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José Manuel Ballester: non c’è più l’uomo al centro dei quadri

José Manuel Ballester: l’uomo una volta era il centro dell’universo.
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José Manuel Ballester: l’uomo una volta era il centro dell’universo.

Ma l’antropocentrismo rinascimentale resta solo un pallido ricordo con l’arrivo, sei secoli dopo, di José Manuel Ballester, pittore e fotografo madrileno. Mai come in questo periodo le rappresentazioni artistiche di José Manuel Ballester, che rivisita i dipinti classici più famosi al mondo, sembrano una lente attraverso la quale osservare la triste realtà che oggi ci circonda. Le città, le strade, e i paesaggi che rappresenta nelle sue opere sono privi di esseri umani.

Perché José Manuel Ballester, quasi avesse previsto l’epidemia del Coronavirus e che l’isolamento sociale sarebbe divenuto una questione di sopravvivenza, lascia fuori dalla sue rappresentazioni delle grandi tele del passato il loro aspetto centrale ovvero l’uomo. Dopo l’intervento di Ballester sul fotogramma, rimane solo la natura che circondava l’opera, le architetture che la accoglievano. Ed avviene così il riscatto dello sfondo, non più considerato solo un mero contenitore di immagini.

Il fotografo spagnolo ritiene che il compito dell’arte sia quello di scuotere le menti, mostrando l’oscura bellezza del mondo. I paesaggi, che nelle sue opere, non rappresentano solo un dettaglio  ma il perno stesso dell’opera. Innanzi alle sue rappresentazioni lo spettatore si attiva. Perché sulle pareti non vi sono più episodi vissuti e narrati, bensì luoghi in cui qualcosa sta per accadere e l’immaginazione di chi le guarda diventa protagonista dell’evento.

“The Hidden Spaces“ (“Ocultos Espacios”), si intitola la serie realizzata dall’artista spagnolo José Manuel Ballester.

Restiamo stupiti nel vedere la tavola imbandita dell’“Ultima Cena” senza commensali, la stanza vuota dell’“Annunciazione” di Leonardo senza la Vergine e l’Angelo e una conchiglia galleggiante senza la Venere di Botticelli. Certamente l’impatto con le opere di Ballester è forte, ma l’occhio dell’osservatore attento riesce a cogliere il suo messaggio, ovvero quello di mettere in evidenza spazi sino ad allora oscurati, nascosti, focalizzando l’attenzione sulla profondità.

Il lavoro digitale di Ballester consiste in un’alterazione di opere classiche di portata notevole che consente, a chi le guarda, di dare una nuova valutazione visiva al rapporto tra i personaggi e l’ambiente che li circonda. In questo modo l’artista offre una nuova chiave di lettura dell’opera che si osserva.

Le opere rivisitate da Ballester.

Las Meninas di Velàsquez, dove sparisce la famiglia reale in posa e il pittore di corte, Guernica di Picasso, ridotto a un collage di poche forme superstiti, ancora Velàsquez con il Cristo crocifisso senza Cristo, la Zattera della Medusa di Géricault e l’inquietante fucilazione del 3 maggio 1808 di Goya, di cui resta una lanterna al suolo, fra una chiazza di sangue e l’eco degli spari.

Il merito delle opere di José Manuel Ballester è quello di non far concentrare più il nostro spirito d’osservazione solo sulle figure, ma di focalizzare la nostra attenzione anche su ciò che in effetti “completa” l’opera: lo sfondo. Ed ecco che l’inquietudine del vuoto e della desolazione cede il passo alla profondità degli spazi da sempre sottovalutati.

Osservando le opere rivisitate dall’artista si riescono a percepire tutti quei dettagli, quelle sfumature, che quasi certamente sfuggono se focalizziamo il nostro sguardo solo sulle figure. E allora non ci resta che osservare le rappresentazioni Ballester e vedere se anche noi proviamo le stesse sensazioni.

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