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Reato di sostituzione di persona: il nuovo furto di identità digitale

Parliamo di furto di identità digitale: annoverato come reato di sostituzione di persona.

Parliamo di furto di identità digitale: annoverato come reato di sostituzione di persona.

I social network sono paragonati ad una “piazza virtuale” dove tutti si conoscono e dove le informazioni immesse sono immediatamente fruibili da chiunque nel web. E’ evidente che in questo ambito si configurano diversi comportamenti illeciti che possono coinvolgere tutti gli utenti del richiamato strumento.

Alla luce di questi illeciti, la Cassazione ha regolamentato un caso divenuto ormai molto frequente su internet, rappresentato dal classico furto di identità e lo ha annoverato nel reato di sostituzione di persona, ex art. 494 c.p.

In particolare, l’imputato aveva creato un determinato profilo sul social network Badoo riproducente l’immagine della persona offesa, con una descrizione tutt’altro che lusinghiera (informazioni personali di carattere dispregiativo).

Con tale falsa identità usufruiva dei servizi del sito, consistenti essenzialmente nella possibilità di comunicare con altri iscritti, indotti in errore sulla sua identità e di condivisione di contenuti.

Senonché, la Suprema Corte ha chiarito che: 

“si configura il delitto di sostituzione di persona nella condotta di colui che crei ed utilizzi un determinato profilo su un social network riproducente l’immagine della persona offesa con una descrizione tutt’altro che lusinghiera e con tale falsa identità usufruisce dei servizi del sito, consistente essenzialmente nella possibilità di comunicazione in rete con gli altri iscritti e di condivisione di contenuti”. (Cass. Pen. sez. V, sent. N. 25774 del 16.06.2014).

Il chiarimento della Suprema Corte.

Pertanto, la stessa Corte ha precisato che l’oggetto della tutela penale è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere soggetta ad inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali.

In sostanza, si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia di un determinato destinatario. Il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica, nonché alla tutela civilistica del diritto al nome.

E’ opportuno osservare che, piuttosto di recente, il D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119 ha introdotto per la prima volta nel codice penale, la nozione di “identità digitale”, prevedendo un’aggravante per il delitto di frode informatica (art. 640 – ter), “se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti”.

La disposizione ha introdotto una importante novità andando a regolamentare il furto d’identità (intesa quest’ultima nella nuova accezione di identità digitale), colmando così una grave lacuna legislativa che negli ultimi tempi con l’avvento di internet e, in particolar modo, del web 2.0, si è avvertita in modo particolare, in quanto, come nel caso riportato, diventa davvero difficile ed anacronistico far rientrare determinate tipologie di reato, tipiche della nuova era tecnologica.

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