Il bilancio di esercizio: riflessioni estive

Il Bilancio di esercizio: a modest proposal. Il Bilancio di esercizio è il documento principe della contabilità italiana, profondamente revisionato negli ultimi anni ed allineato maggiormente allo standard setter internazionale. Naturalmente, come ben sanno gli addetti ai lavori, il Bilancio d’esercizio offre ampia informazione contabile. Nonostante questo, esso soffre, proprio sul lato informativo, di alcune […]

Agosto 2019
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Il Bilancio di esercizio: a modest proposal.

Il Bilancio di esercizio: a modest proposal.

Il Bilancio di esercizio è il documento principe della contabilità italiana, profondamente revisionato negli ultimi anni ed allineato maggiormente allo standard setter internazionale.

Naturalmente, come ben sanno gli addetti ai lavori, il Bilancio d’esercizio offre ampia informazione contabile. Nonostante questo, esso soffre, proprio sul lato informativo, di alcune carenze.

Cosi come configurato attualmente, è ancora pienamente efficace ed efficiente nel rappresentare tutte le sfaccettature dell’azienda? Necessita al suo interno di una riorganizzazione ed integrazione con altri documenti?

Queste domande potrebbero nascere da un mio intento satirico, come suggerisce il sottotitolo, riprendendo il famoso Pamphlet di Jonathan Swift del 1729. In realtà nasce da una serie di spunti che derivano dai miei studi personali sul Management.

Uno sguardo sul Bilancio di esercizio.

Attualmente, i documenti che compongono il Bilancio d’esercizio, in maniera unitaria ed inscindibile, sono 4: Stato Patrimoniale, Conto Economico, Nota Integrativa e Rendiconto Finanziario (art.2423 c.c.). In accompagnamento al Bilancio d’esercizio gli amministratori devono predisporre anche una Relazione sulla Gestione vedi qui. Quest’ultima presenta ulteriori notizie sull’aspetto gestionale e programmatico dell’impresa.

Lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico ed il Rendiconto Finanziario sono perlopiù costituiti da ammontare di carattere tecnico-contabile sull’andamento della situazione finanziaria, patrimoniale e reddituale. La Nota Integrativa qui ci viene in soccorso. Essa rende “vivo” il Bilancio d’esercizio, fornendone una chiave di lettura. Precisamente, ci fornisce una funzione esplicativa ed integrativa dei suoi schemi. vedi qui

Il Bilancio d’esercizio e l’informazione.

Non consideriamo per ora i contenuti della Relazione sulla Gestione, e concentriamoci sui 4 documenti canonici del Bilancio d’esercizio appena citati.

A mio sommesso avviso, presentano varie criticità:

1) Approccio statico. La filosofia del Bilancio d’esercizio è basato su una visione storica delle informazioni, rivolte principalmente agli azionisti e ai creditori già presenti in azienda, con un’ottica di ponderazione del patrimonio aziendale e del reddito;

2) Limitazione temporale. Il Bilancio d’esercizio offre una limitata visione del futuro e degli intenti programmatici, devolvendo la contabilità di direzione a poche sezioni di esso;

3) Individualismo. il Bilancio d’esercizio analizza solo in maniera limitata l’ambiente esterno. Non offre quindi un decisivo focus sulle azioni della concorrenza e del mercato, focalizzando l’analisi principalmente sulla propria struttura d’impresa;

4) Parzialità. Il Bilancio d’esercizio è espressione tecnico-contabile di solo alcune funzioni aziendali (ad es: Logistica, Produzione , Distribuzione). Altre funzioni aziendali sono esposte in maniera frugale (Ricerca & Sviluppo, Marketing , Pianificazione e Controllo);

5) Ridotta visione delle prestazioni. La performance, ed i suoi indicatori, subisce un trattamento di secondo piano e quasi trascurabile.

Contraddizione?

Queste limitazioni tendono ad esser cesellate proprio dalla Relazione sulla Gestione. Polemica sterile quindi? A mio modesto avviso questa attuale infrastruttura del Bilancio d’esercizio e dei suoi allegati è troppo debole. Sebbene un’ottima Relazione di Gestione dia un quadro soddisfacente a marcare ancor di più le sfumature dell’impresa, occorre qualcosa maggiormente incisiva.

Parlo di uno strumento in maggior misura dinamico e strutturato, non da “allegare” al Bilancio d’esercizio ma da “integrare” dentro di esso come componente stabile. Intendo un mezzo di comunicazione che fonda la Contabilità e il Management, manifestazioni dell’impresa indissolubilmente legati fra di loro.

La soluzione: il quinto documento del Bilancio di esercizio nell’art. 2423 c.c.

Nell’attualità, il Management subisce una continua evoluzione filosofica ed un costante affinamento dei modelli mentali. Non a caso, gli aggettivi che spesso sempre più connotano il suo spazio sono dinamicità, complessità, modellazione e simulazione.

Il Bilancio d’esercizio, quindi, dovrebbe essere tarato su queste corde. Una felice idea sarebbe dunque, a mio modestissimo parere, una istituzionalizzazione a livello codicistico e di prassi contabile OIC di un particolare documento, accanto a 4 ortodossi: il Business Plan.

Traendo spunto dalla migliore teoria e prassi a livello nazionale ed internazionale nei contenuti minimi, offrirebbe al Bilancio d’esercizio una certa dinamicità tesa al futuro ed agli investitori potenziali nei mercati, allineandosi ancor di più al contesto internazionale dettato dal BIlancio IFRS.

Contenuti minimi che ingloberebbero, in una specifica sezione, proprio la Relazione sulla Gestione. Inoltre, lascerebbero un congruo margine discrezionale ai redattori del Bilancio d’esercizio, poiché il Business Plan è un documento fortemente specializzato e personalizzato.

Il Business Plan colmerebbe varie lacune sulle funzioni aziendali di prima, innestando al suo interno un’analisi a 360° dell’unicum aziendale, nonché della concorrenza, della clientela e dei mercati. In aggiunta, rappresenta un’ideale comunicatore del Modello di Business, della Business Idea, dei piani d’azione e delle strategie d’impresa. Fornisce un supporto idoneo all’analisi di bilancio ed alla pianificazione strategica.

Nuove prospettive aziendali.

Nell’attuale concezione d’impresa, essa ha un preciso dovere morale di trasparenza nei confronti di tutti gli attori del mercato, e non più solo attraverso i fatti di gestione corrente e nei dati contabili. Inoltre, la presenza di modelli di Business orientati alla digital economy, con aziende svincolate dall’utilizzo di asset fisici o magazzini, implica un ripensamento delle modalità di contabilizzazione.

Il fine dell’entità-azienda non è più la mera produzione di ricchezza per i proprietari, ma si evolve verso altri canoni. Fra di essi, troviamo la soddisfazione del cliente, la responsabilità verso l’ecologia e la vicinanza alla comunità sociale che orbita attorno l’impresa. Occorre perseguire obbiettivi di sostenibilità, di storytelling sulla propria organizzazione, sul proprio capitale intangibile (know-how e risorse umane in primis), nonché sulla creazione di valore.

In generale, maggiore presenza di informazioni non finanziarie. Questa tendenza non è nuova sia nella letteratura aziendalista sia nella prassi. Infatti, un enorme passo da giganti è stato fornito dall’obbligatorietà di una Dichiarazione non finanziaria sull’impatto dell’impresa nelle politiche di responsabilità sociale dell’impresa (Corporate Social Responsability: CSR).vedi qui

Una fusione definitiva.

Potrei azzardare ad aggiungere un ulteriore “fusione”. Oltre alla Relazione di Gestione, anche l’appena citata Dichiarazione non-finanziaria si presta bene ad essere armonizzata proprio nel Business Plan.

Perché quindi anche la Dichiarazione non-finanziaria dovrebbe transitare nel Bilancio d’esercizio? La risposta è facile. La Dichiarazione non-finanziaria è un documento che attualmente deve essere compilato ed allegato al Bilancio d’esercizio solo da imprese di grandi dimensioni. A mio parere, questa filosofia è abbastanza riduttiva, perché applicabile solo ad una percentuale ridotta di imprese italiane.

Una rendicontazione non finanziaria è necessaria anche all’ S.r.l. di medie-piccole dimensioni. Dunque la sua inclusione nel Business Plan in un ipotetico bilancio d’esercizio estenderebbe la platea di soggetti interessati. Avremmo così un ulteriore stimolo, da parte di migliaia di imprenditori/ amministratori, all’attenzione sulle tematiche sociali.

Domande come “quali investimenti chiave devo progettare?” oppure “come faccio a misurare il mio progetto imprenditoriale?” “quali rischi ed opportunità posso conseguire adottando determinate decisioni ?” non devono solo essere pensate. Occorre rendicontarle ed esporle ad un vasto pubblico. L’azienda deve comunicare e soprattutto  dialogare con il mercato, poiché essa stessa ne è parte integrante.

Le nuove capacità imprenditoriali.

Un ulteriore documento nel Bilancio d’esercizio farebbe storcere il naso ad un imprenditore/amministratore poco attento. Altri documenti e carte di lavoro, altri costi, maggiore tempo speso. Invece niente di più sbagliato.

In questi tempi, ci vogliono programmazione e controllo, studio del mercato di riferimento e dei processi produttivi, e delle loro evoluzioni. Parlo non solo della grande multinazionale. Il discorso vale anche nel negozietto ortofrutticolo sotto casa, nel piccolo artigiano fabbro-ferraio in un garage nella zona industriale, nel bar della piazza centrale del paesello.

Solo un impulso da parte del Legislatore permetterebbe la diffusione a macchia d’olio, per mezzo del Business Plan, di quei processi esaltanti la cultura d’impresa. Il Business Plan stimolerebbe la competitività e la ricerca di maggiore redditività, dando prestigio reputazionale a tutti i partecipanti dell’impresa.

Un Business Plan annuale?

Il Business Plan rispecchia le strategie adottate dall’impresa in un arco temporale principalmente a medio-lungo termine. Il concetto di lungo termine (oltre 1 anno) potrebbe stonare con le proposte delineate in queste righe e soprattutto con la cadenza annuale del Bilancio d’esercizio.

Io penso che appunto il funzionamento dei mercati e delle vicende aziendali offrano la risposta a questo apparente ossimoro. Spesso la loro dinamicità si accompagna alla complessità e soprattutto al caos ed imprevedibilità del futuro.

Un frequente ripensamento del Business Plan (sottinteso: a cadenza annuale) quindi attutirebbe quell’incertezza di fondo (di per sé ineliminabile) che accompagna in ogni fase la vita dell’azienda.

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