Epigenetica: che cosa è

Epigenetica: breve disamina. Negli ultimi anni ha assunto importanza decisiva nella ricerca evoluzionistica l’epigenetica, ossia il trasferimento alle generazioni successive di variazioni che non modificano il DNA ma “rispondono” a situazioni ambientali o comunque sono indotte da agenti esterni, causando cambiamenti che possono essere trasmessi anche per più generazioni. Tali cambiamenti, consistono in particolare nella […]

Ottobre 2022
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Epigenetica: breve disamina.

Negli ultimi anni ha assunto importanza decisiva nella ricerca evoluzionistica l’epigenetica, ossia il trasferimento alle generazioni successive di variazioni che non modificano il DNA ma “rispondono” a situazioni ambientali o comunque sono indotte da agenti esterni, causando cambiamenti che possono essere trasmessi anche per più generazioni. Tali cambiamenti, consistono in particolare nella metilazione delle basi azotate, l’inattivazione di cromosomi o il loro silenziamento, e l’imprinting genico.

Fig. 1. Albero filogenetico dei viventi basato sulle sequenze ribosomiali dell’unità 16s dil RNA (Car).

L’epigenetica quindi studia le modalità con cui vengono trasmessi caratteri ereditari diversi da quelli genetici. Ciò implica che, nello studio dell’evoluzione biologica, è fondamentale non confondere le mutazioni che avvengono a livello di DNA, dal fenomeno epigenetico che non ha effetti a lungo termine nel corso dell’evoluzione. 

Il primo ad utilizzare il termine epigenetica è stato Conrad Hal Waddington che ne ha dato la seguente definizione:

“la branca della biologia che studia le interazioni causali fra i geni e il loro prodotto, e pone in essere il fenotipo”.

Il verificarsi di fenomeni epigenetici comprende spesso una profonda modifica della cromatina, ossia dell’insieme delle proteine e del codice genetico che costituiscono il genoma. La scoperta del verificarsi dei fenomeni epigenetici ha permesso di chiarire alcune modificazioni che sembravano giustificare l’eredità dei caratteri acquisiti. 

L’epigenetica ci ha quindi insegnato che, nella trasmissione dei caratteri ereditari, non tutte le caratteristiche morfologiche, fisiologiche e biochimiche scaturiscono dall’attivazione del DNA che si eredita, ma molte di queste sono il risultato dell’interazione con l’ambiente e risentono profondamente delle alterazioni che vi avvengono, nonché dagli input che provengono da altri organismi. Ciò spiega anche l’apparente risposta rapida che molti organismi eucarioti danno alle variazioni ambientali.

Fig. 2. Archea Methanococcus jannaschii.

Questa tipologia di fenomeni, insieme con la simbiogenesi ed altri fenomeni come l’eterocronia, ossia lo sviluppo differenziale degli organismi e/o dei loro organi (vedi i miei articoli pubblicati su queta testata concernenti il fenomeno evolutivo), ci ha permesso di superare gli apparenti ritorni al Lamarkismo.

Mentre del Lamarckismo e dell’erotocronia abbiamo già discusso negli articoli pregressi, conviene spendere qualche riga per chiarire l’importanza dell’endosimbiosi.

Gli Eucarioti (ossia gli organismi dotati di nucleo) possiedono molti tipi di organelli specializzati, come i cloroplasti ed i mitocondri. Le ricerche hanno portato alla conferma dell’ipotesi di Lynn Margulis secondo cui questi organelli si sono sviluppati da organismi indipendenti, entrati in simbiosi nella cellula, fenomeno che viene definito endosimbiosi.

Le ricerche più recenti, basate su riscontri genetici, hanno dimostrato che le prime cellule Eucariote si sono formate quando un Archeo ha inglobato un Batterio e, invece di metabolizzarlo, è entrato in simbiosi con esso.

E’ già noto da anni che cellule isolate di alcuni animali più semplici, come i Poriferi (spugne) e i Polipi (idra), possono aggregarsi e formare nuovamente un animale completo.

Scoperte più recenti, e sicuramente sorprendenti, hanno dimostrato che lo sviluppo di ogni organismo eucariote avviene in sinergia con Batteri. Anche l’aggregazione delle cellule di alcuni organismi primitivi a volte viene stimolata o coadiuvata da alcuni Batteri.

In effetti, quando le prime cellule eucariote si sono evolute, hanno dovuto necessariamente venire a contatto o, meglio, interagire con i Batteri, già presenti in ogni ambiente da miliardi di anni. L’interazione fra Batteri ed eucarioti avviene spesso con reciproco vantaggio, e senza i primi molti organismi più complessi non possono svilupparsi compiutamente o sono privi di meccanismi di difesa e di normale funzionamento.

Questo è stato dimostrato da numerosi studi. Addirittura, quando un embrione si sviluppa, si sviluppano insieme con esso molti Batteri, in stretta interazione. Studi recenti hanno dimostrato che, eliminando tutti i Batteri da un organismo, questi è estremamente indifeso dalle minacce interne ed esterne e in molti casi il suo stesso metabolismo è compromesso e inadeguato.

Fig. 3. Koli-Bacteria-Cortesia Foto di Gerd Altmann da Pixabay.

Se eliminiamo dal nostro intestino i Batteri, in particolare Bacteroides fragilis, come ha dimostrato Sarkis K. Mazmanian, la produzione di cellule T helper viene compromessa. Questo studio, effettuato su topi da laboratorio, costituisce la prima prova sperimentale dell’importanza, anzi della necessità, dei Batteri nell’organismo.

Va aggiunto che anche lo sviluppo dello stomaco ed addirittura l’intero sviluppo di molti animali, non procedono normalmente in assenza dei Batteri. In estrema sintesi, come ha dichiarato Walt Whitman “Sono vasto, contengo moltitudini”.

In modo ironico, viene in mente una frase riportata nei Vangeli: “Mi chiamo Legione, perché siamo in molti”.

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