate delle soluzioni tampone con le dichiarazioni del sindaco, Antonio Decaro: “Ho preso la irresponsabilità di far continuare le attività all’interno di un tribunale a rischio crollo”.

E la lista dei tribunali non a norma e con criticità, più o meno gravi, è lunghissima. Tra i tanti: Bolzano, Lucera, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Gela, Arezzo, Pavia, Vicenza, Caltanissetta.

Ed anche il Tribunale di Taranto (dove opero) presenta alcune criticità. Dalle Alpi all’estrema punta della Sicilia avvocati, giudici, cancellieri, fotografano, girano video, redigono dossier sullo stato degli edifici in cui viene amministrata la giustizia. Molto spesso in condizioni poco dignitose.

La Giunta Esecutiva Centrale dell’Anm, ribadisce l’allarme per la situazione della edilizia e della sicurezza nei Palazzi di Giustizia.

Dopo i casi eclatanti di Bari e di Milano, un nubifragio ha provocato numerosi danni e posto in pericolo la sicurezza degli operatori di giustizia e dell’utenza negli Uffici Giudiziari di Catania.

Questo ennesimo grave episodio dimostra l’urgenza di intervenire, da parte del Ministero della Giustizia, con un piano straordinario di risorse da destinare alla sicurezza e all’edilizia giudiziaria.

Purtroppo però nel Documento di Economia e Finanza non vi è alcuna previsione di impegno di spesa per la sicurezza e l’edilizia giudiziaria. Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha relazionato il 24 gennaio 2019 entrambi i rami del Parlamento sull’amministrazione della giustizia nel 2018.

L’intervento del Ministro della Giustizia:

  • avvio di una mappatura dell’attuale edilizia giudiziaria, per comprendere la composizione, le criticità e il livello di urgenza degli interventi, sia strutturali, sia di adeguamento;
  • le principali direttrici lungo le quali si muove l’attività del Ministero comprendono il recupero dell’immediatezza degli interventi programmati e la tempestività degli interventi di manutenzione degli uffici richiedenti, per i quali le risorse impiegate sono state imponenti e rendono atto dell’attenzione posta dal Ministero alla delicatezza del tema.
  • l’importo per le opere di adeguamento al testo unico (decreto legislativo n. 81 del 2008) e la messa a norma degli impianti è stato pari a 257 milioni di euro, attraverso la realizzazione di 641 interventi”.

Questa situazione emergenziale non può sicuramente essere risolta con soluzioni estemporanee. Non bisogna frammentare ulteriormente le sedi e  comprimere ancor più gli spazi a disposizione per le attività giudiziarie.

Si tratta ormai di una vera e propria emergenza nazionale. Sono necessarie risorse economiche e strumenti giuridici straordinari, da attuarsi anche mediante la decretazione di urgenza da parte del Governo.

Probabilmente ha ragione il sociologo francese Michel Foucault, che qualche decennio fa, alludendo allo ‘splendore’ dei supplizi, afferma che “la giustizia, in realtà, è sempre stata un grande spettacolo”.

Ed anche un grande supplizio.

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