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Girl and cat di Margaret Keane: il mare e la malinconia

Girl and cat racconta il dolore dei bambini.

Girl and cat racconta il dolore dei bambini.

Girl and cat è uno dei molti quadri di Margaret Keane; uno dei molti quadri in cui l’artista ha lasciato che il suo messaggio arrivasse all’osservatore attraverso gli occhi enormi di un bambino. Occhi grandissimi e bambini, questi sono stati i “marchi di fabbrica” della pittrice.

Forse perché era madre e in più di un’occasione aveva dovuto scegliere tra il bisogno di realizzarsi e quello di proteggere la figlia. Così i bambini immortalati nei suoi dipinti possono essere una sorta di sfogo, la rappresentazione delle paure e dei sensi di colpa che ogni genitore prova quando crede di non avere dato il meglio ai propri figli. O magari perché sulla tela la Keane rivedeva se stessa, la parte bambina che sopravvive negli adulti ma che di solito emerge solo negli artisti e nei folli.

Sempre di infanzia si tratta, dopotutto: che sia quella reale o quella nascosta nell’animo, Girl and cat e gli altri “occhioni” di Margaret Keane parlano della ferita. La ferita che tutti prima o poi ricevono dalla vita e che si porteranno dentro per sempre; quell’antica frattura che di tanto in tanto torna a galla sottoforma di una lacrima, di un capriccio, di un fantasma.

Si dice spesso che è bello rimanere giovani, con l’utopia che sia possibile custodire la freschezza dell’infanzia in un giardino dello spirito. Ma forse la Keane pensava che restare bambini significasse vivere sospesi in un mondo primitivo in cui l’irrazionalità è padrona, in cui ogni cosa può essere bellissima oppure terrificante a seconda di un colore intenso o di un tono di voce troppo forte.

Essere bambini vuol dire sapere tutto e non sapere niente, permettere agli incubi della notte di influenzare la giornata. Vuol dire essere senza difese e credere a ogni vibrazione avvertita nell’aria. Vuol dire piangere per un abbraccio negato e non riaversi mai più d quel piccolo dolore. Essere bambini è una ferita aperta. Margaret Keane lo sapeva.

Una mattina in spiaggia.

Girl and cat guarda al mare, in quella che pare essere una bella mattina di settembre; l’acqua è più scura in lontananza, mentre diventa trasparente appena prima di lambire la riva con un orlo di schiuma. Il mare cambia, quindi è vivo.

In primo piano una bambina dagli enormi di nocciola (nella forma e nel colore) fissa l’osservatore. Alle sue spalle una sorta di steccato di legno riempie la parte superiore e quella inferiore del dipinto, lasciando nel mezzo una “finestra” da cui si intravede il paesaggio marino. Molto cinematografico.

E dall’asse inferiore della staccionata spunta il muso di un gattino nero, anche lui provvisto di enormi occhi gialli spalancati su chi guarda. Infine, così sottile che quasi si perde sullo sfondo del cielo, un pezzo di rete tagliata pende dall’asse di sopra.

Girl and cat: lei forse è una ragazzina che abita nel paese vicino, oppure si trova lì in vacanza con la famiglia. Potrebbe anche essere un’orfanella di qualche istituto, portata al mare una volta all’anno per respirare aria più buona. Il gattino, dal canto suo, ha tutta l’aria di essere un randagio incontrato per caso.

É un quadro che fa pensare ai mesi di villeggiatura con i nonni, allo scorrere dei giorni che pian piano sbiadiscono il ricordo della vita in città. Chi ha avuto un’infanzia non sempre felice conosce bene il significato dell’espressione “luogo sicuro“, e questa mattina d’estate in spiaggia lo rappresenta: rappresenta il magone nella gola di un bambino che ha trovato il suo postoMa sa che non potrà restare là per sempre.

La ragazza, il gatto e la rete.

L’espressione della bambina di Girl and cat non è triste, ma è muta: si rivolge allo spettatore chiedendogli di capire, di riflettere, di osservare ciò che vogliono dire per lei quella spiaggia, quel gatto e quella staccionata. Come se alle spalle avesse la propria anima e domandasse a chi guarda di comprendere il segreto del paesaggio.

Lo steccato è un muro; spesso e inesorabile, separa la bimba dal mare. Eppure la rete è stata tagliata, ora c’è un’apertura in cui la piccola potrebbe intrufolarsi per correre finalmente sulla sabbia. Allora perché lei rimane immobile?

Perché la rete è stata tagliata, ma il dolore c’è ancora. E il gatto, beh lui si trova al di là dell’asse, nella parte felice del dipinto. Si arrampica sulla staccionata per raggiungere la bambina, un po’ con timidezza e un po’ con curiosità. Da un lato simboleggia l’irrazionalità della ragazzina e dell’infanzia tutta, è grazioso però è anche un punto nero sulla tinta delicata della spiaggia: qualcosa di impossibile da scrutare fino in fondo, qualcosa che la mente adulta tende a dimenticare forse per proteggersi da ciò che è nascosto là dentro.

La dualità dell’infanzia, dunque. Innocenza ma anche (e di conseguenza) mancanza di filtri. Oscenità, per certi versi. D’altro canto il micetto è nello stesso tempo l’elemento che potrebbe far voltare la bambina: potrebbe farle dimenticare i suoi pensieri e spingerla a oltrepassare una volta per tutte lo steccato. Potrebbe tenerle compagnia, potrebbe essere per lei l’amico che riempie la ferita.

Il gatto non rappresenta la bellezza dell’infanzia, poiché l’infanzia di per sé non ha bellezza: può essere felice o triste a seconda delle circostanze, ma la sola condizione di essere bambini naviga nell’incertezza più totale.

Però il gatto è qualcosa di dolce e riposante, qualcosa che la mente adulta, se è fortunata, scoprirà in sé e chiamerà “sicurezza“. Un bambino non sa di essere bambino, non sa di essere al sicuro né di essere al di sopra della durezza della vita… É l’adulto a sentire che esiste una sorta di pace nella spiaggia, e a rivedere in quella pace la condizione dorata dell’infanzia.

Così sotto entrambi gli aspetti il gatto rappresenta l’unione tra il dolore della bambina e la libertà del mare: perché è l’irrazionalità che spaventa ma che pure è parte della natura umana, e quindi va accettata; e perché è il superamento della ferita, ciò che presto o tardi permetterà alla bimba di sentirsi di nuovo intera.

Il vero elemento di speranza di Girl and cat è in definitiva proprio il gattino: una parte della ragazzina è già sulla spiaggia bianca, aggrappata al muro ormai distrutto. La bambina deve solo rendersene conto.

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Elisa Costa

Elisa è nata a Busto Arsizio il 29 maggio 1991. Si è diplomata al Liceo Classico Daniele Crespi di Busto Arsizio nel 2010, e nel 2013 si è laureata in Scienze dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Milano. Da poco più di quattro anni lavora come addetta ufficio stampa per l'agenzia letteraria Saper Scrivere Bene. Nel 2017 ha ottenuto il diploma di correttore di bozze dopo aver frequentato un corso di cdb presso la casa editrice Panesi. Nel frattempo ha cominciato a lavorare anche da freelance sia come addetta ufficio stampa (in ambito letterario e non) sia come editor per la scrittrice e giornalista Beatrice Masci. Inoltre ha tenuto per qualche tempo dei corsi online di grammatica italiana per stranieri. Nei ritagli di tempo offre lezioni private di letteratura, filosofia, storia dell'arte e altre materie umanistiche. In futuro vorrebbe aprire un'agenzia letteraria propria; nel frattempo è diventata la titolare, insieme ad altre due socie, dell'agenzia di servizi editoriali Servizi d'Autore. Sta inoltre frequentando un corso/tirocinio di editing presso la casa editrice Genesis Publishing. Come autrice ha pubblicato, dal 2011 a oggi, due raccolte di poesie ("Poesie per te", edita da Aletti, e "50 giorni con le streghe", edita da Eretica) e un breve romanzo, "Il cuore dello sposo" (Eretica Edizioni). Inoltre nel corso degli anni ha pubblicato un certo numero di poesie in antologie di autori vari, alcune edite da Aletti e una edita da Pagine. Nel 2016 il suo racconto "Pomeriggio di caccia" è stato pubblicato nell'antologia "Io scrivo per voi: parole per ricostruire", un'opera il cui ricavato è stato devoluto alle vittime del terremoto del 24 agosto 2016. Da aprile 2016 a febbraio 2017 ha lavorato come redattrice per il webmagazine Hall of Series. Nello stesso anno il suo racconto "Il dio lavoro" è arrivato tra i primi dieci finalisti del Premio Letterario Cremascolta 2016. Nel 2019 ha scritto per Vizi Editore una biografia romanzata di Tim Burton, la quale è stata pubblicata in forma di audiolibro. La sua poesia "Salvami" sarà presente nel primo numero della rivista Polyglot Poetry Magazine.

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