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Brexit: Unione Europea all’esame di maturità

Brexit: valutazione finale alle ventiquattro candeline dell’UE.

Brexit: valutazione finale alle ventiquattro candeline dell’UE.

Brexit, una parola divenuta universale, quasi uno dei tanti termini anglofoni da inserire nel nostro vocabolario. Con esso identifichiamo la volontà della Gran Bretagna, manifestata attraverso referendum, di non esser più membro dell’Unione Europea.

A tale termine vengono identificate accezioni sia negative sia positive sulla base delle credenze di supporto o meno all’esistenza dell’UE stessa.

Brexit: preme fare una puntualizzazione.

In questo contesto di affannosa informazione da parte dei media e social media di tutto il mondo, molte le testate giornalistiche, soprattutto italiane, ree di un terribile errore nell’utilizzo (improprio) del termine Europa.

Roba da far accapponare la pelle al filosofo Biagio De Giovanni. L’Europa è una filosofia, l’Unione Europa una mera istituzione.

L’Inghilterra vuole rescindere la sottoscrizione in qualità di membro dell’UE, ma non dal pensiero Europa. Quest’ultima ha rappresentato la filosofia con cui la stessa Gran Bretagna ha conquistato, colonizzato, falsamente decolonizzato e continuato a manifestarsi nel mondo.

Nell’evoluzione continua del baluardo Europa, l’Inghilterra è sempre stata ”presente”. Ergo, quasi come un appello accorato a molti giornalisti e nel chiarire senza indugi, la GB uscirà dall’Unione Europea (non dall’Europa).

Brexit è stato un esame di maturità per l’UE.

Ventiquattro anni di vita, nascita e crescita in un contesto storico ed economico tanto instabile quanto prevedibile. Si, prevedibile in quanto frutto di scelte politiche ed economiche fuori controllo.

Dal canto suo, per l’Inghilterra è sempre stata molto nota la non totale empatia verso l’istituzione UE, per ragioni da imputare al background storico, economico e alla natura morfologica di essa.

Credo fermamente nella natura “antropologica” di ciascuna nazione, in particolare quelle più longeve, e del come essa imposti per sempre l’ ”attitude” di identità politica di un paese. E’ altresì vero, che negli ultimi tempi l’UE ha notevolmente perso il senso stesso della sua esistenza.

Chi ne ha rappresentato gli Stati membri ha utilizzo l’Unione Europa come il contesto in cui affermarsi come nazione egemone e di guida (qui ritorna la tesi sull’ “antropologia delle nazioni”).

L’errore vitale per l’UE.

Divenuta un pannello di controllo per il comando economico dei Paesi europei, spogliata e violentata nella sua essenza: l’esser “Europa”. Quella filosofia vincente (a tratti distruttiva per chi l’ha subita), quel tassello embrionale che ne ha reso credibile la creazione.

Il pensiero “Europa” è stato polverizzato, dalla (in)coscienza dei Capi di Stato di turno, ed il Brexit rappresenta il più altisonante e reale dei campanelli d’allarme.

Le conseguenze del “goodbye” per l’Unione Europa saranno notevoli, ma spero scuoti l’intelligenza dei primi ministri europei nel dare priorità al ripristino di una filosofia europea, apparentemente distaccata dagli aspetti economico-bancari.

Ricreare quel minimo comune denominatore promotore di principi, diritti ed idee “comuni”, in cui i cittadini europei possano identificarsi e sentirsi nuovamente e semplicemente “Europa”. Gli Stati membri devono necessariamente comprendere che un qualsiasi tipo di unione passa dalla condivisione, non solo di danaro ma di pensieri.

Questa è l’unica via per “far rivivere l’Europa”!

Leggi anche: Brexit per gli Italiani: cosa cambia in UK?

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