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Estremofili

Estremofili

Estremofili di Ettore Ruberti

Introduzione

Gli organismi più semplici sono Batteri. Escludiamo i Virus che, in quanto formati da un solo acido nucleico e da un rivestimento proteico, non sono in grado di autoreplicarsi e quindi sfruttano l’apparato cellulare dell’organismo ospite, anche se il loro apporto, sia pure indiretto, all’evoluzione dei viventi è tutt’altro che marginale.

La maggior parte dei Batteri è formata da una cellula molto semplice, all’interno della quale il materiale genetico (cromosoma Batterico) non è separato da una membrana dal resto della cellula come è il caso del nucleo degli Eucarioti, ossia degli organismi che hanno i cromosomi all’interno di un ver nucleo. Questa struttura è condivisa dalle Alghe azzurre, oggi riconosciute come un gruppo particolare di Batteri, capaci di fotosintesi.

Secondo le documentazioni fossili e le analisi genetiche, si ipotizza che i primi Batteri esistano da almeno quattro miliardi di anni. Fino a non molto tempo addietro gli altri organismi, Protisti, Piante, Animali e Funghi, cioè gli Eucarioti, erano considerati l’altra linea di discendenza dei viventi. Studiando alcuni estremofili, organismi capaci di vivere in ambienti inadatti alla sopravvivenza degli altri esseri viventi (luoghi troppo caldi o troppo freddi, acidi o basici, salati, ecc.), ci siamo resi conto di avere a che fare con un terzo raggruppamento di organismi, denominati Archeobatteri o Archea, con caratteristiche, come la membrana cellulare, più simili agli Eucarioti che ai Batteri.

Fig. 1 – Albero filogenetico dei viventi basato sulle sequenze ribosomiali dell’unità 16s di RNA (Carl Woese, 1990)

Si è potuti arrivare a questa strabiliante scoperta grazie al confronto, effettuato nel 1977 da Carl R. Woesee e dai suoi collaboratori dell’Università dell’Illinois, del RNA ribosomiale di molti organismi diversi. Questa scoperta è stata confermata nel 1996 da Craig Hennig, dell’Istituto per la Ricerca sul Genoma, decodificando il DNA di Methanococcus jannaschii, composto da 1638 geni; si tratta di un Archeobatterio raccolto nel 1982 da Holger Jannasch in una sorgente sulfurea nel corso di una spedizione. Poiché diversi Archeobatteri e molte specie di Batteri sono adattati a vivere in condizioni estreme, alcuni addirittura in ambiente riducente (assenza di ossigeno), si ipotizza che questi organismi siano fra i più antichi e che si siano separati molto presto da un antenato comune. 

Origine degli Eucarioti

Le ultime scoperte, basate su riscontri genetici, hanno dimostrato che le prime cellule eucariote si sono formate quando un Archeo ha inglobato un Batterio e, invece di metabolizzarlo, è entrato in simbiosi con esso. La documentazione fossile indica che questo evento è avvenuto intorno ad un miliardo e quattrocento milioni di anni fa, almeno a quel tempo risalgono i fossili più antichi di organismi planctonici unicellulari Eucarioti. 

Le cellule degli Eucarioti possiedono molti tipi di organelli specializzati, come i cloroplasti ed i mitocondri. Le ricerche hanno portato alla conferma dell’ipotesi di Lynn Margulis secondo cui questi organelli si sono sviluppati da Batteri indipendenti, entrati in simbiosi nella cellula, fenomeno che viene definito endosimbiosi. 

Fig. 2 – Sorgente sulfurea dove è stato scoperto Methanococcus jannaschii

La formazione di organismi pluricellulari si è verificata quando alcune specie di Eucarioti unicellulari hanno cominciato a vivere in simbiosi, cosa che alcuni Batteri erano già in grado di fare.

Del resto è noto da anni che cellule isolate di alcuni animali più semplici, come i Poriferi (spugne) e i Polipi (idra), possono aggregarsi e formare nuovamente un animale completo 

Fig. 3 – Methanococcus jannaschii

Scoperte più recenti, e sicuramente sorprendenti, hanno dimostrato che lo sviluppo di ogni organismo eucariote avviene in sinergia con Batteri. Anche l’aggregazione delle cellule di alcuni organismi primitivi a volte viene stimolata o coadiuvata da alcuni Batteri. In effetti, quando le prime cellule eucariote si sono evolute, hanno dovuto necessariamente venire a contatto o, meglio, interagire con i Batteri, già presenti in ogni ambiente da miliardi di anni. L’interazione fra Batteri ed Eucarioti avviene spesso con reciproco vantaggio, e senza i primi molti organismi più complessi non possono svilupparsi compiutamente o sono privi di meccanismi di difesa e di normale funzionamento.

Questo è stato dimostrato da numerosi studi. Addirittura, quando un embrione si sviluppa, si sviluppano insieme con esso molti Batteri, in stretta interazione. Studi recenti hanno dimostrato che, eliminando tutti i Batteri da un organismo, questi è estremamente indifeso dalle minacce interne ed esterne e in molti casi il suo stesso metabolismo è compromesso e inadeguato. Se eliminiamo dal nostro intestino i Batteri, in particolare Bacteroides fragilis, come ha dimostrato Sarkis K. Mazmanian, la produzione di cellule T helper viene compromessa. Questo studio, effettuato su topi da laboratorio, costituisce la prima prova sperimentale dell’importanza, anzi della necessità, dei Batteri nell’organismo.

Va aggiunto che anche lo sviluppo dello stomaco ed addirittura l’intero sviluppo di molti animali, non procedono normalmente in assenza dei Batteri. In estrema sintesi, come ha dichiarato Walt Whitman “Sono vasto, contengo moltitudini”. In modo ironico, viene in mente una frase riportata nei Vangeli: “Mi chiamo Legione, perché siamo in tanti”. 

Estremofili

Come più sopra delineato, molti Batteri ed Archea vivono in ambienti che sino a tempi recenti erano considerati inadatti alla vita. Questo non deve però meravigliarci poiché le condizioni geologiche della Terra sono mutare nel corso delle ere e, sia l’atmosfera che gli oceani nonché le condizioni fisico/chimiche hanno subito stravolgimenti notevoli, in parte causati dagli organismi stessi.

L’atmosfera del nostro pianeta era un tempo priva di ossigeno, infatti sono stati i Batteri fotosintetici, comprese quelle definite un tempo Cianoficee ma anch’esse Batteri, a “ossigenare” l’atmosfera. Questo giustifica anche il fatto che alcuni Batteri ed Archea resistono senza problemi alle radiazioni ultraviolette. Infatti, le radiazioni ultraviolette, letali per la maggioranza degli organismi, sono bloccate dallo strato di ozono che altri non è se non lo stato allotropico (triatomico) dell’ossigeno che si viene formato e distrutto continuamente proprio dagli ultravioletti.

Grazie ad esplorazioni effettuate per mezzo di strumentazioni in grado di operare in ambienti ostili, quando non letali, ed allo sviluppo della genetica, abbiamo potuto scoprire Batteri ed Archea che vivono fino a tre chilometri di profondità nella crosta terrestre, specie che resistono a temperature fino a 130 °C, ma vi sono biologi che ipotizzano possano esisterne anche a 150 °C, ma vi sono specie che capaci di sopravvivere a temperature prossime alla temperatura minima che si incistano e riescono a sopravvivere per migliaia o forse milioni di anni, specie che vivono nel cloruro di sodio (il comune sale da cucina, componente anche dell’acqua marina) ad oltre 40 chilometri di altezza in atmosfera, in ambienti acidi o basici. Sono stati trovati Batteri che resistono a livelli radioattività quattromila volte superiori di quella massima sopportata dalla maggior parte dei viventi.

Fig. 4 – Ralstonia detesculanense. Batterio resistente alle radiazioni oggetto di tesi di laurea presentata nel 2011 presso l’Università La Sapienza da Laura Quartieri di cui l’Autore è Correlatore

Molti Batteri, ma nessun’Archea sono parassiti o provocano malattie debilitanti o mortali e sono causa di alcune delle peggiori epidemie della storia, come peste, colera, ecc. Questo vale anche per Batteri che attaccano Piante e Funghi. Un esempio recente è rappresentato dalla Xilella fastidiosa che, diffusasi in Salento, ha provocato la morte di molti Olivi. Poiché si trasmette trasportato da un Dittero ma anche dal vento, era stata ordinata la distruzione degli Olivi attaccati, ma l’opposizione di alcuni olivicoltori, grazie all’improvvido intervento della magistratura, ha consentito il diffondersi del disastro. Ancora una volta va sottolineato che le ordinanze diramate dagli organi preposti dovrebbero essere soppesate dai Magistrati con particolare attenzione. Cosa questa che vale anche nei confronti delle istanze degli ambientalisti contro le decisioni prese da parte degli specialisti.

Non dimentichiamo poi che questi organismi presentano un tasso riproduttivo estremamente elevato e praticano correntemente il trasferimento genetico orizzontale, ossia sono capaci di scambiarsi parti del loro DNA e di inserirlo anche negli organismi eucarioti. Presentando un tasso di mutazione elevato, sono adattabili alle mutate condizioni ambientali: oltre a sviluppare resistenza a tossine, veleni e antibiotici, si sono sviluppate specie in grado di degradare plastica, petrolio, molecole di sintesi e sequestrare metalli pesanti e/o radioattivi. Questo ci ha permesso di sviluppare molti Batteri ingegnerizzati per produrre farmaci ed altri prodotti utili.

Leggi anche: Che cos’è l’epigenetica

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Ettore Ruberti

Naturalista, giornalista scientifico. Professore di Biologia, Chimica, Fisica e Geografia fisica presso il Liceo Scientifico e Linguistico “Maroni” di Varese dal 1983 al 1989. Giornalista free lance, dal 1977, con collaborazioni con le seguenti testate: La Prealpina, Il Giorno, La Stampa, Inquinamento, Il Medico e il paziente, Oasis, Geodes, Migratori Alati, Le Scienze, Petrolieri d’Italia, Ambiente, ecc. Redattore da luglio 1988 a febbraio 1990 presso la rivista Acqua & Aria. Attualmente scrive, per conto dell’ENEA e come attività intellettuale su 21mo Secolo, MuseoEnergia, L’Eco dei Laghi, ecc. Collaborazioni con Enti ed Istituti di ricerca nel campo zoologico, in particolare inserito nel Gruppo di Lavoro Uccelli Migratori dell’Organizzazione Ricerche Ornitologiche dell’RGF dal 1978 al 2010, in cui curava anche l’informatizzazione e l’elaborazione statistica dei dati validati dall’INFS di Bologna e dall’IWT di Slimbridge. Partecipazione gratuita e svolta fuori dall’orario di lavoro, dal 2011, con la Fondazione Gianfranco Realini per la valorizzazione del territorio che si occupa di Zone Umide (paludi, canneti rivieraschi, torbiere, ecc.), in relazione alla possibile partecipazione (in collaborazione con due gruppi di lavoro dell’ENEA Casaccia) ad un progetto LIFE. Collaborazione con l’Università di Pavia, in seguito ad una richiesta ufficiale di quest’ultima all’ENEA, volta alla classificazione di Aracnidi ed Insetti. Collaborazione portata a termine. Collaborazioni con vari Editori per opere editoriali nei campi suddetti e per la referizzazioni di studi e ricerche. I campi in cui ha acquisito le maggiori competenze sono: Entomologia, Aracnologia, Erpetologia, Evoluzionismo, Gestione delle Risorse naturali, Fotografia e Cinematografia Scientifica, Microscopia (sia ottica che elettronica), oltre naturalmente all’elaborazione e gestione dell’informazione, sia a livello divulgativo che scientifico Dipendente dell’ENEA dal 9 aprile 1990, Assunto per concorso per assunzione in prova, con qualifica di giornalista scientifico (7° livello) (Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – n. 103 del 30 dicembre 1988) approvata dal presidente dell’ENEA con delibera n. 24/89/G del 21/12/89, cui si richiedevano almeno otto anni di esperienza nei settori giornalistico scientifico e didattico (provati con ampia documentazione), con graduatoria 95/100. Assunzione divenuta a tempo indeterminato dopo sei mesi (sempre al 7° livello). Inserito nella Divisione Relazioni Esterne, sede di Milano, si è occupato di diffusione dell’informazione, con interventi anche in ambito scolastico ed universitario, organizzazione di Convegni, Conferenze, ecc., spesso ha anche coadiuvato il personale della sede, in particolare Dr. Sani, Dr. Gavagnin, Prof. Bordonali, Sig. Griffini, Dr. Valenza, Prof. De Murtas. Ha pubblicato vari articoli sulla problematica relativa agli OGM sulla rivista “AgriCulture”, aprile 2003, su Migratori alati nel 2001, 2002, 2003, 2004, su La Padania nel 2005, 21mo Secolo. Dal 1991 segue le problematiche relative allo sviluppo dell’Idrogeno come vettore energetico, per conto della Divisione Tecnologie Energetiche Avanzate, che rappresenta ufficialmente al Forum Italiano dell’Idrogeno, inserito nel Consiglio Direttivo e all’AIDIC dove, dal 1993 al 1997, era stato costituito un gruppo di lavoro “CO2: riduzione, contenimento della produzione e riuso” che ha cessato la sua attività nel 1997. Nel contesto di questo incarico ha organizzato vari Convegni e tenuto Conferenze in Italia e all’estero, ha inoltre pubblicato vari articoli su riviste Scientifico-divulgative, tra cui: un articolo interno su “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American) del settembre 2000: “Idrogeno: energia per il futuro” N° 385, settembre 2000, pag. 90/98; un articolo concernente il sistema idrogeno sul numero monografico del 1996 dell’Organo ufficiale degli Ingegneri della Svizzera italiana, pubblicato come Atti di un Convegno sull’argomento; un numero, quasi monografico, di “Petrolieri d’Italia”, 2001; alcuni articoli su 21mo Secolo dal 1994 al 2006; ha inoltre effettuato vari interventi su televisioni italiane e svizzere; .ha partecipato, nel l’ambito del Forum, in qualità di Docente al Corso sulla sicurezza del sistema idrogeno, tenutosi nel 2002 presso l’Istituto Superiore Antincendio dei Vigili del Fuoco, sotto l’egida del Ministero degli Interni. E’ coautore del libro bianco sull’idrogeno “Linee guida per la definizione di un piano strategico per lo sviluppo del vettore energetico idrogeno”, scritto dai membri del Forum. Ha presentato, primo in Italia, un lavoro concernente l’utilizzo di nanotubi di carbonio per l’accumulo ed il trasporto dell’idrogeno (sotto forma di poster), al SolarExpo di Verona nel dicembre 2000. Nell’ambito degli incarichi portati a termine, ha seguito, per conto del Professor Umberto Colombo, gli sviluppi delle ricerche sulla Fusione Fredda, campo in cui ha anche pubblicato alcuni articoli, ed è in corso di stampa un libro che ha scritto sull’argomento. Lavorando in questo ambito, ha acquisito una significativa conoscenza della meccanica quantistica e dei fenomeni nucleari ed elettromagnetici nella materia condensata. Per questo motivo, nel 2004 è stato eletto Membro dell’International Society For Condensed Matter Nuclear Science. E’ Autore di diverse pubblicazioni concernenti la produzione energetica per mezzo della fissione dell’atomo ed i relativi problemi legati alla sicurezza ed all’impatto ambientale. Dal giugno 1996 al giugno 2010 Ricercatore nella Divisione GEM (1996-2001) e BIOTEC (2001-2010) inserito nel Board di Direzione, anche se ha continuato a dedicare una parte del tempo (valutabile al 20% del totale) all’idrogeno. In questo ambito ha lavorato in sinergia con il Professor De Murtas, con il quale collaborava anche precedentemente. Ha pubblicato, sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione, n° 6/1997, una monografia sull’Evoluzione Biologica, campo in cui è uno specialista. Ha sviluppato una nuova ipotesi sul ruolo svolto da un debole campo elettromagnetico in argille di origine magmatiche (le montmorilloniti) nella formazione delle prime macromolecole biologiche, ipotesi che sta sottoponendo a verifica sperimentale. In particolare, la parte sperimentale sarà sviluppata presso il laboratorio del Dr. Francesco Celani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati. Sta sviluppando un sistema per la riconnessione di tessuto nervoso reciso, attualmente sui Molluschi Gasteropodi Polmonati (Limax ruber), ma con l’obiettivo di applicarlo ai Vertebrati e, quindi, all’Uomo (si tenga presente che non vi è nessuna differenza rilevante fra il tessuto nervoso dei Molluschi e quello dei Vertebrati). Ha sviluppato, in collaborazione con il Prof. Brera (Rettore dell’Università Ambrosiana), un Progetto di ricerca (Progetto Against Malaria) volto all’interruzione del ciclo del Plasmodio che causa la malaria nel ciclo biologico delle Zanzare del genere Anopheles. Progetto per cui ha proposto all’ENEA una collaborazione. Insieme con il Professor De Murtas, nel 1977, ha scritto un libro sulla Biodiversità. Attualmente è impegnato ad una revisione della classificazione animale, ai livelli superiori, in relazione ai principi della Nuova Sintesi, con gli apporti derivati dalla biochimica (non cladista, di cui rifiuta la teoria, i metodi e le finalità); sta realizzando un atlante di Anatomia degli Insetti, per cui ha elaborato una nuova tecnica di lavoro. Relatore, nel 2011, di una Tesi di Laurea concernente l’utilizzo del Batterio Ralstonia detesculanense per il sequestro dei metalli pesanti. Tesi presentata presso l’Università La Sapienza di Roma da Laura Quartieri che si è laureata con un punteggio di 107/110. Tale tesi è stata in seguito oggetto di pubblicazione su una rivista della Elsevier. Dal ’97 Professore a contratto di Biologia generale e molecolare all’Università Ambrosiana. Dal 25 settembre 2012 con qualifica accademica di Licentia Docenti ad Honorem per merito di chiara fama nella disciplina. Associato alla Società Italiana di Scienze Naturali, alla Società Entomologica Italiana, alla Società Herpetologica Italica, alla Società Italiana di Fisica ed alla Società Italiana di Biologia Evoluzionistica di cui è Socio fondatore. In passato associato all’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica e all’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani.

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