L’Io: prigione cristallizzata o strumento dell’anima?

L’IO. Il nostro io, sovente così brutalizzato, può ben essere una prigione cristallizzata, ma anche strumento dell’anima. Sembra un paradosso, ma in effetti, nel nostro universo, ogni cosa possiede un duplice aspetto positivo-negativo. Un detto zen afferma che “un coltello può essere usato per uccidere una persona, ma anche per tagliare del pane”. Il coltello […]

Ottobre 2019
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Il nostro io, sovente così brutalizzato, può ben essere una prigione cristallizzata, ma anche strumento dell’anima.

L’IO.

Il nostro io, sovente così brutalizzato, può ben essere una prigione cristallizzata, ma anche strumento dell’anima. Sembra un paradosso, ma in effetti, nel nostro universo, ogni cosa possiede un duplice aspetto positivo-negativo. Un detto zen afferma che “un coltello può essere usato per uccidere una persona, ma anche per tagliare del pane”. Il coltello in sé stesso è neutro e dipende dalle necessità di chi utilizza l’impiego dello stesso, che può essere nocivo o meno, a seconda degli effetti desiderati. Così è anche per il nostro io, generalmente considerato in ambiente spirituale un qualcosa di negativo. Ma riflettiamo un attimo: noi possediamo – di base tutti – un ego più o meno sviluppato, e non possiamo che basarci, per muoverci nelle vicende della vita, proprio su detto ego. L’anima, in quasi tutti gli esseri umani, fin dalla nascita si trova ad uno stato latente onirico, quindi è proprio con il nostro io che dobbiamo agire.

Ora ne risulta che non possiamo fare a meno dello stesso io, dato che è l’unico strumento cosciente che possediamo.

Che questo diventi, nel corso del dipanarsi dell’esistenza, una prigione cristallizzata o uno strumento dell’anima, dipende soltanto dal nostro orientamento interiore e dalle nostre scelte coscienti. Va da sé che la maggior parte delle persone non si pone un simile problema, dato che non ritiene importante uno sviluppo animico, incentrati come sono solo sull’acquisizione egocentrica di beni materiali. Ma coloro che possiedono un minimo risveglio dell’anima, prima o poi urtano su questa necessità: o continuare ad incrementare il proprio ego, o cercare di smantellarlo a favore dell’anima che sonnecchia più o meno desta. Ricordiamo di sfuggita la famosa fiaba della “Bella addormentata nel bosco”. La bella che dorme nel bosco irto di vegetazione dell’inconscio, è proprio l’anima che aspetta di esser risvegliata dal suo sogno secolare in cui è prigioniera del suo personale mondo onirico. Bisogna sottolineare il fatto che, il grado di cristallizzazione dell’ego determina a sua volta anche il sonno incosciente dell’anima.

Cosicché, più sviluppiamo l’io in senso egocentrico, più l’anima si addormenta, secondo delle leggi spirituali ben precise. L’attitudine più naturale per un essere umano dovrebbe essere quella di usare il proprio io come strumento per l’anima, in modo tale da raggiungere una certa armonia stabile e duratura, dato che, ogni forma di egocentrismo, seppur minima, crea sempre attriti e malintesi tra le persone.

Il movimento centripeto tipico di ogni egoismo, riporta ogni cosa verso il centro dell’essere che, come un buco nero insaziabile, non è mai pago delle cose acquisite, siano queste anche sotto forma di beni spirituali. Un movimento centrifugo invece, irradiante verso l’esterno come un sole, non chiede niente per sé stesso, ma sempre donando, automaticamente si rinnova ad ogni istante. Questo duplice movimento è alla base di ogni essere vivente che esiste nel nostro universo. E’ interessante notare come in ogni essere umano, questi movimenti siano presenti, ovviamente a diversi gradi di manifestazione. Un Gesù Cristo, ad esempio, ha ottimizzato fino ai massimi livelli la forza centrifuga, rendendola l’unica energia propulsiva della sua esistenza, tanto da donare la sua stessa vita per il bene di tutti. Altri personaggi della storia umana hanno attuato totalmente il moto contrario, incentrando tutto solo sulla loro costituzione egocentrica, creando del male concreto per tutta la società umana.

Tra questi due estremi si trovano la maggior parte degli uomini. Dobbiamo altresì tener conto di un aspetto importante della struttura egocentrica, quella che si può definire essere come il “guscio esteriore” della coscienza che ci permette di entrare in contatto con il mondo esteriore. A volte la durezza di questa pelle egocentrica, ci preserva da eccessivi dolori derivanti da qualche rapporto con i nostri simili.

La freddezza dell’ego quindi, non solo è un fattore di chiusura verso gli altri, ma proprio per questa sua caratteristica ci protegge, per così dire, da una intrusione troppo intima di ciò che è esterno a noi. L’ego quindi, non dovrebbe essere il fine della nostra vita, ma solo un mezzo con cui navigare sul mare dell’esistenza, mezzo preposto ad essere il terreno concimato da cui deve rinascere il fiore dell’anima.

Un assioma della Rosacroce classica, afferma che “ Non esiste spazio vuoto”.

Quindi, se smantelliamo il nostro stato egocentrico, il posto occupato prima dall’io, verrà colmato da qualcosa di nuovo, l’anima per l’appunto. Compito primario nella breve esistenza terrena dovrebbe essere quindi il tentativo cosciente di smantellare l’io con tutti i suoi annessi, poiché è proprio la statura egocentrica con la sua interminabile sete di esistere in tal guisa, a legarci alla ruota delle reincarnazioni, chiamata Samsara in oriente. Non a caso la liberazione da detta ruota viene definita col termine di Nirvana che propriamente vuol dire “dissoluzione, estinzione…”. Ma cosa deve estinguersi se non proprio il nostro io? ”Chi vorrà perdere la propria vita (egocentrica) troverà la vera vita”, parafrasando una nota citazione evangelica con cui terminiamo questo breve articolo nato come spunto di riflessione su temi poco trattati. Leggi anche: Le nozze alchemiche di Cristiano Rosacroce
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