Mattia Mura: il suo documentario è una esperienza sconvolgente

Intervista a Mattia Mura: Film-maker toscano finalista del LIDF 2017. È un vulcanico regista toscano “Mattia Mura”. Dal 2015 lavora a Fabrica (centro di ricerca per eccellenza nella comunicazione fondata a Treviso nel ’94 da Luciano Benetton), dove viene data la possibilità a giovani talenti di tutto il mondo di formarsi e progettare su design, fotografia, grafica, video, […]

Novembre 2017
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Mattia Mura: il suo documentario è una esperienza sconvolgente

Intervista a Mattia Mura: Film-maker toscano finalista del LIDF 2017.

È un vulcanico regista toscano “Mattia Mura”. Dal 2015 lavora a Fabrica (centro di ricerca per eccellenza nella comunicazione fondata a Treviso nel ’94 da Luciano Benetton), dove viene data la possibilità a giovani talenti di tutto il mondo di formarsi e progettare su design, fotografia, grafica, video, interaction, musica e giornalismo.

Un hub creativo che ha permesso al cecinese Mattia Mura, 25 anni, di realizzare il suo sogno: diventare una promessa del cinema mondiale.

Il suo primo docufilm “Drew Nikonowicz – Notes from Anywhere” è stato selezionato tra i finalisti del LIDF (London International Documentary Film Festival). Parliamo di uno dei Festival di documentari più importanti al mondo.

Il soggetto riguarda l’esperienza in Italia del giovane amico e compagno di studi, il fotografo americano del Missouri Drew Nikonowicz. Vincitore dell’Aperture Portfolio Prize. Sarà proiettato in prima assoluta il 24 novembre durante la kermesse che terminerà il 26 nella sede prestigiosa del British Museum.

Il documentario di 12 minuti è opera di Mattia Mura con la partecipazione di Drew Nikonowicz e Gabriele Riva. In collaborazione con Roberta Donatini (graphic designer), Kendra Sanders (script editor), Alessandro Favaron (supervisor), Antii Ikonen (composer), Alberto Martino (sounds editor) e Isaac Vallentin (songs).

Mattia Mura, come ti senti dopo aver saputo di essere tra i 50 finalisti del Festival?

Stentavo a crederci. Era la prima volta che realizzavo un documentario, nato dall’idea di raccontare la storia di Drew dopo averlo conosciuto al Centro di Treviso e averlo portato in giro per l’Italia per fargli apprezzare le nostre bellezze, a partire da quelle toscane. Lui ha scattato per ogni luogo la sua fotografia ed è rimasto affascinato dal paesaggio alpino.

Raccontare il rapporto tra reale ed immaginario, tra natura e tecnologia mi ha permesso di esplorare un nuovo linguaggio che, adesso, posso dire mi rappresenta anch’esso insieme al cinema.

Un aggettivo per sintetizzare questa tua esperienza?

Sconvolgente. E’ il termine più appropriato. Essere tra i finalisti è già una vittoria. E’ lo stimolo ad andare avanti e fare sempre meglio. Come film maker ho avuto, finora, molte soddisfazioni. Adesso ho intenzione di realizzare anche altri progetti di documentario.

Quali?

Dopo alcuni sopralluoghi e riprese, di quest’estate in Marocco, ho intenzione di realizzare un progetto sulla vita delle popolazioni berbare; partendo dalla storia di un altro amico italo-marocchino, Karim El Maktafi. Un modo per parlare dei valori identitari e di appartenenza ad una comunità nomade.

L’altro, invece, riguarda la comunità spirituale di Damanhûr in Piemonte, tra Aosta e Torino, che è già in fase di montaggio. Uscirà nel 2018. Un lavoro, quest’ultimo, che mi ha permesso di raccontare attraverso la voce femminile della ragazza svedese protagonista, un altro modo possibile di vivere, molto lontano dal nostro.

Non ultimo, vorrei scrivere il mio 5° libro (dopo l’ultimo uscito nel 2006). Dopotutto, ogni linguaggio è un mezzo per comunicare la realtà del mondo e dell’essere umano, lasciando un messaggio che può interpretarsi dal pubblico sia positivamente che negativamente.

Ad oggi quale esperienza ti manca?

Una di lavoro all’estero, che spero di fare al più presto. Vorrei andare in Svezia o nell’Est europeo, tra Ungheria e Slovacchia, dove sono presenti altre residenze d’artista come Fabrica, che ti permettono di realizzare progetti finanziati su particolari temi.

Potremmo vederti addirittura il prossimo anno agli Oscar di Los Angeles?

Beh, sarebbe un sogno. Vero è, che il vincitore della categoria “Short documentary” avrà la possibilità di qualificarsi agli Oscar Annual Academy Awards di Los Angeles. “Mai neanche avrei immaginato tale opportunità.”

Rimanendo coi piedi per terra, posso dirmi finora soddisfatto del mio percorso professionale. Colgo l’occasione per ringraziare chi ha collaborato e creduto in me, a partire dal responsabile dell’area video di Fabrica, Alessandro Favaron e dalla mia famiglia artistica.

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