Turchia: Persecuzione degli avvocati, la debacle dei diritti umani

La persecuzione degli avvocati in Turchia. Turchia: continua la persecuzione degli avvocati, una vera debacle dei diritti umani. Essere avvocato non è facile, in nessuna parte del mondo, per le ragioni più disparate. Ma vi sono Paesi in cui l’esercizio della professione di avvocato è diventata quasi impossibile. Uno di questi è la Turchia. Sono […]

Ottobre 2020
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La persecuzione degli avvocati in Turchia.

La persecuzione degli avvocati in Turchia.

Turchia: continua la persecuzione degli avvocati, una vera debacle dei diritti umani. Essere avvocato non è facile, in nessuna parte del mondo, per le ragioni più disparate. Ma vi sono Paesi in cui l’esercizio della professione di avvocato è diventata quasi impossibile. Uno di questi è la Turchia.

Sono trascorsi solo pochi giorni dalla morte dell’avvocato Ebru Timtik, avvenuta dopo 238 giorni di sciopero della fame, e il presidente Erdogan rilascia la seguente dichiarazione: “E’ l’ora di discutere se si debba introdurre previsioni come l’espulsione dalle professioni. Come i ladri non dovrebbero essere difesi da avvocati che rubano, così i terroristi non dovrebbero essere difesi da avvocati terroristi”.

Ebru Timtik e Aytaç Ünsal attendono la sentenza della Corte di Cassazione alla quale gli avvocati hanno fatto ricorso per la scarcerazione. Ma Ebru, il 28 agosto scorso muore, consumata come una candela tra mille dolori. IL SUO PESO ERA DI APPENA 30 KG.

Ebru è stata cosciente sino alla fine e sino al suo ultimo respiro ha rifiutato l’alimentazione predisposta dall’ospedale. Era debole come una foglia su un albero in autunno. Anche i suoi avvocati e i suoi parenti si erano opposti all’alimentazione forzata. Questa forma di protesta estrema definita dagli stessi protagonisti come “digiuno della morte”, in turco: Ölüm Oruçları, non è uno sciopero della fame come nella tradizione non violenta di Gandhi, ma un atto di autoimmolazione.

L’avvocato Ebru Timtik era rinchiusa da circa tre anni nel reparto di massima sicurezza del famigerato carcere di Silivri, la c.d. prigione dei giornalisti. La sua definizione il carcere la deve all’elevato numero di giornalisti che vi sono reclusi. Più fortunato è stato l’avvocato Aytaç Ünsal, perché dopo 215 giorni di sciopero della fame, la 16a Camera penale della Corte Suprema ha deciso di sospendere la misura di custodia detentiva a suo carico.

Una vittoria dei diritti umani, arrivata poche ore dopo l’assurda decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di non intervenire in difesa dell’avvocato Ünsal, che protestava da quasi un anno per ottenere un processo equo.

Il No della CEDU.

Il no dalla Cedu era arrivato nonostante i rapporti medici indicassero un progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute dell’avvocato, rischio aggravato dal suo ricovero in un ospedale Covid, in condizioni addirittura peggiori di quelle vissute in carcere.

La Contemporary Lawyers Association con un tweet ha così commentato: «Coloro che hanno preso questa decisione oggi sono gli stessi che non hanno scarcerato l’avvocato Ebru Timtik, nonostante i referti medici, e l’hanno uccisa in una stanza di isolamento senza aria».

Ora al Parlamento Turco è allo studio l’introduzione di una legge che sospenda o espella dalla professione gli avvocati che vengono accusati di terrorismo. Sappiamo bene quali sono i parametri in base ai quali la Turchia muove le accuse di terrorismo e sicuramente c’è da tremare pensando all’uso che potrà essere fatto di questa legge.

La procura di Ankara.

La Procura di Ankara, nel frattempo non ha perso tempo e il giorno 12 settembre ha emesso 55 mandati di arresto contro 48 avvocati e 7 praticanti accusandoli di terrorismo. Avrebbero agevolato appartenenti alla organizzazione Fetho, quella di Fethullah Gulen che nel luglio 2016 mise in atto un tentativo di colpo di stato.

Da lì scaturirono una serie di arresti e licenziamenti di massa. I 55 avvocati arrestati ad Ankara vanno ad aumentare le fila di quei 1480 indagati, di cui 570 sono detenuti e 441 sono stati condannati da quel fatale luglio.

Praticamente in Turchia se un avvocato difende un terrorista viene considerato  terrorista anche lui. Per la prima volta, in maniera esplicita, l’ordine di arresto è stato basato sul fatto di «avere difeso affiliati all’associazione di Gulen» e «avere cercato di manipolare i processi in favore dell’organizzazione terroristica con la scusa di avvalersi della legge».

In parole semplici gli avvocati in Turchia vengono accusati di avere svolto la loro professione. Per arrestare i 55 avvocati la procura ha mobilitato ben 1500 poliziotti. Uno spiegamento di forze davvero non necessario in quanto gli avvocati potevano facilmente essere fermati in Tribunale, dove sono stati arrestati alcuni.

Persino due avvocatesse incinte sono state portate via ammanettate dietro la schiena. Gli avvocati arrestati non hanno potuto procedere alla nomina di colleghi di loro gradimento, ma gli sono stati imposti i difensori indicati dalla procura. 

L’attacco all’avvocatura da parte del governo turco.

La ONG International Observatory of Human Rights si è unita al progetto Arrested Lawyers Initiative, firmando una dichiarazione congiunta hanno chiesto al governo turco di liberare gli avvocati arrestati. Gli avvocati arrestati sono in custodia cautelare e non è stata concessa loro alcuna visita. Ciò rappresenta una palese violazione delle norme che regolano il processo penale

La dichiarazione congiunta afferma: “È molto diffuso che in Turchia, le accuse di terrorismo siano di natura politica e che vengano utilizzate per reprimere, intimidire e silenziare ogni oppositore. Contrariamente a ciò che il governo ha riportato, chi è stato arrestato, imprigionato e condannato, è vittima di atti illeciti soltanto per le proprie visioni politiche e per le critiche mosse al governo”.

Oltre all’appello per l’immediata scarcerazione, la dichiarazione congiunta chiede al governo turco di fermare la campagna di arresti di massa di avvocati, garantire che i responsabili di arresti, detenzioni arbitrarie e illeciti vengano indagati e rispettare pienamente i Principi Fondamentali delle Nazioni Unite relativi al Ruolo dell’Avvocato.

International Observatory of Human Rights.

Valerie Peay, Direttrice dell’International Observatory of Human Rights, afferma: “IOHR ha promosso la necessità di riforme in Turchia per molti anni. Questo è un altro tentativo da parte di molti membri del governo turco di silenziare chi sceglie di difendere i diritti umani contro il governo di Erdogan”.

Quest’anno l’IOHR ha organizzato una discussione a Ginevra che è coincisa con la Revisione Periodica Universale della Turchia, meccanismo del Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani.

L’evento ha registrato il coinvolgimento di diplomatici, ministri, giornalisti turchi eminenti e attivisti, in Turchia o in esilio, che hanno condiviso la loro conoscenza del sistema turco, le loro esperienze personali e che hanno esaminato il futuro della libertà di espressione in Turchia post UPR.

La dichiarazione congiunta firmata da 22 ONG internazionali.

La dichiarazione congiunta è stata firmata da 22 ONG internazionali e associazioni legali tra cui il Barreau de Lyon (Lyon Bar Association) – Francia,  il Consiglio Nazionale Forense (Italian National Bar Council) – Italia, la Fundación Internacional de Derechos Humanos – Spagna, lo Human Rights Foundation – Stati Uniti  e The Law Society of South Africa – Sudafrica.

E il primo ottobre è entrata in vigore in Turchia anche una legge che rafforza notevolmente il controllo delle autorità sui social network. E’ evidente che è minacciata la presenza di Twitter e Facebook in Turchia nel caso di rifiuto di rimozione di contenuti ritenuti controversi. Ora più che mai un regime sanzionatorio nei confronti della Turchia sarebbe l’unica soluzione per arginare la deriva illiberale del premier turco Erdogan e del suo governo.

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