Intervista ad Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi Altemps

Intervista al gallerista Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi Altemps. Benvenuto Alessandrojacopo, grazie per aver accettato la mia intervista. È un autentico piacere per me. Grazie a lei. Gallerja, il suo spazio per l’Arte Contemporanea a Roma, è nota per l’eccellenza raggiunta in pochi anni. Lei Alessandrojacopo, si è concentrato sin dall’inizio su artisti internazionali di alto profilo: […]

Marzo 2019
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Intervista al gallerista Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi Altemps.

Intervista al gallerista Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi Altemps.

Benvenuto Alessandrojacopo, grazie per aver accettato la mia intervista. È un autentico piacere per me.

Grazie a lei.

Gallerja, il suo spazio per l’Arte Contemporanea a Roma, è nota per l’eccellenza raggiunta in pochi anni. Lei Alessandrojacopo, si è concentrato sin dall’inizio su artisti internazionali di alto profilo: A. Rainer, D. Nash, M. Mulas, B. Bassiri, C. Rea, A. Tapies, T. Simeti, J. Kolář, e molti altri.

Quando è nata la sua passione per l’Arte Contemporanea e qual è stato l’input per avvicinarsi ad essa come gallerista?

Il mio primo approccio con l’arte è stato con l’Arte Antica, di cui mi sono immediatamente innamorato. Crescendo ho iniziato ad interessarmi del contemporaneo, scoprendo una storia che mi intrigava sempre di più. Così dagli anni 2000 ho coltivato questa attrazione, fino a cercare uno spazio per concretizzare l’inclinazione in qualcosa di più tangibile, l’ho trovato in Gallerja e ne sono stato entusiasta.

Avere una visione ampia dell’arte è importante per chi sceglie questo lavoro.

Nella raffinata indagine di gallerista lei quali criteri applica per selezionare opere e artisti?

Premetto che la mia formazione di studi è economica, quindi il rapporto con l’arte è un rapporto essenzialmente viscerale. Credo non ci siano modi oggettivi per scegliere di esporre un’artista, è un’alchimia. I miei personali criteri si basano intanto sul gusto personale, quindi sull’impatto che le opere hanno sulla mia sensibilità, e poi non credo sia da sottovalutare l’intesa sul modo di pensare. Quando il lavoro dell’artista e le sue idee mi piacciono allora l’intesa è raggiunta.

In Italia abbiamo una cultura artistica millenaria. Quali sono gli artisti del passato che l’appassionano?

E attualmente, esteso a tutte le forme d’arte, ve ne sono che le suscitano interesse?

È vero, la storia artistica italiana è una fucina di bellezze, in ogni periodo si è saputo raggiungere i massimi livelli. Io in particolare sono tremendamente affascinato, direi rapito, dal periodo tra la fine del ‘500 e inizio ‘600. I pittori bolognesi e veneti. Tiziano, Tintoretto, Carracci hanno su di me un ascendente particolare. Per quanto riguarda le forme d’arte sono abbastanza onnivoro, può essere pittura, scultura… se trovo che l’opera mi dica qualcosa non amo focalizzarmi sul modo di realizzarla.

Curatore di quasi tutte le mostre di Gallerja è il Critico d’Arte Bruno Corà.

Quando è avvenuto il vostro incontro e quanto è stato determinante per il successo raggiunto?

Ho conosciuto il professor Bruno Corà ormai diversi anni fa, il rapporto con il curatore di una mostra è importante quanto quello con l’artista e ugualmente determinante. Posso dire di aver trovato in Bruno una persona corretta e seria prima che uno critico di grande valore. Ritengo sia questo rispetto e comunanza di intenti che rende il rapporto duraturo.

Il Novecento è stato il secolo in cui si sono affermati: Willem de Kooning, Joseph Kosuth, Anselm Kiefer, Anish Kapoor.

Se dovesse scegliere solo uno dei quattro artisti quale sarebbe il fortunato?

Lei cita quattro grandi interpreti della contemporaneità, ognuno a suo modo dice molto sul mondo e in uno stile ben riconoscibile ed espresso con grande personalità. Ciascuno di loro rappresenta una declinazione dell’arte contemporanea di enorme significato.

È difficile pensare di poter dare una preferenza, ognuno di loro mi ricorda grandi opere e grandi mostre con le quali mi sono confrontato in questi anni. Mi viene in mente Leviathan, una istallazione meravigliosa di Anish Kapoor al Gran Palais di Parigi vista nel 2011 che per monumentalità, imponenza, significato e semplicità mi ha colpito allora e ancora oggi la ricordo.

Dopo il Postmodernismo e l’Arte Concettuale con la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva si ritorna a una dimensione che accoglie la pittura figurativa formale tanto demonizzata dalle Avanguardie storiche.

Ma, nel XXI sec. ha ancora senso fare la differenza a danno del genere figurativo?

Posso solo dire che per me la differenziazione ha senso in una dimensione teoretica, cioè per una storicizzazione di quello che accade nel mondo dell’arte; per il resto dopo il XX secolo sappiamo che molti paletti sono saltati, che i movimenti quasi non esistono più e ogni artista può correre, se vuole, avanti e indietro sulla linea del tempo e usare il modo che preferisce per esprimere il proprio io, che difficilmente risponde a prese di posizione legate a meccanismi socio-ideologici, quanto molto di più al proprio personale sentire.

Happening, Installazioni, Performance, Video Art, Suoni/Rumori sono forme d’arte datate e abusate per certi versi ai giorni nostri; poi con la nascita del computer si è prodotta la Digital Art o Computer Art stabilendo l’interazione tra arte, scienza e tecnologia.

Qual è il suo pensiero?

È scontato che i tempi cambiano, e che come nuove generazioni di uomini trovano nuovi linguaggi, così nuove generazioni di artisti troveranno, o almeno cercheranno, sempre nuovi modi di esprimere opinioni e sensazioni; questo avviene naturalmente penso, sarebbe una forzatura pretendere di tenere a freno la curiosità, l’interesse per il nuovo.

Quello che mi dispiacerebbe è se si perdesse il contatto con il passato, che a volte a torto, ma molte volte a ragione ha creato e raffinato dei linguaggi che io tutt’oggi trovo non abbiano esaurito il loro messaggio, sia nei concetti che nelle metodologie.

Francesco Bonami con il libro L’Arte nel cesso, sostiene che l’inizio e la fine dell’arte contemporanea è ascrivibile tra l’opera Fontana di Marcel Duchamp e America di Maurizio Cattelan. Considerando l’arte contemporanea ormai in declino.

Lei cosa ne pensa?

Che il mondo dell’Arte viva un momento non facilissimo, come tanti altri settori della cultura e non, è innegabile, tuttavia non credo bisogna confondere la crisi con il prosciugamento definitivo. La storia ci ha insegnato che molte volte proprio da grandi depressioni si hanno rinascite floride. Accettare che l’arte contemporanea è morta è un po’ come rassegnarsi all’idea che il futuro dell’Arte è morto, forse possiamo dire che l’arte contemporanea ‘come la conosciamo’ sicuramente sta cambiando, e questa è cosa ben diversa.

Il dadaista Marcel Duchamp trova nel Ready Made il colpo di genio negando apertamente i dettami tradizionali dell’estetica e dell’oggetto che rende altro: Arte!

Che rapporto ha lei con gli oggetti?

Il rapporto con un oggetto è sempre molto delicato. Ci sono oggetti, chiaramente, che hanno una centralità esclusivamente personale, a cui non riconosciamo alcun valore se non quello che noi gli attribuiamo: la persona che ce lo ha donato ecc…

In generale però ogni oggetto ha una connotazione personale, legata al momento in cui l’ho visto, percepito, ho condiviso con l’oggetto lo stesso posto, un evento, o magari anche una relazione personale vera e propria, e poi c’è una dimensione artistica, che da gallerista fa percepire l’oggetto come una ‘cosa’ da analizzare per quello che è e con tutte le connotazioni che l’oggetto artistico possiede per definizione.

Il nettare degli déi ha avuto ampio successo nell’arte; e proprio nell’Arte Romana v’è l’esistenza di un  ‘Dioniso, pantera e satiro’ del II sec. d.C., – detto ‘Dioniso Ludovisi’ conservato a palazzo Altemps a Roma, dinastia da cui sua madre Angela discende –  possiamo dire una scultura che sintetizza le sue due passioni: Arte e Vino. Oltre a Gallerja lei si dedica anche alla sua Tenuta di Fiorano ottenendo riconoscimenti di pregio.

Come riesce a conciliare le due attività?

È certamente un impegno. Sono ormai 20 anni con Fiorano, in questo progetto ho condensato la mia grande passione per l’agricoltura, la natura e il vino. Un vino diffuso sia in Italia che all’estero. Conciliare Fiorano e l’Arte è un obiettivo che cerco sempre di perseguire, in quanto sono le mie grandi passioni e credo si sposino a meraviglia. Da vari anni ormai ho intrecciato le due cose portando degli eventi d’arte alla Tenuta di Fiorano.

È accaduto qualche tempo fa con una mostra personale della fotografa Maria Mulas, e due anni fa abbiamo avuto il piacere di ospitare un concerto mozartiano del maestro C. Mastroprimiano per celebrare il rapporto di Mozart con la famiglia Altemps, e il probabile passaggio del musicista proprio in quei luoghi durante il viaggio che da Roma lo portò a Napoli nel 1770. E queste non sono che alcune delle idee, altre cose ci saranno da fare.

La Grande Bellezza – film di Paolo Sorrentino – con le suggestive atmosfere romane è un cult da Premio Oscar. Chi vive a Roma almeno una volta ha provato il piacere di una bella e solitaria camminata a Lungo Tevere come quella di Toni Servillo che resterà nella storia di questa città e del cinema.

A suo avviso perché Roma, vetrina nella storia, non riusciamo a renderla sfavillante come meriterebbe?

La storia di Roma è talmente ricca che ogni scorcio, ogni quartiere o angolo racconta qualcosa, con una bellezza e un pathos innegabile. Il fatto che un mezzo con tanta risonanza come il cinema non dimentichi di renderle omaggio è sempre un avvenimento che da buon romano non può che inorgoglire. Purtroppo Roma se da una parte ha un patrimonio inestimabile dall’altro è una città con tante contraddizioni, a cui non è facile far tenere il passo del passato, dei fasti che l’hanno vista risplendere.

Ma non bisogna dimenticare che insieme allo splendore Roma ha avuto anche tante ombre, decadenza in più periodi, questo ci fa pensare che un tempo per uscire fuori da alcune dinamiche incancrenite potrebbe arrivare, magari presto, e ritengo che investire sulla cultura, credere nell’arte e nella creatività in genere, che sono il marchio di fabbrica dell’Italia nel mondo, sia un buon punto di partenza.

I prìncipi s’incontrano solitamente nelle fiabe, luogo scevro da confini e misura, come nei sogni. Che sia fiaba, sogno o arte, tutto è possibile! Lei appartiene a un mondo in cui fiaba, sogno e arte si compenetrano.

Ma, c’è un desiderio ancora inespresso?

Al di là della fiaba è necessario fare sempre i conti con la contemporaneità. Vivere il mondo di oggi vuol dire lavorare con concretezza, anche con fatica a volte, per perseguire degli obiettivi. Sono pieno di idee nuove che vorrei realizzare, pieno di progetti, e mi impegno costantemente per perseguirli nell’Arte e nella Cultura, cercando sempre di rimanere aggiornato, perché il ritmo in cui i tempi si muovono è altissimo.

Tante volte ci si chiede dove prendere tutta la forza necessaria per adempiere a tanti compiti, sostenere diverse responsabilità, ebbene, la mia risposta è nella Passione: la motivazione più forte e al cui cospetto ogni fatica diventa meno gravosa, davanti a cui ogni perplessità si spegne; personalmente sono convinto che le iniziative intraprese con sentimento non possono fallire. La Passione per me è il leitmotiv di tutta la vita.

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