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Mercato dell’arte mondiale: 30 anni dopo che direzione ha preso?

1988 - 2018: il mercato dell'arte mondiale 30 anni dopo.

1988 – 2018: il mercato dell’arte mondiale 30 anni dopo.

Nell’ultimo Decennio del Secolo passato e nel primo di questo si sono indubbiamente gettati i semi che hanno portato all’attuale configurazione in un Mercato dell’Arte mondiale sempre più governato (a prima vista in modo più efficiente) da un’oligarchia finanziaria piuttosto che culturale (indubbiamente meno strutturata da un punto di vista imprenditoriale) come succedeva in passato.

I Leo Castelli hanno passato la mano ai Larry Gagosian, così come i Simon De Pury a poli del lusso come il Mercury Group con la cessione di Phillips, operazione non dissimile a quella che ha a suo tempo postato Christie’s nelle mani di François Pinault e del suo gruppo Kering.

Con l’acquisizione del 2019 dell’ultima grande casa d’aste indipendente, Sotheby’s, da parte del tycoon Patrick Drahi si può dire che un certo cerchio si è chiuso.

Con che prospettive?

Dicevamo che apparentemente l’attuale network oligarchico di controllo del Mercato dell’Arte mondiale sembrerebbe più efficiente.

Tuttavia, non è detto che fenomenologie efficientistiche, peraltro spesso sperequate (a vantaggio dei market makers piuttosto che degli investori “normali”) e adulterate (ad esempio dalle operazioni di garanzia sul prezzo per molti top lots delle aste mondiali più importanti), comportino anche consolidamenti di lungo periodo.

E’ del tutto evidente che il Mercato dell’Arte ha raggiunto il suo apice, con domanda e offerta che stanno sempre più disallineandosi riducendo il giro di affari (meno 18% nel primo trimestre 2019 nelle aste internazionale, trend proseguito anche in questi ultimi mesi del 2019).

Senza innovazioni come ad esempio l’utilizzo strutturato della Blockchain è possibile che questo Mercato subirà ulteriori battute d’arresto, non solo nei volumi (e non solo nelle Aste ma anche nelle grandi Fiere d’Arte come Art Basel, Tefaf Maastricht e Frieze London) ma anche nei prezzi (cosa attualmente non verificatasi).

Nel frattempo, ecco una retrospettiva “col senno di poi” sui megatrends dei 3 decenni precedenti che hanno reso alcuni dei Cresi e rovinato altri.

Settore Contemporary aumentato del 1500-2000%, Postwar del 100%, Impressionist&Modern (che rappresentava i 4/5 del Mercato nel 1988) crollato di quasi il 40%, con gli Old Masters stabili.

Cambiamento geografico del Mercato con la Cina in crescita esponenziale.

Nel 1991 poche centinaia di lotti venivano trattati in asta ad Hong Kong, negli ultimi tre anni una media di 10 mila, con un fatturato che si è espanso da quasi zero a un miliardo e mezzo di Dollari.  

Nella fattispecie del Mercato cinese, ad Hong Kong si sono trattate negli ultimi dieci anni rispetto ai decenni precedenti molte più opere di Belle Arti occidentali.

Parliamo di una media quasi sempre superiore a 500 lotti dal 2008 in poi, con un massimo relativo nel 2009 di 800 lotti e un minimo relativo nel 2014, piuttosto prossimo a quello odierno. E con un prezzo medio che si è sempre più elevato, pur fra alti e bassi, in maniera iperbolica.

Mutamento nel Mercato primario e in quello secondario delle Case d’Asta.

Secondo gli aggiornatissimi database di Artnet (da cui sono tratti i grafici), in trent’anni le case d’asta con business effettivo sui vari Mercati internazionali sono salite da poche decine nel 1988 fino a oltre 600 nel 2011. Oggi (sempre considerando quelle della caratura suddetta: di locali non registrate nel database di Artnet ce ne sono dieci volte tanto) siamo poco sotto quel livello.

Passando dal Mercato secondario a quello primario, gli astisti che vendono sui vari Mercati internazionali (considerati nel database di Artnet) sono attualmente oltre sessantamila, in cospicuo calo rispetto ai quasi novantamila di sei/sette anni fa ma il crescita esponenziale rispetto alle poche decine del 1988.

Leggi anche: Art Market 2019: le nuove frontiere

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Paolo Turati

Laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino nel 1982 dopo aver conseguito il Diploma al Liceo Scientifico salesiano Valsalice di Torino, l’imprenditore ed Economista Paolo Turati, Docente a contratto e Referente del Corso di Economia degli Investimenti “Investire” presso la Scuola di Studi Superiori dell’Università Torino per gli A.A. 2016-17 e 2017-18, è dal 2019 parimenti Docente nonché Presidente del Comitato scientifico presso la Saa-School of Management dell’Università di Torino dell’Executive Master di Wealth Management. Classe 1958, sposato con due figli, già Procuratore generale di Agente di Cambio sulla Piazza di Torino, è stato per anni titolare e Amministratore apicale di Società di capitali finanziarie e operanti nella Commissione in titoli e valori. E’ autore di numerose opere saggistiche e narrative edite, diffusamente accreditate in Italia ed all’estero presso numerose Istituzioni ( fra cui il Rijsksmuseum di Amsterdam, la Biblioteca Max Planck di Monaco di Baviera, la New York Public Library, L'Università di Heidelberg, l'Accademia di Brera a Milano, Palazzo Grassi a Venezia), nonché editorialista su testate nazionali, giornalista pubblicista, conferenziere e già per anni titolare di spazi televisivi regionali in rubriche settimanali economico-finanziarie specificamente incentrate sulla tutela del Risparmio. Esperto di Art Market internazionale e Coordinatore del Dipartimento Arte, Diritto e Mercato di “Fidartis-Multi family office”, è altresì da 15 anni Membro del Consiglio Direttivo e responsabile del Settore “Economia, Finanza, Banche e Assicurazioni” di Acp-Federata nazionale Movimento Consumatori, nonché Consigliere di Amministrazione della Fondazione per l’Architettura. Appassionato pianista, nutre grande interesse per il fenomeno del Collezionismo e per la ricerca storiografica e vanta trascorsi agonistici con ranking a livello di punteggio nazionale nello Sci alpino nonché una lunga pratica agonistica nel Ciclismo su strada e nel Motociclismo fuoristrada.

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