L’IDROGENO: l’energia del futuro

IDROGENO (Parte N° 1) di Giuseppe Quartieri, CACR, AMIS, Parlamento Mediterraneo: introduzione. In quest’ultimo anno, molte parti economiche, industriali e politiche propongono l’idrogeno come l’energia del futuro, in particolare lo fa l’ENI per voce del suo Top Manager De Scalzi, riconfermato dal Presidente Giorgia Meloni. L’entusiasmo riguarda la possibilità di applicazione dell’idrogeno al posto del […]

Maggio 2023
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IDROGENO (Parte N° 1) di Giuseppe Quartieri, CACR, AMIS, Parlamento Mediterraneo: introduzione.

In quest’ultimo anno, molte parti economiche, industriali e politiche propongono l’idrogeno come l’energia del futuro, in particolare lo fa l’ENI per voce del suo Top Manager De Scalzi, riconfermato dal Presidente Giorgia Meloni. L’entusiasmo riguarda la possibilità di applicazione dell’idrogeno al posto del metano come minimo in termini di vettore energetico.

I piani e i programmi dell’ENI mostrati in Internet sono chiari, elementari, esemplificativi e, in buona parte, del tutto convincenti, quasi dello stesso livello del progetto di installazione di produzione di bio-metano in Kenya (Africa) concepito e realizzato dal grande Enrico Mattei.

Diviene quindi spontaneo affrontare l’analisi di questa nuova posizione energetica verticalizzata. L’idrogeno H è il primo elemento della Tabella periodica degli elementi di Mendeleev ed è l’elemento piè leggero di tutti gli elementi naturali.

É l’elemento più abbondante dell’universo, formando fino al 75% della materia in base alla massa e più del 90% in base al numero di atomi.

I sui parametri chimici sono:

  • Simbolo: H;
  • Massa atomica: 1,00784 u;
  • Numero atomico: 1;
  • Elettroni per orbita (shell): 1;
  • Raggio atomico: 53 pm;
  • Punto di fusione: -259,2 °C;
  • Elettronegatività: 2,2.

È sempre stato impiegato dai chimici e, in genere, dai ricercatori per la “costruzione” della maggior parte dei componenti artificiali necessari all’uomo e, recentemente si vuole impiegare per la cogenerazione, per la sostenibilità e l’efficienza nella transizione energetica.

I piani presentati dall’ENI in Internet includono solo l’applicazione delle energie cosiddette rinnovabili quali solare, eolico, biomassa, geotermia e idroelettrica al fine di sostituire l’energia da petrolio, carbone e gas per il fabbisogno energetico nazionale con le suddette energie rinnovabili.

L’ENI punta all’applicazione dell’idrogeno in senso lato anche se la transizione energetica dovrebbe concludersi entro i prossimi 50 anni.

Frattanto, l’energia fossile continuerà ad assolvere, almeno in parte, al suo antico compito in modo meraviglioso ma – almeno secondo alcuni – sempre inquinando entro il limiti accettati e previsti dall’Europa ossia entro il 10% dell’inquinamento globale mondiale.

In questo panorama “enifilo” (filo-eni) della transizione energetica ed ecologica non è previsto un sostanzioso contributo dell’energia nucleare da fissione anche con un bassissimo contributo di centrali nucleari mini e/o micro dell’ordine di 500MWe ognuna.

Sembra pure che non sia previsto un impiego sostanzioso del rilancio del “agri-sistema” ossia della soluzione agricola, per definizione la più verde di tutte. 

L’ENI punta direttamente a superare l’energia nucleare da fissione con quella da fusione termonucleare.

Di fatto, alcune aziende americane (ad es. Helion con Microsoft ecc.) e cinesi sostengono che sono vicine ad ottenere guadagno controllato di energia da parte dei loro reattori a fusione sia a confinamento magnetico che inerziale.

La maggior parte dei fisici nucleari amici e colleghi che conosco è del mio stesso avviso e sostiene invece che il controllo della reazione termonucleare assieme con un relativo guadagno energetico è ancora molto lontano dall’essere eseguita.

La previsione temporale media per il raggiungimento è di almeno altri cinquanta anni mentre alcuni si spingono fino alla fine di questo secolo. In generale, questo folto gruppo di fisici e ricercatori include anche l’ex Ministro Cingolani, attualmente nominato Presidente responsabile della “Leonardo” nonostante i suoi pregressi sinistrorsi.

In altre parole, si supponga di accettare questa tempistica della transizione energetica, ossia che sono sufficienti solo 50 anni per il passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche ad alta impronta carbonica a fonti energetiche a basse emissioni.

Ne consegue che la transizione dovrebbe condurre anche verso economie migliori per tutti gli strati della popolazione. Purtroppo sorgono molti dubbi in materia. Di fatto, bisogna sperare che la tecnocrazia scientifica riesca a controllare e gestire i reattori a fusione termonucleare solo e soltanto nel futuro di questo lungo termine cinquantennale.

Pur tuttavia, molte Aziende ed Enti di ricerca sulla fusione nucleare sostengono che riusciranno a vincere la gara in meno di 10 anni!

Ragionamento simile è valido per la generazione di “idrogeno” in generale qualunque ne sia il colore. L’idrogeno rimane un “vettore energetico” e non è un “combustibile” che produce calore: questa è la situazione almeno per ora.

Purtroppo, la speranza che vuole credere nel passaggio e nella transizione anche tramite i migliori, provati e sicuri reattori nucleari a fissione anche mini e micro, rimane di nuovo delusa dall’enorme tifo e supporto popolare all’impiego dell’idrogeno. 

In quanto combustibile, l’idrogeno è tutto da provare e rimane volatile e facilmente infiammabile. Non è facile considerarlo ed accettarlo come la forma di soluzione migliore per la transizione ecologica ed energetica. Forse questa posizione è una sorta di riserva o di una chiusura mentale di tipo dogmatico e poco efficiente ma la paura dell’idrogeno facilmente infiammabile rimane sempre attiva nello spirito umano.

In quest’ultimo periodo, in Europa la Germania ha chiuso gli ultimi tre reattori nucleari classici senza dare alcuna spiegazione razionale e/o convincente ritornando all’impiego delle centrali a gas e a petrolio.

Ogni popolo europeo è libero di fare la sua politica energetica indipendente entro le direttive europee che, ormai da anni, includono l’impiego di reattori nucleari a fissione come dimostrano Finlandia, Svezia, Polonia ed altri rimanendo in attesa della realizzazione della fusione nucleare controllata. 

La base del periodo di transizione è dell’ordine di almeno 50 anni. Lo spirito semplice e positivo considera questo periodo essenziale per la sopravvivenza umana di questo secolo e si autoconvince che è possibile risolvere il problema facilmente con ogni tipo di fonte di energia prima di tutto “rinnovabile” classica mentre i popoli del nord Europa si rivolgono in modo prioritario alla fonte nucleare e alla rivoluzione agricola-fotosintetica.

Quasi contemporaneamente al grande inizio operativo della grande centrale nucleare a fissione della Finlandia, la Polonia ha ordinato un numero consistente di Centrali Nucleari moderne (IV generazione) alla Westinghouse. Questa posizione politico-economico-energetica della Polonia è l’indice più appariscente del grande salto di qualità e sviluppo di questo Paese che sta diventando una grande potenza a livello Europeo.

Tuttavia, i ripensamenti sono all’ordine del giorno anche e solo per introdurre i nuovi e moderni reattori nucleari da fissione di tipo mini e micro!

Così, la Germania ha ricominciato a produrre energia da carbone, da petrolio e da gas e punta tutto alle cosiddette energie rinnovabili di tipo solare ed eolico!

Come accennato, ogni Paese Europeo ha il diritto di fare le sue scelte: non problem! Ma nessun Paese europeo può e deve essere influenzato da un solo altro Paese (sia pure esso la Germania!). Le regole della democrazia impongono queste scelte elementari. Poi, come ha detto a suo tempo il Ministro Cingolani, l’opzione delle centrali nucleari in Europa era ed è entrata nella cosiddetta tassonomia verde, ossia in quella lista di fonti energetiche che può godere dei finanziamenti del “Green Deal” europeo per la costruzione di un’economia e una società più sostenibili.

Questo tipo di definizione include il concetto di “sostenibilità” che non ha nessun senso “fisico ed energetico” ma è solo una sorta di aggettivo politico, psicologico e forse antropologico senza alcun significato scientifico: una sorta di fioritura crociana dell’energetica moderna!

D’alta parte, oramai, la parola “sostenibilità” è entrata nel lessico comune in maniera forte tale da dare l’impressione di esprimere qualche concetto concreto, reale e fondamentale; una sorta di forma di “forza di sostentamento” che riesce a mantenere una situazione. Quando uno pensa alla “sostenibilità” gli viene subito alla mente “Sansone” e la non sostenibilità delle colonne del tempio a “sostenere” la forza di Sansone.

Tornando alla pozione energetica europea, la piattaforma della Commissione Europea prevede il 40% di energia costituita solo da fonti rinnovabili entro il 2030. Invece, negli USA e in tanti altri Paesi, anche Europei, l’energia nucleare è “green” o almeno industrialmente “green”.

Sembra, invece, che “ob torto collo” in Europa, l’Energia Nucleare sia stata ormai inserita nella “tassonomia verde” ossia nel ”green”.

Nel 2022, la direttiva europea ha proposto in modo forte l’uso dell’energia nucleare che ha acquisito nuovo slancio in tutta l’Europa. Nell’ambito del problema dei media, le analisi dei fisici nucleari nel mondo hanno rivisto i problemi creati da Chernobyl e da Fukushima, mentre i veri problemi adesso provengono dalla guerra in Ucraina vicino alla più grande centrale nucleare europea: la Zaporizhzhia NPP.

Per ora la centrale non è stata centrata da qualche missile ma potrebbe sempre accadere con la semplice conseguenza di grandi emissioni di radioattività.

L’applicazione energetica.

Per alcune branche dell’energetica, l’Idrogeno è diventato fondamentale per la transizione ed è caratterizzato da alcune prestazioni tecniche principali minime definite dalle sue proprietà intrinseche ossia da essere:

  1. “Green”, cioè prodotto da “energie rinnovabili ma solo solare e eolico” poiché l’ idroelettrico è bloccato – in Italia – dagli ambientalisti (e ultimamente anche in crisi per la siccità) mentre l’agri-sistema viene completamente ignorato;
  2. Ottenuto senza emissioni di gas-serra affinché sia indispensabile per decarbonizzare i cosiddetti settori hard-to-abate (“difficili da abbattere”, in termini di carbonio): prima di tutto i settori dell’industria e dei trasporti;
  3. Tale da non avere – al momento – alternative su larga scala per sostituire il petrolio nella mobilità e nei trasporti.

Queste proprietà caratteristiche possono essere di grande aiuto per affrontare e risolvere il grande problema della spinta verso l’alto della domanda dei “4 pilastri delle società moderne”: cemento, acciaio, plastica, ammoniaca.

Ma, in quest’ultimo periodo, va aggiunto un quinto pilastro: le terre rare con le loro importanti applicazioni.

Frattanto, questo panorama si sta evolvendo in concorrenza con il potente sviluppo economico dei paesi emergenti, con Cina e India in testa. Anche in Italia, i cinque pilastri costituiscono i cosiddetti settori “hard-to-abate” che, in buona sostanza, rappresentano i quattro quinti di tutti i consumi energetici con l’aggiunta della componente delle terre rare.

Appare, quindi, naturale porsi la domanda sulla quantità d’idrogeno necessario per coprire il fabbisogno nazionale ossia i suddetti consumi energetici totali. Se lo scopo è di alimentare completamente con idrogeno “green” prodotto per via elettrolitica, occorrono al minimo 1500 TWh elettrici all’anno.

Questo valore corrisponde a 60 volte l’attuale produzione di energia elettrica da fotovoltaico italiano che è dell’ordine di 25 TWh/anno e che richiede la copertura con pannelli solari di una superficie dell’ordine di 15.000 km2 (chilometri quadrati) ossia quasi come la Pianura Padana.

A questo valore di copertura superficiale va aggiunto almeno la superficie coperta per la produzione di energia elettrica.

Se, invece, per lo stesso scopo, si volesse usare energia eolica, che ha una densità di potenza venti volte minore rispetto alla fotovoltaica, allora occorrerebbero campi eolici per 300.000 km2: tutta l’Italia coperta di torri eoliche!

Quindi, l’opzione più realistica di produzione di energia elettrica, a medio-lungo termine, appare quella anche termica solare-eolica fortemente supportata dall’energia di origine nucleare rispetto alla produzione di massa dell’idrogeno che appare il fine principale dell’energetica moderna basata sui nuovi processi di produzione di “idrogeno verde”, di “idrogeno grigio”, di “idrogeno azzurro” e via di seguito.

In Europa e nel Mondo, i Paesi avanzati scientificamente e tecnologicamente oltre ai Paesi di un livello tecnologico e industriale anche superiore all’Italia, ma succubi di pregiudizi ideologici, si stanno muovendo su linee energetiche molto più promettenti. Si guardi alla Polonia che sta diventando una potenza economica, tecnologica nonché scientifica e che ha ordinato un notevole numero di centrali nucleari di quarta generazione avanzata alla Westinghouse.

Alla stessa stregua in Corea del Sud, la Hyundai Engineering e la SK E&C intendono sviluppare un processo per produrre idrogeno mediante elettrolisi ad alta temperatura basata su celle ad ossido solido (SOEC).

Evidentemente, eolico e fotovoltaico, che producono solo energia elettrica e di pessima qualità (discontinua, intermittente e non programmabile) non possono alimentare queste celle ad ossido solido. 

La fig. N° 2 riporta che, nel 2020, sulla Terra, almeno 83% dell’energia prodotta era ancora di origine fossile (carbone, petrolio e gas) mentre solo il 17% è prodotto da sorgenti rinnovabili (solare, vento, idraulico, nucleare ecc.). Come noto, queste percentuali stanno variando velocemente. 

Ad esempio, per quanto riguarda il nucleare, i “Top Manager” delle suddette Industrie proponenti, si sono rivolti ai costruttori di micro-reattori nucleari ad alta temperatura, che possono fornire sia elettricità che calore (ad es. la americana USNC col suo Micro-Modular Reactor (MMR) ecc.), come descritto nel relativo file (N. 1) riportato nella Sitologia di riferimento). 

Prima di continuare, va ricordato il contro-commento sistemico: affidare, almeno in parte sostanziale, la rivoluzione energetica all’agricoltura e sistema agricolo riprogettato daccapo. Comunque, questo aspetto può e deve essere trattato a parte in modo più approfondito possibile.

Lo scenario energetico previso fino al 2050, elaborato dalla IEA ed includente anche la fonte nucleare, è riportato nella figura 3. Si tratta di proiezioni energetiche elaborate dalla IEA nel 2021 ad alto livello di confidenza.  

Si notano grandi incrementi di produzione di energie rinnovabili nei prossimi decenni ma anche un certo sviluppo dell’energia nucleare da fissione. Non sembra che la fusione termonucleare sia inclusa poiché non è ancora una realtà produttiva provata ed affidabile. 

Lo scenario globale, europeo ed italiano, è illustrato nella seguente Fig. N° 4 (Bartalucci) elaborata dalla autorità mondiale in materia energetica IEA (International Energy Agency).

Nel suo “landmark report” (Rapporto bandiera) “Net Zero by 2050: a road map for the global energy sector” sono mostrate le varie tappe per l’abbattimento del biossido di carbonio nei vari settori. Secondo Bartalucci lo schema lascia perplessi per non dire sgomenti, per quanto appare irragionevole. Si consiglia di analizzarlo con cura.

Tra le tante cure prese in considerazione sovrasta l’impiego di auto elettriche che dal valore attuale del 5% dovrebbe passare al 60% entro il 2030. Un altro obiettivo ambizioso è l’aumento del parco eolico e solare fino ad ottenere 1020 GW in più all’anno con la crescita di potenza installata solare da 120 a 600 GW annuali e per l’eolico da 110 a 420 GW annuali.

Per l’idrogeno, gli obiettivi posti dalla IEA, come si rileva dalla Fig. N° 4, sono fissati a raggiungere entro i 2030 una produzione di 130 Mt di idrogeno a bassa intensità di carbonio e una capacità elettrolitica di 850 GW mentre entro il 2045, la produzione  deve arrivare a 435 Mt di idrogeno a bassa intensità di carbonio e 3000 GW di capacità elettrolitica.

In altre parole, dopo l’enorme incremento di produzione di energia solare ed eolica, la via dell’idrogeno appare molto interessante per le possibili applicazioni oltre al notevole lavoro di ricerca di base che è necessario eseguire.

Nel PNRR (piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sono previsti finanziamenti consistenti (missione M2C2) per l’energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile.

Alla ricerca e produzione di idrogeno sono finanziati 3,19 su 23,78 miliardi di euro. La Commissione Europea (CE) ha definito la strategia dell’incremento di idrogeno nell’energy mix europeo con incremento annuale dl 2% fino al 13-14% nel 2050. Questa scelta si propone come obiettivo anche il raggiungimento della “Carbon Neutrality” a meta di questo secolo.

L’idrogeno ha, chiaramente, un enorme applicazione anche nel campo dei trasporti centrando l’ottimizzazione della incidenza delle fonti di energia rinnovabile (FER) e, in generale, fornendo un meccanismo di trasferimento energetico conveniente. Infatti, le società energetiche dell’idrogeno, possono miscelare idrogeno o metano sintetico nella rete del gas standard per il tramite di impianti di alimentazione a gas utilizzando (come chiaramente detto dall’ENI) le tubazioni attuali. In questa maniera il passaggio dal gas metano all’idrogeno dovrebbe avvenire in modo invisibile per i consumatori.

In generale, i segmenti e strati di decarbonizzazione tramite idrogeno includono, secondo la strategia europea:

  1. Bilancio e generazione di potenza, con la integrazione delle energie rinnovabili in una sorta di nuovo settore energetico, generando potenza da risorse rinnovabili.
  2. Sostituzione dei motori a combustione con motori ad idrogeno soprattutto i bus, i camion e grandi veicoli con molti passeggeri.
  3. Sostituzione di navi e barche con motori diesel oppure con trazione a petrolio (olio) con motori a idrogeno e unità a celle-combustibile. 
  4. Riscaldamento e alimentazione di palazzi e costruzioni edili, con la decarbonizzazione della griglia di gas naturale.
  5. Miglioramento o ottimizzazione ad idrogeno degli impianti a gas naturale.
  6. Energia industriale: sostituzione del gas naturale con idrogeno per i processi di riscaldamento (ad alta, media e bassa intensità calorica).
  7. Materie prime industriali: passaggio da altoforno a acciaio DRI.
  8. Materie prime industriali: sostituzione del gas naturale in ambito materie prime in combinazione con CCU (processi chimici esistenti, processi di raffinazione, processi metalli attuali, nuovi metodi di produzione acciaio, nuovi metodi di produzione di Carbon Capture Use: CCU – metanolo). 

I colori dell’idrogeno.

In modo figurativo, a secondo della tecnologia di produzione sono stati assegnati dei “colori” alla tipologia di idrogeno risultante: 

  • Idrogeno “nero” (cracking del petrolio e gassificazione del carbone, con costo conveniente di solo 0,5-1,7 USD/Kg), ma ecologicamente insostenibile poiché emette biossido di carbonio.
  • Idrogeno “grigio”: stem forming da metano.
  • Idrogeno “verde” prodotto dalla elettrolisi dell’acqua (costo da 3 a 8 USD per Kg).
  • Idrogeno “rosa” prodotto da centrali nucleari (apparentemente conveniente rispetto all’idrogeno verde, si usa l’alta temperatura prodotta da NPP ma non utilizzata per la generazione di elettricità).
  • Idrogeno “blu” (stem reforming del metano con cattura di CO2) al costo di 1,5-2,8 USD/Kg. 
  • Idrogeno “turchese”, tramite pirolisi ad alta temperatura con produzione di “nerofumo” ma non di CO2; con costi non noti e con grande necessità di ricerca applicata.

In base a queste semplici definizioni, si impone spontanea la domanda: la tecnologia dell’idrogeno è già pronta oppure no?

Secondo la IEA, è già pronta rispetto agli obiettivi del 2030, ma non per gli obiettivi del 2050. In realtà, la tecnologia dell’idrogeno è ancora in fase di sviluppo applicativo di fine ricerca di base ossia di “Technology Readiness Level TL=2-3. 

Questo aspetto richiede una analisi più approfondita nel prossimo articolo.

PROGRAMMAZIONE EMERGENZA.

La problematica tecnologica dell’idrogeno va in ogni caso inquadrata anche nell’ambito della posizione e presentazione dei lavori e degli scopi della Risposta alla Emergenza energetica attuale così come quella sofferta negli ultimi anni a causa della pandemia da Covid-19 oppure da guerre limitate.

Un altro esempio semplice ma calzante può essere la eventuale perdita di radioattività di una Centrale Nucleare sottoposta a bombardamenti come sta accadendo alla Centrale Nucleare Ucraina di Zaporizhzhia.

L’analisi preliminare di una potenziale “emergenza” impone la necessità di pianificare attività di sicurezza per la vita dell’Umanità. L’immagine sintetica di dette attività proposte dalla IAEA è riportata nella prossima Fig. N° 5 che è auto-esplicativa. 

In questa visione il “Piano Energetico italiano” deve, o almeno dovrebbe, essere incluso tutto o almeno in parte nel PNRR e quindi nel PNIEP, a patto che affrontato con una visione più ampia, ragionevole e priva di semplici ed elementari dogmatismi non propriamente religiosi ma purtroppo quasi scientifici.

In altre parole, l’Italia ha bisogno di un programma energetico realistico, esteso ad una prospettiva di molti decenni, ed aperto a tutte le opzioni tecnologiche. Secondo l’approccio per sistemi e la visione globale del problema energetico potrebbe risultare, anzi risulta arrischiato per l’Italia avviare iniziative quali le numerose “Hydrogen Valleys” che sono incentrate solo sulla produzione di “idrogeno verde” a partire da elettricità da fonte eolica o fotovoltaica.

Sembra che il Governo Meloni abbia iniziato a finanziare queste “valli di idrogeno” dimenticandosi di altre sorgenti ugualmente valide, sicure, pulite. Recentemente, il nuovo Governo con il presidente Meloni che ha nominato i nuovi responsabili delle Società ed Enti energetici italiani, lasciando giustamente, come Presidente dell’ENI il Dott. De Scalzi, strenuo sostenitore dell’idrogeno al punto da volerlo fare diventare una vera e propria sorgente di energia e non farlo rimanere per quello che è, ossia un “vettore di energia”.

Per l’ENI promuovere l’uso di idrogeno low-carbon nel processo di decarbonizzazione può dare un contributo fondamentale alla riduzione delle emissioni e al percorso verso la neutralità carbonica UE al 2050.

Le tecnologie per la produzione d’idrogeno sono complementari e non concorrenti con altre forme di tecnologie. Quindi, quest’approccio tecnologicamente neutrale dovrebbe favorire la decarbonizzazione e l’economica circolare.

La vecchia tradizione storica di “Mattei” viene così rispettata anche tenendo presente che le alternative di produzione di idrogeno – come visto – sono tante ma alcune sono certamente da preferire rispetto alle altre. Ad esempio, la produzione di idrogeno rosa da energia nucleare esiste, consiste e persiste in tanti altri Paesi della Terra. 

Come appare giusto che sia, l’entusiasmo di De Scalzi si estrinseca in due linee futuribili:

  1. Le energie rinnovabili (FER) non programmabili, intermittenti e accumulabili con batterie elettriche e quindi rinascita delle miniere per la estrazione di terre rare.
  2. La fusione termonucleare controllata con il finanziamento di alcune grandi aziende americane. 

In altre parole si tratta di due specchietti per allodole che permettono intanto ad “ENI Oil&Gas” di vendere giustamente i suoi prodotti da fonte fossile a tutta manetta, ed è parte della politica di immagine verde – green- pulita che ENI si è data da diversi anni.

Energia da fusione.

Poiché repetita juvant, si sottolinea che l’energia nucleare da fissione, che è invece una reale e seria alternativa al fossile, viene sottaciuta e nascosta da ENI-De Scalzi.

Purtroppo appare, almeno a prima vista, che questo dottore in fisica non ha letto la storia di un certo Enrico Mattei, fondatore di ENI che, insieme al gas Italiano, aveva creduto ed investito nel nucleare Italiano (insieme a Felice Ippolito), vedi C.N. Latina e AGIP nucleare.

Tuttavia, bisogna sempre avere presente l’approccio “per sistema” che non prevede di escludere qualsiasi fonte di energia entro il limiti della sua naturale necessità di impiego a cominciare dalla produzione di energia da fonte agri-sistema. 

Dal punto di vista tecnocratico, va sottolineato che il concetto di “piano energetico” è il concetto o sequenza di attività, compiti ed azioni equivalenti al programma temporale con tempi prefissati di realizzazione come si dice in Europa. In Italia, qualcuno chiama il piano (energetico) con la dizione “crono-programma” per includere nel concetto di programma la tempistica di realizzazione delle azioni, attività e compiti. 

CONCLUSIONI.

Rivolgendo la richiesta direttamente alla Presidente Giorgia Meloni, si vuole rifare presente che si ha l’impressione che non sia stata ben consigliata riguardo dei programmi e piani energetici; o almeno non è stata consigliata in modo ottimale.

La transizione energetica (ed ecologica) s’impone alla vita italiana con priorità assoluta, e per la prima volta nella storia, si può leggere una chiara posizione da parte dell’Ente ENI, primo in assoluto per la produzione di energia italiana in campo fossile.

La situazione della produzione di energia da “idrogeno” è in stato di “Technology Readiness Level TL=2-3”, prodotto da sorgenti elettriche normali ed eventualmente nucleari da fissione ma soprattutto da impianti nucleari da fusione in futuro.

Non si può non mettere in risalto la lunga inerzia delle infrastrutture energetiche italiane ma anche europee, sia per i lunghi tempi dell’iter decisionale che per le necessità di sviluppo intrinseco di nuove tecnologie.

Ingenti quantità di denaro sono state spese in ricerca e sviluppo di tecnologie “low carbon” e regolamentazioni climatiche (carbon tax, carbon farming ecc.), ma i risultati finali sono stati molto scarsi. Come sempre accade: Business is business!

Tuttavia, forse è il caso di dire che “hydrogen and solar business is business that dont let you see any other business”!

Altri aspetti e approfondimenti sull’idrogeno sono rinviati alla seconda parte.

RIFERIMENTI.

Avino P., Chavez-Betancourt E., Quartieri G., Quercia P. (2017) inganno dei fossili, Ed. Aracne.

Autori vari  (2023), Energia dall’idrogeno: a che punto siamo? Ed. 21mo Secolo. 

Bartalucci Sergio (2023), Lo scenario globale, europeo e italiano, nel libro: Energia dall’idrogeno: a che punto siamo? Ed. 21mo Secolo.

Chavez-Betancourt E., Quartieri G., Quartieri L., Quercia P. (2023), Soluzioni All’inquinamento e ai Cambiamenti Climatici, Ed IBN e AMAZON.

IEA (2022), Net Zero by 2050: a roadmap for global energy sector.

IEA (2021), Global Hydrogen Review, rev. Nov 2021.

IEA (2020), Proving the viability of under ground hydrogen storage. 

MISE (2020), Strategia Nazionale Idrogeno. Linee guida preliminari. Nov. 2020.

SITOLOGIA

Link 1

Link 2

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